LA SFIDA

Chi avrà  più il coraggio di agitare il vessillo del conflitto generazionale, se oggi tutto andrà  come previsto? Se la seconda superpotenza mondiale farà  il suo ritorno in campo sotto le bandiere dell’indignazione? Un giorno saremo costretti a render merito a un giovane, novantatreenne, mite partigiano tedesco deportato a Buchenwald e arruolato nella Resistenza francese, per aver lanciato l’urlo decisivo che ha unito un’intera generazione in cerca della parola per affrontare la crisi dal verso giusto.

Chi avrà  più il coraggio di agitare il vessillo del conflitto generazionale, se oggi tutto andrà  come previsto? Se la seconda superpotenza mondiale farà  il suo ritorno in campo sotto le bandiere dell’indignazione? Un giorno saremo costretti a render merito a un giovane, novantatreenne, mite partigiano tedesco deportato a Buchenwald e arruolato nella Resistenza francese, per aver lanciato l’urlo decisivo che ha unito un’intera generazione in cerca della parola per affrontare la crisi dal verso giusto. L’indignez vouz di Stephane Hessel è rimbalzato da un lato all’altro del pianeta, dal Cile a Madrid, sobillando l’onda tellurica che covava fin dall’inizio della Grande Recessione globale.
Un sisma che oggi, 15 ottobre 2011, potrebbe sfociare in una giornata da ricordare: quella della prima risposta popolare globale alle politiche (dei governi e delle istituzioni sovranazionali) che scaricano i costi della crisi sui ceti medio-bassi e sulle nuove generazioni, proteggendo i principali responsabili: banche e finanza. Dieci anni dopo Genova, si aspetta il battesimo di un nuovo movimento che sogna un altro mondo possibile ma che stavolta non pensa sia così a portata di mano come si credeva allora, nonostante le alternative che basterebbe vedere e praticare.
In Europa la posta in gioco è particolarmente importante, riguarda la possibilità di invertire la rotta indicata dal duo Merkel-Sarkozy e dalla Banca centrale: l’austerity che sta azzerando diritti e stato sociale in tutto il continente. Viceversa, avanza l’idea di un’Europa sociale e includente, un orizzonte aperto, oltre le proprie frontiere.
Alle nostre latitudini, c’è un di più che si chiama Silvio Berlusconi. Ormai accerchiato e sostenuto solo da un manipolo di fedelissimi, ieri ha ottenuto l’ennesima risicata fiducia in un Paese stanco, sfiduciato. Buttarlo giù non sarà facile, e anche il dopo non sarà un pranzo di gala.

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