Difesa e Trasporti dovranno pagare ai parenti delle vittime cento milioni di euro. Sono stati riconosciuti colpevoli di non aver “garantito la sicurezza del volo” e “di occultamento della verità ”
Difesa e Trasporti dovranno pagare ai parenti delle vittime cento milioni di euro. Sono stati riconosciuti colpevoli di non aver “garantito la sicurezza del volo” e “di occultamento della verità ”
PALERMO – È ancora uno dei misteri d´Italia, nonostante trent´anni di indagini e processi. Da ieri, la strage di Ustica è ufficialmente anche un mistero di Stato: la sentenza di un giudice del tribunale civile di Palermo, Paolo Proto Pisani, chiama in causa i ministeri dei Trasporti e della Difesa, e li condanna a pagare un maxi risarcimento da 100 milioni di euro a 81 parenti di una quarantina di passeggeri che persero la vita sull´aereo Itavia, la sera del 27 giugno 1980.
Tre anni è durato l´ultimo processo chiesto dai familiari delle vittime: il ministero dei Trasporti veniva citato per «non aver saputo garantire la sicurezza del volo»; il ministero della Difesa, per «l´occultamento della verità e i depistaggi». Il giudice ha accolto in pieno le richieste, riconoscendo «danni morali e psichici notevolissimi»: nella parte finale della sentenza si parla esplicitamente di «ostacoli frapposti all´accertamento delle cause del disastro e alla punizione dei colpevoli», che devono «essere posti a carico del ministero della Difesa».
Dicono gli avvocati dei familiari, in un comunicato: «Questa sentenza rende giustizia per la ultra trentennale tortura che i parenti hanno dovuto subire ogni giorno della loro vita, anche a causa dei numerosi e comprovati depistaggi di alcuni soggetti deviati dello Stato».
Non sono bastate dunque le assoluzioni dei generali dell´Aeronautica nel processo celebrato a Roma fra il 2000 e il 2005 ad evitare il maxi risarcimento. Anche perché sono rimaste assoluzioni costellate da dubbi e da troppi episodi andati prescritti. Adesso, nella sentenza civile, tornano anche i nomi di una cinquantina di militari che il giudice istruttore Rosario Priore aveva messo sott´inchiesta con l´accusa di aver nascosto o distrutto documenti utili all´indagine. Per tutti, pagherà il ministero della Difesa. Già tre anni fa, il tribunale di Palermo aveva adottato una decisione analoga, dopo l´istanza di una quindicina di familiari delle vittime di Ustica. Allora il risarcimento era stato quantificato in un milione e 390 mila euro.
«Da Palermo potrebbe ripartire la ricerca della verità – dice l´avvocato Daniele Osnato, che crede alla tesi del missile, probabilmente di nazionalità francese – nella sentenza si parla esplicitamente del famigerato “Punto Condor”, un tratto dell´aerovia militare usata dai francesi, la “Delta Wisky”, che incrocia proprio sopra il cielo di Ustica l´aerovia civile “Ambra 13”. La pericolosità di quel punto era stata più volte segnalata da piloti dei mezzi di linea». Gli altri avvocati – da Alfredo Galasso a Massimiliano Pace, Giuseppe Incandela, Gianfranco Paris, Fabrizio e Vanessa Fallica – auspicano che adesso novità importanti possano arrivare anche dall´apertura degli archivi dei servizi segreti libici: «In concomitanza con la caduta del regime di Gheddafi – dicono – dovrebbe essere concesso all´Italia un accesso diretto a quei documenti, senza alcuna manomissione».
La sentenza di Palermo non è invece piaciuta al sottosegretario alla presidenza del consiglio Carlo Giovanardi: «È in totale contrasto con la sentenza della Cassazione e con altre sentenze del tribunale civile di Roma». Giovanardi insiste: «È ormai accertato, sulla base della documentazione acquisita presso la Nato, che nessun altro aereo era in volo in prossimità del DC9 mentre una commissione di periti internazionali ha concluso all´unanimità per l´esplosione di una bomba in una toilette di bordo». Gli risponde l´associazione dei familiari delle vittime: «La verità ha trovato una conferma nelle parole dell´ex presidente Cossiga. Il governo solleciti piuttosto le risposte alle rogatorie avanzate a Stati Uniti e Francia». Proprio dopo le parole di Cossiga, che ha parlato di un missile francese in quella drammatica sera del 1980, i magistrati della Procura di Roma sono tornati ad aprire un nuovo fascicolo d´indagine. Ma senza le risposte alle loro rogatorie, l´inchiesta è destinata ad arenarsi.
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