Il passaggio dall’indignazione contro lo stato di cose presente alla costruzione di un’alternativa verso un mondo «altro», altre relazioni, altri valori condivisi è la sfida che oggi ha di fronte chiunque negli anni e nei mesi scorsi ha intessuto reti di resistenze: ora radicate nel territorio, ora incentrate sulla difesa di conquiste costate lacrime e sangue a intere generazioni, a volte capaci di lungimiranza.
Il passaggio dall’indignazione contro lo stato di cose presente alla costruzione di un’alternativa verso un mondo «altro», altre relazioni, altri valori condivisi è la sfida che oggi ha di fronte chiunque negli anni e nei mesi scorsi ha intessuto reti di resistenze: ora radicate nel territorio, ora incentrate sulla difesa di conquiste costate lacrime e sangue a intere generazioni, a volte capaci di lungimiranza. Se si vuole superare la falsa contrapposizione tra «nostalgici» e «rottamatori» del Novecento è in avanti che bisogna guardare. Vecchi schemi e antiche ricette aiutano poco, essendo inedito il mondo da cambiare. Che ne è delle dicotomie stato-individuo, privato-pubblico, nazionale-internazionale, democrazia diretta-democrazia rappresentativa? Come si ripensa la rappresentanza oggi negata? Che ne è dello stato-nazione con la dittatura della finanza?
Viviamo una situazione del tutto nuova, se c’è chi ricerca il comunismo dentro la battaglia per i beni comuni. Se quello che pigramente chiamavamo Terzo mondo si rivolta, se il capitalismo in crisi si rivivifica in un paese «comunista» come la Cina dove pure rispunta la lotta di classe mettendo in difficoltà persino i processi avviati dal Primo mondo di delocalizzazione della produzione e dell’accumulazione. L’esperienza di Uniticontrolacrisi è nata con la rivolta degli operai di Pomigliano e ha assunto la loro parola d’ordine – la dignità – come parola d’ordine generale: studenti, precari, attivisti dei beni comuni, esperienze di lotta per l’ambiente, portatori di idee e pratiche per un diverso modello di sviluppo, socialmente e ambientalmente compatibile. Quell’esperienza ha costruito legami e rimescolato certezze, superando vecchi scontri tra chi vedeva il lavoro come unica possibilità di produzione di reddito e chi teorizzava il reddito – schematizzo – a prescindere dal lavoro. Oggi i rapporti di produzione fondati sulla precarizzazione di massa del lavoro e della vita svelano che il contratto dei meccanici è un bene comune per tutti, così come è ineludibile un reddito di cittadinanza, in una «città» in cui con il lavoro sono negati servizi e dignità su cui si fonda la cittadinanza. Il superamento dello scontro tra garantiti e non garantiti ce lo spiega Marchionne, così come il superamento dello stato-nazione ce lo racconta la Bce.
Inutile illudersi: spezzoni di analisi come questi non scardinano i fondamenti su cui si regge la guerra tra poveri scatenata per salvaguardare potere privilegi, proprietà di pochissimi. Perciò Uniticontrolacrisi tenta un passo avanti diventando Uniti per l’alternativa e lanciando un Centro studi, «Alternativa comune», luogo di confronto teorico immerso nel movimento, capace di apprendere, elaborare e sperimentare. Non si tratta di mettere a valore pluralismo e tolleranza sommando storie e culture bensì di provare a costruire un linguaggio e una cultura condivise all’altezza della situazione. Per farlo non servirebbe a molto sommare i movimenti con la presunzione di svolgere un ruolo di coordinamento tra diversi, nella tradizione degli intergruppi che ha mostrato i suoi limiti nel Novecento per implodere in questo primo scorcio di secolo. Di esempi se ne possono fare molti per capire il mutamento dello scenario globale. Il conflitto ambiente-lavoro, declinato nella produzione automobilistica, è minato dalla crisi di mercato, da quella ambientale e dalla coscienza degli operai Fiat che oggi manifestano con i ferrovieri e i lavoratori dei cantieri navali per difendere il lavoro e rivendicare una mobilità compatibile con i diritti dei lavoratori, dei cittadini, della Terra.
Alternativa comune decolla dentro un pieno di dibattito a sinistra e nel movimento sul dopo 15 ottobre. Con un suo punto di vista: la guerra uccide il conflitto sociale, toglie la parola, mina la democrazia. Due giorni fa nell’aula lauree di Scienze politiche, alla Sapienza, l’inaugurazione e la presentazione del «Manifesto» dei beni comuni di Ugo Mattei. Prossimi appuntamenti a Torino sul lavoro, con la presentazione del libro di Luciano Gallino «Finanzcapitalismo» e un convegno di due giorni a Venezia sulla Cina.
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