Assalto all’alba sulle famiglie romane senza casa. Corteo bloccato

Diritto all’abitare/SGOMBERATO EX DEPOSITO ATAC
Un’occupazione iniziata a giugno dal movimento «Roma bene comune» per protestare contro la speculazione immobiliare

Diritto all’abitare/SGOMBERATO EX DEPOSITO ATAC
Un’occupazione iniziata a giugno dal movimento «Roma bene comune» per protestare contro la speculazione immobiliare

 ROMA. Le forze dell’ordine hanno sgomberato ieri all’alba l’ex deposito Atac nel quartiere capitolino di San Paolo, occupato a giugno da una ventina circa di nuclei familiari senza casa e dal movimento «Roma bene comune», per protestare contro la vendita ai privati del patrimonio pubblico e destinare, così, lo stabile ad un uso abitativo e sociale.

Non sono ancora le sette del mattino quando la polizia, con una decina di blindati, isola l’area circostante al deposito di via Collina Volpi, e irrompe nelle abitazioni ricavate negli ex uffici dell’azienda. Fino a ieri ci vivevano circa venti nuclei familiari. Gli uomini vengono subito separati dal resto delle famiglie e portati presso il commissariato di zona per l’identificazione e la denuncia all’autorità giudiziaria, mentre donne e bambini salgono sul tetto nel tentativo di difendere l’ex deposito, come ci raccontano gli abitanti dei palazzi circostanti che, per tutta la mattina, hanno assistito a quella che è sembrata un’operazione «da Stato di polizia».
Tra le lacrime, una donna di origini sudamericane con in braccio il figlio di 14 mesi ci racconta: «Siamo state spinte giù a forza dalle scale». Quindi, «per oltre un’ora», le occupanti hanno atteso l’arrivo dei servizi sociali del comune, controllate a vista dalla polizia. «Non ci hanno lasciato rientrare nelle nostre case nemmeno per andare in bagno», è la testimonianza di una donna marocchina. Donne e bambini nei centri di accoglienza, e uomini esclusi da ogni tipo di assistenza. Questa la soluzione prospettata dal comune di Roma e rifiutata da tutti gli occupanti, molti dei quali erano già stati ospitati temporaneamente nei centri, che verranno accolti da altre occupazioni abitative della capitale.
Intanto su viale Leonardo Da Vinci, fuori dall’area militarizzata che è rimasta inaccessibile per tutta la mattinata, continuano ad arrivare attivisti dei movimenti sociali e per il diritto all’abitare, in solidarietà con le famiglie sfrattate. Con loro i consiglieri regionale Fabio Nobile, della Federazione della sinistra, e il consigliere provinciale Gianluca Peciola, di Sel. Si uniscono al presidio di solidarietà e di protesta contro uno sgombero «che è un chiaro segnale di restrizione dell’agibilità democratica in questa città», come denunciano gli attivisti. Un’accusa dimostrata anche ieri, fanno notare i volontari di «Roma bene comune», quando è stato di nuovo applicato alla lettera il diktat di Alemanno. Il sindaco, infatti, dopo gli scontri del 15 ottobre, ha sospeso a Roma la libertà costituzionale di manifestare in città utilizzando la forma corteo. Ecco com’è andata ieri: intorno alle 11, circa cinquecento manifestanti decidono di muoversi lungo viale Leonardo Da Vinci per un «corteo di comunicazione» nel quartiere, al fine di raccontare, megafono alla mano, lo sgombero dell’ex deposito Atac avvenuto all’alba. Ma poche centinaia di metri più avanti due cordoni di agenti e alcuni blindati bloccano i manifestanti sia alla testa che alla coda del corteo, che rimane stretto in una morsa. Così non rimane che tornare al presidio di partenza dove, intorno all’una di pomeriggio, la mobilitazione si scioglie. «Alemanno continua a non dare risposte ai bisogni reali di questa città mentre pezzo per pezzo la sta svendendo ai privati», denunciano i movimenti che hanno annunciato una mobilitazione per sabato 5 novembre. «Questa mattina ci hanno impedito di fare un corteo di 600 metri, un attacco alla libertà di manifestare inaccettabile. Romperemo – annuncia un, rappresentante del coordinamento di lotta per la casa -al più presto il divieto imposto da Alemanno sui cortei».

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