Dopo il Puzzone, il Mercato

Mario Pezzella, un amico di DKm0, che insegna alla Normale di Pisa e si occupa di quella che lui definisce, con Guy Debord, “democrazia dello spettacolo”, mi scrive da Parigi, dove si trova per tenere dei corsi. “La sensazione – scrive Mario – è che qui non realizzino del tutto cosa sia già  questa crisi per noi in Italia, vivono con la testa di cinque mesi fa… Pensano ancora che il problema sia Berlusconi”.

Mario Pezzella, un amico di DKm0, che insegna alla Normale di Pisa e si occupa di quella che lui definisce, con Guy Debord, “democrazia dello spettacolo”, mi scrive da Parigi, dove si trova per tenere dei corsi. “La sensazione – scrive Mario – è che qui non realizzino del tutto cosa sia già  questa crisi per noi in Italia, vivono con la testa di cinque mesi fa… Pensano ancora che il problema sia Berlusconi”. Temo, gli ho risposto, che anche qui tutti pensino che il problema sia Berlusconi. E certo non posso negare che conto con una certa ansia, e spirito sportivo, i minuti che mancano alle dimissioni di Silvio Berlusconi. Non posso negare altresì che l’uscita di scena del Puzzone, oltre a giovare forse allo “spread” (ormai importante nella nostra vita quanto la mamma), solleverà il nostro senso estetico, ed etico, dall’abisso in cui gli ultimi vent’anni lo hanno precipitato. Estetico, perché questo tipo sboccato, imbarazzante, sfacciato tormentava la nostra convinzione che la sintassi e la buona educazione sono pilastri della vita associata (come appunto ci ha insegnato la mamma). Ed etico, perché delinquere, raggirare e imbrogliare erano, e sono, costumi così diffusi, grazie al contagio berlusconiano, da far disperare che un giorno si possa seriamente riconoscere che distruggere le regole dell’urbanistica e allo stesso tempo piangere le vittime della frana generalizzata sono due attività incompatibili tra di loro. Per non parlare delle leggi “ad personam” e di tutto ciò di cui si occupa ossessivamente Il Fatto Quotidiano. Quando Berlusconi uscirà da Palazzo Chigi festeggeremo come per una vittoria della nazionale. Anche se resta un problema non da poco, cui Pezzella allude con l’espressione “quanto siamo cambiati”. Ho letto con piacere le cose che hanno scritto Isidoro Mortellaro sul manifesto e Gad Lerner sulla Repubblica a proposito del tentato referendum greco. Se ne ricavava che siamo entrati in un’epoca nuova, quella in cui lo show della democrazia, di cui era una star Berlusconi, ha lasciato il posto a qualcos’altro. Alla dittatura dei “mercati”, per la precisione. I cambi di governo, nei paesi presi di mira dalla speculazione, come la Spagna, la Grecia o l’Italia, non vengono decisi dagli elettori o dai partiti, ma dai “mercati”. E i programmi dei nuovi governi sono già fissati, derogare si può solo nelle virgole, tanto che destre e sinistre vengono spinte a governare insieme, e in questi giorni il Pd è disposto a votare qualsiasi cosa: per “tranquillizzare i mercati” e per accelerare le dimissioni di Berlusconi. Non si tratta di una parentesi, ma di un cambio di regime.
Quel che suggerisco a me stesso è di non considerare decisivo se il centrosinistra sarà, come nelle gare di tuffi, carpiato o rovesciato, alle prossime elezioni. Ma di concentrare l’attenzione sui segnali di una democrazia fuori del mercato, come ad esempio cerca negli Stati uniti il movimento Occupy (e il prossimo “general strike” si farà a Dallas, Texas: incredibile). Magari verrà un “premier” che non ruba e non dice barzellette sconce ma che farà, di certo, proprio quel che 27 milioni di italiani hanno detto di non volere, in un referendum che, a differenza della Grecia, qui si è celebrato: quello sull’acqua.
www.democraziakmzero.org

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