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Beckett contro Proust

“Io, lettore scadente sono sempre irritato dalle sue manie”.   Esce il secondo volume delle lettere del grande autore: ne anticipiamo due. Dai giudizi sui colleghi alla scelta di usare la lingua francese: per essere a disagio “Di Kafka, a parte qualche breve testo, conosco solo tre quarti del Castello. Mi ha fatto sentire bene, forse per questo non ho continuato”. “Simone de Beauvoir, lei è convinta che il frammento apparso sull’ultimo numero della vostra rivista sia un pezzo finito, ma non è così” 

“Io, lettore scadente sono sempre irritato dalle sue manie”.   Esce il secondo volume delle lettere del grande autore: ne anticipiamo due. Dai giudizi sui colleghi alla scelta di usare la lingua francese: per essere a disagio “Di Kafka, a parte qualche breve testo, conosco solo tre quarti del Castello. Mi ha fatto sentire bene, forse per questo non ho continuato”. “Simone de Beauvoir, lei è convinta che il frammento apparso sull’ultimo numero della vostra rivista sia un pezzo finito, ma non è così” 

17 Febbraio 1954
A Hans Naumann
Dal 1945 ho scritto soltanto in francese. Perché questo cambiamento? Non fu intenzionale. Fu al fine di provare, di vedere, nulla di più complicato di questo, per lo meno in apparenza… Non considero l´inglese una lingua straniera, è la mia lingua. Se c´è qualcosa che è veramente straniero per me è il gaelico. Potete mettermi nella lugubre categoria di quelli che, se dovessero agire nella piena consapevolezza di quello che stanno facendo non agirebbero mai. Il che non preclude che esistano ragioni urgenti per questo cambiamento. Io stesso sarei in grado di trovarne parecchie, ora che è troppo tardi per tornare indietro. Ma preferisco lasciarle nell´ombra. Nonostante questo le offrirò un indizio: sento il bisogno di essere male attrezzato (cioè “di essere a disagio”, n.d.r.).
Proust. Un breve saggio su di lui (30.000 parole) fu il mio primo lavoro in prosa. Era stato commissionato da Chatto & Windus per la loro serie di Dolphin Books. Mi concentrai nel seguire le fasi differenti della sua esperienza fondamentale dalla madeleine inzuppata nella tisana fino all´acciottolato nel cortile della grande casa dei Guermantes. Da allora l´ho scarsamente riguardato. Mi impressiona e mi irrita. Ho difficoltà a tollerare la sua mania, fra le altre, di voler ricondurre tutto a delle leggi. Credo di non essere un buon giudice rispetto a lui.
Kafka. Tutto quello che ho letto di suo, a parte alcuni brevi testi, è circa tre quarti del Castello, e per di più in tedesco, il che significa: perdendone molto. Mi sono sentito a mio agio, probabilmente troppo, forse è stato questo che mi ha frenato dal continuare a leggerlo. Una situazione che ho chiuso così. Non ricordo ora quel che Nadeau disse a questo riguardo. Rammento che mi sentii infastidito dall´atteggiamento imperturbabile del suo approccio. In generale, sono diffidente dei disastri che si lasciano come un saldo depositi.
Non sto tentando di dar l´impressione d´essere refrattario alle influenze. Constato semplicemente d´essere stato sempre un lettore scadente, incurabilmente distratto, alla ricerca di qualcosa d´altro. E credo di poter dire, senza spirito di paradosso, che le esperienze di lettura che mi hanno maggiormente influenzato sono quelle che più m´hanno spinto in altre direzioni.
Non conosco i lavori né di Picard né di Parain. Fra i libri che ho esplorato per Joyce ci fu Beitraege zu einer Kritik der Sprache di Fritz Mauthner che mi fece una considerevole impressione. Ho desiderato spesso rileggerlo. Ma sembra impossibile riuscire a trovarlo. Infine, riguardo l´Irlanda, mi è assolutamente impossibile parlare con moderazione. Detesto quel romanticismo e non ho bisogno di bere alla fonte magica per sopportare di viverne al di fuori.
Temo che questa lettera non le sarà di grande utilità. In ogni caso le chiedo di trattarla come confidenziale, in altre parole di non citarne parti. Se ha altre domande da fare, domande per le quali ci siano precise risposte, sono a sua disposizione. Ma per quanto riguarda chi io sia, da dove venga e cosa faccia, tutto questo va al di là di me.
Cordiali saluti

25 Settembre 1946
A Simone de Beauvoir
Ho sufficiente fiducia in lei, infine, per esprimerle con semplicità i miei sentimenti. Eccoli. Lei m´ha accordato la parola per ritirarmela prima che le parole abbiano avuto il tempo di significare alcunché. Lei immobilizza un´esistenza sulla soglia della sua soluzione. C´è qualcosa da incubo in ciò. Trovo difficile credere che i problemi della presentazione possano giustificare, agli occhi dell´autore de L´Invitée (il primo romanzo della de Beauvoir, n.d.r.), una tale mutilazione. Il suo punto di vista è che il frammento apparso nel vostro ultimo numero sia un pezzo finito. Non è il mio punto di vista. Lo vedo soltanto come una maggior premessa.
Non si offenda per questa franchezza. È senza rancore. È semplicemente una disgrazia che esiste e che va difesa sino alla fine. Nel proprio lavoro e al di fuori di questo. Con sincera stima

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