Atti vegetariani

Tra i piccoli gesti quotidiani sottovalutati c’è il non mangiar carne. Bistecche e coscette di pollo in tavola alimentano infatti una serie insospettata di problemi legati ai mega allevamenti, intensivi e bradi: inquinamento, epidemie, fame nel mondo, deforestazione e sottrazione di terra ai contadini poveri, perdita biodiversità …Si diventa vegetariani, 5 milioni in Italia, soprattutto donne e giovani (rapporto Eurispes), in genere per scelta etica ed empatia verso gli animali.

Tra i piccoli gesti quotidiani sottovalutati c’è il non mangiar carne. Bistecche e coscette di pollo in tavola alimentano infatti una serie insospettata di problemi legati ai mega allevamenti, intensivi e bradi: inquinamento, epidemie, fame nel mondo, deforestazione e sottrazione di terra ai contadini poveri, perdita biodiversità …Si diventa vegetariani, 5 milioni in Italia, soprattutto donne e giovani (rapporto Eurispes), in genere per scelta etica ed empatia verso gli animali. L’idea di natura si sta modificando e include altri “compagni di strada nell’evoluzione della Terra” (Jeremy Rifkin). L’uomo non è più il re del creato e la nostra è l’epoca dei diritti degli animali. Una sensibilità cresciuta lentamente in Occidente. Sono inglesi sia la prima legge che nel 1822 puniva la crudeltà verso cavalli e pecore sia la prima società vegetariana, 1847, punto d’arrivo di un percorso iniziato in Gran Bretagna dal 1500 (Kheit Thomas, “L’uomo e la natura”). Vegetariani erano Lord Byron, Shelley che ne scrisse, Lewis Carroll e George Bernard Shaw. La riflessione contemporanea dello statunitense Tom Regan e dell’australiano Peter Singer elabora un sistema di diritti animali vivo anche nell’Italia di san Francesco grazie a Silvana Castiglione e Luisella Battaglia, docenti dell’Università di Genova. Diritti sostenuti da una ricerca d’avanguardia che documenta emozioni e intelligenza negli animali, che hanno cultura, lingue e perfino dialetti. Importanti gli studi sul campo delle primatologhe Jane Goodall, Diane Fossey e Birutè Galdikas.
Dal 1° gennaio 2012 qualche milione di galline europee potranno alzare un pochino le ali nelle gabbie ampliate per decreto Ue, dopo anni di tolleranza. Le fortunate sono le ovaiole, e non tutte. Le altre, riproduttrici, resteranno immobili nel loro spazietto. Chi non si adegua non potrà vendere le uova. La direttiva era del 1999, un piccolo passo effetto delle lotte animaliste ma un niente rispetto alle condizioni in cui vivono polli e tacchini negli allevamenti intensivi, invenzione dell’agricoltura industriale che ha rotto il rapporto equilibrato tra numero degli animali e terreno, recuperato oggi dalle aziende biodinamiche e organiche. Leggete “Se niente importa”, il saggio-diario di Jonathan Safran Foer, scritto dopo tre anni di viaggi negli Stati Uniti per indagare gli spazi dove la carne è un animale-macchina. Dopo è difficile mangiare un pollo e il tacchino del Ringraziamento appare per quello che è: una infelice specie costruita in laboratorio e gonfiata di farmaci per adattarsi alla breve vita che l’aspetta. E i mega macelli dove polli, tacchini, maiali e vitelli concludono la loro breve vita potrebbero ben figurare in un film dell’orrore. I primitivi ringraziavano l’animale ucciso, segno di rispetto sconosciuto ai moderni. Chiusa millenni fa l’era dei cacciatori, mangiare carne è diventato un obbligo in tempi recenti nonostante le controindicazioni per la salute. Gli studi che la iscrivono tra le cause ambientali di molte malattie, dal cancro alle cardiovascolari, si sono moltiplicati dagli anni Ottanta e anche gli Istituti nazionali della nutrizione ne raccomandano un consumo limitato. Per questo bastano piccoli allevamenti al pascolo in aziende biologiche e tradizionali che lavorano per la qualità del cibo e rispettano i loro animali fin dentro ai macelli.

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