Vendola: «Patto con Casarini? Diffamazione I teppisti colpiscono chi dialoga»

ROMA — Dalle primarie ai black bloc: sembrano argomenti senza nesso, ma nella narrazione vendoliana assumono uno stretto collegamento.

ROMA — Dalle primarie ai black bloc: sembrano argomenti senza nesso, ma nella narrazione vendoliana assumono uno stretto collegamento.
Dunque, Vendola, le primarie. Le volete per far fuori l’Udc?
«All’indomani della straordinaria vicenda delle primarie in Francia, e a pochi mesi dalle primarie e dalle amministrative in Italia, è assurdo che uno strumento che cambia le carte in tavola nella politica e costringe tutti quanti a un confronto con una platea vastissima di cittadini, venga presentato come un copione scritto per escludere quello o far vincere quell’altro. È una disputa a cui non voglio dare un contributo. Anzi, a maggior ragione dopo il 15 ottobre, il tema di come ritroviamo un popolo largo è molto importante perché o il dissenso e l’indignazione troveranno credibili canali di rappresentazione politica, oppure il rischio è che il cortocircuito possa essere ancora più grave di quello visto nella guerriglia romana».
Più grave: non le sembra di esagerare?
«Siamo di fronte a un fenomeno particolarmente inquietante che non va sottovalutato: non possiamo ridurlo a un fatto marginale. Si tratta della scesa in campo di un raggruppamento paramilitare che si sta organizzando in tutta Italia, che recluta negli ambienti della marginalità sociale, nelle curve degli stadi, in frammenti di antagonismo, sia di estrema sinistra che di estrema destra. Questo soggetto paramilitare si è addestrato e ha anche costruito una rete sovranazionale, ma non è stato minimamente monitorato: i nostri servizi d’intelligence hanno dimostrato un’incredibile incapacità di capire ciò che succede nelle viscere della società e di fare attività di prevenzione».
Qual è l’obiettivo di questi estremisti?
«Operano con un obiettivo chiaro, che è quello di delegittimare il movimento degli indignati, nella misura in cui quel movimento chiede risposte alla politica. Questi hanno in testa un’altra cosa che si chiama guerra, la politica è il loro nemico numero uno. Gli indignati vogliono costruire una nuova “agorà”, i black bloc vogliono distruggere la polis».
Secondo i black bloc Casarini ha fatto un accordo con lei per un posto in Parlamento.
«Questi teppisti usano anche gli strumenti della peggiore politica come la diffamazione nei confronti di chi si sottrae alla violenza. È chiaro che la diffamazione nei confronti di Casarini e degli altri, accusati di trattare posti da parlamentari con me, è un giochino di palazzo che è assolutamente speculare alla violenza di piazza. Hanno scelto due bersagli: chi nella politica cerca di tradurre le domande che sono il cuore della contestazione degli indignati in termini di alternativa governo, e chi, dentro il movimento, cerca l’aggancio con la rappresentazione politica delle domande di cambiamento».
Ma lei candida o no Casarini?
«Non si può trattare questo argomento come se Casarini fosse uno dei protagonisti della compravendita di voti in transatlantico e come se io fossi un mercante».
Gasparri vi accusa di connivenza con i black bloc.
«Ho una storia di non violento da quando ho cominciato a far politica e non penso di dover replicare a chi ha fatto la propria carriera mandando a spaccare le teste degli altri».
Il governo prepara leggi emergenziali. E Di Pietro è d’accordo.
«Noi dobbiamo sconfiggere i black bloc e quello che ruota attorno a loro, e tagliare le radici di un soggetto che può minacciare la vita democratica. Ma se rispondiamo con leggi emergenziali ai black bloc che dichiarano unilateralmente guerra finiamo per giocare la partita sul loro terreno e così facendo li legittimiamo. Quello che è accaduto il 15 è un fatto straordinario. I manifestanti applaudivano i poliziotti, poliziotti che proprio in queste ore si stanno mobilitando contro le loro condizioni di precarietà e che quindi hanno una sensibilità crescente nei confronti delle critiche al sistema politico dominante. E allora sarebbe sbagliato ricondurre gli uni e gli altri, i poliziotti e i movimenti, dentro uno schema consueto per cui devono essere giustapposti in una sorta di recinto che militarizza il conflitto. Quanto a Di Pietro credo che la sua intenzione fosse quella di tutelare il diritto a manifestare, però dico ad Antonio, e lo dico non per il gusto di attizzare una polemica, attenzione: sbagliamo a leggere questi fenomeni con gli occhi del passato e a rispondere con le scelte del passato».
Il ragazzo che ha tirato l’estintore il 15 è un teppista e Carlo Giuliani, invece, è un eroe.
«È una discussione fastidiosa, trovo disgustoso il cannibalismo della politica e dei mass media, intenti a riesumare cadaveri per poterli divorare a fini di audience o di percentuali dei sondaggi. Sulla morte di Giuliani ci sono stati investigazioni e processi: Genova ha rappresentato la pagina più oscura delle forze dell’ordine in Italia, molti episodi vanno letti dentro quel contesto».
Gli indignati scendono in piazza, ma il centrosinistra non sembra avere una grande spinta propulsiva.
«I sondaggi ci dicono che c’è una condizione di stallo: il centrosinistra è sopra di dieci punti, ma non c’è una cavalcata clamorosa dei partiti di quello schieramento verso la vittoria. Ci siamo privati della possibilità di una crescita consistente del consenso e ce ne priviamo ogni volta che la nostra politica si chiude dentro il palazzo e noi immaginiamo di costruire la grande svolta attraverso una spallata parlamentare. Più ci connettiamo con la vita reale, come è avvenuto con le primarie e i referendum, più il centrosinistra prende il volo, più ci ripieghiamo sulle alleanze del transatlantico e più il centrosinistra si impantana nella palude della politica di palazzo».

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