Ossimoro numero 1. Steve Jobs era un «rivoluzionario capitalista». E prima di tutto aveva smanettato e svalvolato nel garage di casa sua, secondo la leggenda del nerd e del rocker americano. Ispirato a detta dei suoi biografi: dai Beatles (Apple), dall’Lsd, dalla meditazione buddista. Il suo nome figurerebbe ancora bene in quella parte del Manifesto in cui un ispiratissimo Marx celebra, in un elenco che lascia senza fiato, le virtù rivoluzionarie della borghesia. Prima fra tutte «aver creato un mondo a propria immagine e somiglianza». O no?
Ossimoro numero 1. Steve Jobs era un «rivoluzionario capitalista». E prima di tutto aveva smanettato e svalvolato nel garage di casa sua, secondo la leggenda del nerd e del rocker americano. Ispirato a detta dei suoi biografi: dai Beatles (Apple), dall’Lsd, dalla meditazione buddista. Il suo nome figurerebbe ancora bene in quella parte del Manifesto in cui un ispiratissimo Marx celebra, in un elenco che lascia senza fiato, le virtù rivoluzionarie della borghesia. Prima fra tutte «aver creato un mondo a propria immagine e somiglianza». O no?
Il ricorso a Marx è necessario, di fronte a uno che ci ha cambiato la vita, e non a parole. A essere liceali fino in fondo, ma il momento lo richiede leggendo e scorrendo i tributi in Rete dedicati allo scomparso fondatore di Apple, proprio l’averci cambiato la vita dalla a alla z in poco più di quindici anni (del personal computer ai gadget derivati: ipod, ipad), non ha forse assolto l’umanità dall’ironia leopardiana sulle «magnifiche sorti e progressive»? CONTINUA|PAGINA2
Qui sul pianeta Terra abbiamo guadagnato intere dimensioni spazio-temporali, grazie al lavoro e alla creatività di Jobs. E oh yes possiamo connetterci a facebook e a youtube mentre camminiamo per strada e, se non ci facciamo vedere dai vigili, dalla macchina e dalle bici. Compulsare notizie e spedire mail mentre il pupo gioca. Finché il pupo non vuole giocare con l’ipad, e ci gioca, che sembra fatto apposta, sta pure tanto buono.
Ossimoro numero 2: Jobs era un «capitalista rivoluzionario». Una ricerca pubblicata due giorni fa la devo citare per intero nella versione uscita sui giornali: «La passione per l’iphone è come il vero amore (…) Di fronte ai prodotti Apple il cervello degli aficionados ha impulsi simili a quelli che un fedele prova di fronte alla foto del papa». Da anni siamo avvolti nella morbida macchina del mondo Apple con le sue apps, facili, troppo facili. Qui persino il gesto apparentemente più dirompente di tutti rispetto alle gerarchie e alla piramide del mercato culturale, e cioè il download selvaggio, la rete del peer-to-peer, è stato riportato nell’alveo del mercato con i-tunes. 99 cent il pezzo. È pura pedagogia capitalista questa, contro il mettere le mani in pasta, contro il gratuito spaccare le vetrine, o cos’altro è? Puoi fare tutto, cioè no. Quasi tutto.
Cinquantasette canali e niente da vedere, riassumeva Springsteen molti anni fa. E il regista Jean Luc Godard, torvo eremita senza telefono cellulare Godard, in una delle sue rare interviste uscita soltanto per caso ieri su Repubblica: «C’è una specie di inerzia sciocca dinanzi al predominio della tecnologia». Continuava, citando Dostoievskij: «Ognuno può fare in modo che non esista un Dio, ma nessuno lo fa». Dunque Jobs = lavori. «Il vecchio telefono – ha detto il regista – è come il rapporto tra un cane e un padrone uniti da un guinzaglio». Ma col telefonino «ci sono due cani e due padroni. Il cane controlla il padrone e insieme è vero il contrario».
Il problema, davanti alla morte inattesa, non è solo quello di celebrare la grandezza e il genio di uno, ma di capire se un altro mondo sarebbe stato possibile per tutti. E quale, nel caso. Ci viene in soccorso un ultimo paradosso. Ha scritto un ricercatore dell’Università di Yale, David Hassanpour, a proposito delle moderne rivoluzioni via computer, riferendosi in particolare a piazza Tahrir: «Se vengono meno improvvisamente i canali di comunicazione regolari, a distanza, la gente dovrà uscire di casa e ricorrere alle comunicazioni faccia a faccia per sapere cosa sta succedendo. E i radicali avranno più occasione di convincere gli altri».
Spegnere, Spegnere tutto. Non sarà più rivoluzionario?
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