Lavoravano in nero, morti in un pozzo antiallagamenti

NAPOLI — Antonio Annunziata e Alfonso Peluso erano due operai di 63 e 44 anni, di quelli che hanno cominciato a lavorare al nero da giovani nei cantieri e sono andati avanti per tutta la vita sempre al nero, con il mestiere acquisito giorno dopo giorno ma mai con un contratto, un’assicurazione, un contributo versato. Ieri Annunziata e Peluso sono morti.

NAPOLI — Antonio Annunziata e Alfonso Peluso erano due operai di 63 e 44 anni, di quelli che hanno cominciato a lavorare al nero da giovani nei cantieri e sono andati avanti per tutta la vita sempre al nero, con il mestiere acquisito giorno dopo giorno ma mai con un contratto, un’assicurazione, un contributo versato. Ieri Annunziata e Peluso sono morti. Soffocati da uno smottamento di terra e forse anche da esalazioni in fondo a un pozzo artesiano che stavano allargando affinché funzionasse meglio a raccogliere l’acqua della pioggia e a evitare allagamenti. Stavano lavorando a Somma Vesuviana, che è a due passi dal loro paese, Ottaviano. Entrambi sposati e padri, non avevano una vera impresa, non erano iscritti alla cassa edile né ad altri registri della categoria. Lavoravano perché sapevano farlo, e un incarico, una chiamata — da un privato o da un cantiere — arrivava sempre.
Questa volta a ingaggiarli era stata la proprietaria di una villetta in una zona di Somma Vesuviana che si chiama Pizzone Cassante. Gli acquazzoni dei giorni scorsi le avevano quasi allagato la casa e per evitare altre brutte sorprese in futuro aveva pensato che quel pozzo artesiano profondo cinque o sei metri attaccato al suo giardino poteva essere sfruttato meglio. Secondo le testimonianze raccolte dai carabinieri, che hanno ascoltato la donna e un altro operaio che lavorava con le due vittime, è stato Peluso il primo a trovarsi in difficoltà in fondo al pozzo. Aveva già cominciato a scavare e perciò era sceso piuttosto in profondità, quando è successo qualcosa che i tecnici dei vigili del fuoco stanno cercando di stabilire. Quel che appare certo è che l’operaio ha cominciato a gridare, a chiedere aiuto. Da quello che urlava si è capito che si sentiva mancare il respiro, mentre il terreno gli cadeva addosso. Annunziata è sceso per aiutarlo, si è calato con una corda, ma le pareti del pozzo ormai stavano franando, e quando il soccorritore è arrivato vicino al suo compagno di lavoro, entrambi sono stati sommersi dal terreno.
I pozzi artesiani sono stretti e questo in cui sono rimasti imprigionati i due operai andava affrontato con molta cautela per il rischio di altre frane. Il recupero dei corpi da parte dei vigili del fuoco è stato quindi lungo e problematico, ma la quantità di materiale precipitato fa pensare che gli operai siano morti nel giro di pochissimo tempo. Se solo a causa della frana o anche per eventuali esalazioni lo stabilirà l’autopsia. Resta in ogni caso difficile ritenere che a uccidere i due uomini sia stata una tragica fatalità. «Non è più sopportabile l’incuria sui temi che riguardano il controllo e la gestione degli appalti», dice il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere. E Ciro Nappo, segretario generale della Fillea Napoli: «Con la tragedia di oggi le vittime di incidenti sul lavoro in Campania arrivano a quota 117. È una strage che indica il livello di degrado e illegalità del settore edile, vittima di una crisi che stringe un cerchio letale tra condizione d’irregolarità ed esposizione al rischio».

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