Il gruppo separatista chiede a Madrid e Parigi «dialogo diretto»
Il gruppo separatista chiede a Madrid e Parigi «dialogo diretto»
MADRID — L’Eta ha deposto le armi in modo «chiaro, fermo e definitivo». Tre incappucciati, con alle spalle tutti i simboli della banda indipendentista, hanno annunciato ieri la decisione con un video inviato al sito www.gara.net. Quando, 43 anni fa, i loro nonni cominciarono a sparare nel nome di Euskadi Ta Askatasuna (Paesi Baschi e libertà) la Spagna era sotto il tallone del generalissimo Franco, i comunicati si ciclostilavano e le rivendicazioni si facevano da una cabina telefonica a gettone. Oggi, e gli speculatori anti euro dovrebbero tenerlo a mente, la Spagna è una delle democrazie dell’Unione Europea dove le regole della rappresentanza e del diritto (come, per il momento, della solidarietà) valgono per tutti: grandi Paesi e piccole nazioni. Il momento per rivendicare rispetto culturale e autonomismo fiscale senza spargere sangue è decisamente propizio. Basta un video che in un attimo è visibile a tutti.
Il linguaggio dei tre col cappuccio bianco e il baschetto nero è solenne, come ovvio che sia in un’occasione del genere: «Euskadi Ta Askatasuna, organizzazione socialista rivoluzionaria basca di liberazione nazionale comunica…». «Stiamo vivendo un’opportunità storica per una soluzione giusta e democratica al secolare conflitto politico. Dialogo invece di violenza e repressione».
Il comunicato adotta le ambiguità lessicali della Conferenza di pace non ufficiale svolta lunedì alla presenza di due premi Nobel e svariate Ong pacifiste. Agli occhi degli scettici, l’addio alle armi di ieri ha le stesse pecche di quella conferenza. Gli etarra parlano, ad esempio, di «riconoscimento dei Paesi Baschi» e «rispetto per la volontà popolare» che, tradotto, significa la richiesta di un referendum di autodeterminazione. Un boccone indigesto per Madrid alle prese anche con il crescente indipendentismo catalano.
Nel video messaggio, poi, non c’è ombra di pentimento né di scuse alle vittime. Anzi. Si plaude alla «lotta durata lunghi anni» che «ha creato questa opportunità» e ai «molti compagni che se ne sono andati per sempre e agli altri che soffrono ancora la prigione o l’esilio. A loro va il nostro più sincero omaggio». Sale sulle ferite delle famiglie delle oltre 2.000 vittime (di cui 800 morti) così come per i settori politici meno inclini a voltare pagina.
«Eta ha deciso — prosegue uno degli incappucciati — di cessare definitivamente la sua attività armata. E chiede a Francia e Spagna un processo di dialogo diretto che abbia per obiettivo la risoluzione delle conseguenze del conflitto e così il superamento del confronto armato». Non ufficialmente una resa, quindi, ma l’adesione al progetto di inclusione politica del premier socialista Zapatero. A lui, oltre che alle polizie di Francia e Spagna che hanno destrutturato militarmente la banda, va il merito per questo annuncio comunque storico. Ora spetta alla Spagna, che uscirà dal voto del 20 novembre, capitalizzare il risultato. I sondaggi danno vincenti i Popolari di Mariano Rajoy e quest’annuncio non dovrebbe spostare troppi voti. Il futuro leader però è in imbarazzo a cavalcare una vittoria non sua che, per di più, non piace al suo partito. A caldo, Rajoy ha parlato di «gran notizia», ma il suo margine d’azione dipende dalla ripresa economica: se ci sarà i baschi avranno l’autonomia fiscale che vogliono e la pace reggerà. Se non ci sarà e le tasse basche serviranno a Madrid, l’Eta troverà nuove ragioni per riprendere le armi.
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