«Odiamo i volti coperti» La sfilata dei pacifisti

 ROMA — Un’esorbitante Maria Antonietta ha in testa i boccoli d’epoca e un cartello tra le mani: «Non avete più pane? Allora mangiate brioche». Da questo carro, in realtà , vengono dispensate birre, a due euro a bicchiere, e insieme le note del rap di Frankie Hi Nrg che accompagna i saltelli dei manifestanti di questo spezzone di corteo, a rivederlo dopo un’oasi davvero surreale di gioia e di pace.

 ROMA — Un’esorbitante Maria Antonietta ha in testa i boccoli d’epoca e un cartello tra le mani: «Non avete più pane? Allora mangiate brioche». Da questo carro, in realtà , vengono dispensate birre, a due euro a bicchiere, e insieme le note del rap di Frankie Hi Nrg che accompagna i saltelli dei manifestanti di questo spezzone di corteo, a rivederlo dopo un’oasi davvero surreale di gioia e di pace.
I manifestanti del teatro Valle occupato ieri si sono inventati il carro più colorato di tutta la manifestazione, e la strategia più felice per evitare scontri, provocazioni, disastri. Appresso a loro tutti i ragazzi delle università di Roma e delle scuole, ma anche tante bandiere rosse, semplici cittadini, studenti fuori sede. Saranno davvero un’oasi nel marasma della guerra urbana.

Non lo sanno ancora quando muovono i primi passi da piazza della Repubblica. Ma Elio Germano è il primo che lo immagina: «Sono davvero brutte quelle figure che sono passate adesso». Alle due e mezza del pomeriggio sono volti coperti da passamontagna e caschi neri quelli che sfilano sotto gli occhi di questo giovane e bravissimo attore, mescolato come sempre in mezzo alla folla dei suoi amici del teatro Valle occupato, un po’ nascosto sotto al cappellino con la visiera e dietro lo zainetto della As Roma: «Era inevitabile che ci fossero i violenti».

Ce ne saranno molti altri dopo poco, spranghe tra le mani, volti sempre coperti. Dall’altoparlante del carro le indicazioni arrivano chiare: devono essere lasciati passare, senza alcuna opposizione. Anche le condanne sono chiare: «Noi odiamo la violenza e chi si nasconde. Noi ci nascondiamo soltanto dietro la nostra faccia». La musica continua a scorrere, gli echi degli scontri raggiungeranno questa parte del corteo soltanto grazie ai telefoni.

Perché il carro si ferma ad ogni annuncio di scontro ed è così che i focolai di violenza rimangono sempre svariati metri più avanti rispetto a questo spezzone che non raggiungerà mai la vera meta del corteo, nel frattempo diventata un groviglio di fumo e di fiamme.

Invece di girare verso piazza San Giovanni, infatti, il carro del teatro Valle occupato devia verso il Circo Massimo e l’idea è di fermarsi lì, per una festa. Ma alla fine di via San Gregorio al Celio le notizie dei feriti sono un bollettino di guerra e la polizia esorta a proseguire, dritti verso l’Aventino. «Gli occupanti del teatro Valle vogliono costruire un percorso verso i beni comuni senza accettare alcuna provocazione», fanno sapere dal carro, mentre si decide che fare.

C’è anche Elio Germano adesso in testa a questo corteo spezzato, che tratta il percorso e scuote la testa, sconfortato: «Era inevitabile questa violenza. E io non voglio fare nemmeno troppe dietrologie di infiltrati da chissà dove. Basta la realtà dell’esasperazione che viviamo. La gente non vede l’ora di scendere in piazza. Per farsi vedere. Per farsi ascoltare. Perché oggi chi ti ascolta più? I partiti, forse? I sindacati? Le associazioni? Lasciamo stare. Io odio la violenza e tutto quello che è successo oggi mi dispiace molto».

Ha appena finito di recitare in un film sui fatti di Genova del 2001 Elio Germano: un déjà vu? «Qui non ci sono stati sacrifici umani, grazie al cielo. Ma la verità è che la situazione è molto peggiorata rispetto a dieci anni fa. L’esasperazione sociale è moltiplicata». Il corteo ha finito di percorrere viale Aventino, ha raggiunto la Piramide. Si dissolve. Elio Germano si stringe nel suo zainetto: «Domani c’è anche il derby, speriamo bene».

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