«Resistenza civile, non violenza»

VAL DI SUSA Parla Gigi Richetto, il filosofo dei No Tav: «Tagliare le reti? Un atto simbolico»
«La nostra lotta è in difesa dell’ambiente e della democrazia. Decidiamo tutto in assemblea, e vigileremo contro atti di teppismo»

VAL DI SUSA Parla Gigi Richetto, il filosofo dei No Tav: «Tagliare le reti? Un atto simbolico»
«La nostra lotta è in difesa dell’ambiente e della democrazia. Decidiamo tutto in assemblea, e vigileremo contro atti di teppismo»

 «Non siamo né ingenui, né arroganti». Lo ripete più volte Gigi Richetto, insegnante di filosofia in pensione. Cattolico, da sempre nel movimento No Tav, quest’estate a Chiomonte ha animato il “presidio resistente filosofico” con lezioni da Kant a Giordano Bruno, passando per Marx, «perché la consapevolezza è importante ed è uno dei motivi della lunga vita del nostro movimento» .

Richetto, mancano pochi giorni alla manifestazione di domenica, che aria tira in Val di Susa?
Di determinazione e tranquillità. Il nostro stile rimane pacifico e determinato. Vogliamo spiegare al Paese che la nostra non è una lotta localistica ma a difesa dell’ambiente e della democrazia.
In molti, però, agitano gli spettri di una nuova giornata di violenza sostenendo che l’appello a tagliare le reti del cantiere della Maddalena non sia pacifico.
Quello delle reti è un falso problema. La manifestazione avrà un carattere simbolico, non conta se verrà tagliato un metro o un centimetro, l’importante è dimostrare che quello è un finto cantiere e che il tentativo di iniziare i lavori per l’alta velocità è vano. Non siamo d’accordo a sperperare soldi pubblici mentre va in scena la demolizione dello stato sociale. Il movimento non ha intenzione di fare paura a nessuno, la nostra non è una guerra ma una resistenza civile. E domenica sarà una giornata di disobbedienza civile.
Ci sarà una sorta di zona rossa di un chilometro di diametro e un migliaio di agenti a proteggere il cantiere.
Sono un po’ daltonici con i colori. Da noi non verrà alcun pericolo, siamo maturi e responsabili. Mi auguro lo siano anche le forze dell’ordine e chi li dirige. Vigileremo, inoltre, che non succedano atti di teppismo. Non abbiamo mai fatto violenze, solo subite: i presidi incendiati, la notte infame di Venaus quando la gente fu aggredita mentre dormiva nelle tende.
Il movimento che farà?
In assemblea decideremo obiettivi e modalità condivise. Sono ottimista. Tra di noi si è creato un’amicizia civile. Si parla tanto del 3 luglio, ma non dimenticate quello che è successo il 30. Non ci fu nessuna violenza e solo per merito nostro. È un movimento responsabile. Comunque, come diceva Gandhi ciascuno è soldato e generale di se stesso.
Al presidio di Chiomonte avete organizzato un ciclo di incontri sulla filosofia da Gramsci a Montesquieu, da Hegel a Simon Weil. Qual è il legame con la vostra lotta?
Filosofia è consapevolezza. Siamo determinati ma non arroganti, a differenza del potere che non ha misura. La nostra è una lotta a difesa della dignità e della natura. Non vogliamo che la nostra terra sia ridotta alla stregua delle campagne del Mugello, senza più sorgenti. Anche la manifestazione di domenica si inserisce in questo filone. La Val di Susa è una terra caparbia di vento e creatività. In senso buono, anche di follia. Erasmo da Rotterdam passò di qui e forse i germi dell’Elogio della follia sono rimasti.
Ma perché fanno così paura i no Tav?
Perché sono un movimento cosciente, non perché sono violenti, come erroneamente hanno talvolta scritto i media. Il giornalista svolge una funzione sociale importantissima dal punto di vista etico e quando dà un’informazione scorretta è come il cartografo che sbaglia la mappa. In un sistema marcio, la Val di Susa rappresenta un laboratorio di riscossa sociale e politica. Vogliono farci pagare questa testimonianza di dignità. È inammissibile che Napolitano abbia risposto alla lettera di 135 docenti e ricercatori universitari che chiedono una discussione trasparente e oggettiva sulla grande opera. O all’appello firmato da migliaia di madri valsusine. Come fa a ignorare e non interloquire con il popolo della Val di Susa? È un’omissione gravissima.
Qualcuno ha cercato dei paralleli tra i fatti di Roma e la val di Susa, tirando in ballo l’Askatasuna, che invece è parte integrante del movimento.
I paralleli sono da respingere. I ragazzi dell’Askatasuna collaborano con noi da tempo e non sono le schegge impazzite che si sono viste a Roma. Anche in quell’occasione il movimento è rimasto compatto e ha isolato i teppisti che volevano, magari sventolando le bandiere No Tav, compromettere la nostra lotta.

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