Rivolta al Cie, brucia Lampedusa

IMMIGRATI Un incendio distrugge la struttura. Il sindaco: «Scene da guerra»

IMMIGRATI Un incendio distrugge la struttura. Il sindaco: «Scene da guerra»

 Le prime fiamme cominciano a levarsi dal centro di Contrada Imbriacola quando sono da poco passate le cinque e mezza del pomeriggio. Grosse lingue di fuoco che si alzano verso il cielo insieme a dense nuvole di fumo nero. Al resto pensa il Maestrale, che porta la coltre nera fin nelle strade del paese rendendo l’aria irrespirabile e scatenando il panico tra gli abitanti. Lampedusa brucia. Trasformata dal governo in un deposito di esseri umani, ieri l’isola ha vissuto momenti di tensione altissima dopo che un incendio, probabilmente di origine dolosa, si è sviluppato all’interno del Cps, il centro di primo soccorso dove vengono ospitati gli immigrati che sbarcano sull’isola. Un gesto di protesta messo in atto dagli oltre 1300 immigrati, in gran parte tunisini, che da tempo chiedono di essere trasferiti fuori dall’isola siciliana ma soprattutto di non essere rimpatriati. Le fiamme, il fumo denso che toglie il respiro e il conseguente corteo degli immigrati che, fuggiti dal centro si sono diretti verso il paese, hanno provocato la reazione di una parte della popolazione. «Questo è uno scenario di guerra – dice il sindaco Bernardino De Rubeis – C’è una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli e difendersi da sola, perché chi doveva tutelarla non l’ha fatto». Un duro attacco non solo verso gli immigrati, ma anche contro il governo. In serata, quando sull’isola la situazione è ormai tornata alla calma, gli immigrati quasi tutti rintracciati dalle forze dell’ordine (all’appello ne mancherebbero 400) e Save the children torna a chiedere il trasferimento dei più di cento minori immigrati presenti sull’isola, un secco comunicato del Viminale avverte: «I rimpatri continueranno come deciso».

La rivolta era nell’aria. Da settimane gli immigrati presenti nel Cps chiedevano di poter lasciare l’isola. La maggior parte di loro non vuole neanche restare nel nostro paese ma proseguire verso il nord Europa, in Francia, in Germania, dove sono attesi da famiglie e amici. Di certo nessuno di loro vuole tornare in Tunisia, il paese che si sono lasciati alle spalle nella speranza di un futuro migliore. Che la situazione stesse diventando incandescente lo aveva denunciato lo stesso De Rubeis. «Avevamo avvertito tutti su quello che poteva succedere ed è accaduto», ripete ieri il sindaco.
L’incendio devasta quasi completamente il centro. Pesantemente danneggiate sono le cucine, ma complessivamente tutti e tre gli edifici che compongono la struttura a sera sono inagibili. L’intervento dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine ha fatto sì che non ci fossero vittime, anche se alla fine si contano decine di intossicati tra immigrati, personale del centro e delle forze dell’ordine. Trasportati al poliambulatorio dell’isola, nessuno di loro risulterà essere in gravi condizioni.
Ma il rischio che il tutto potesse trasformarsi in una tragedia è stato forte. Quando le fiamme alimentate dal Meastrale hanno cominciato ad allargarsi pericolosamente, i cancelli del centro sono stati aperti e gli immigrati sono fuggiti. A centinaia hanno cominciato a dirigersi verso il centro del paese chiedendo di poter lasciare l’isola e di di non essere costretti a tornare in Tunisia. Preceduti nella loro marcia dal fumo che ha reso in breve irrespirabile l’aria. Ed è in questo momento che tra immigrati e popolazione si è quasi sfiorato lo scontro. Alcuni lampedusani si sono diretti verso gli immigrati gridando contro di loro e chiedendo conto alla polizia di quanto stava accadendo. Fortunatamente ci si è limitati alle parole, per quanto violente. «Mi dispiace per quanto è successo – prova a spiegare un ragazzo tunisino – mi dispiace che i miei amici abbiano fatto questo, ma è il solo modo che abbiamo per farci sentire».
Più tardi un gruppo di un centinaio di immigrati viene individuato e circondato dalla polizia al vecchio porto, mentre il grosso dei fuggitivi viene scortato all’interno dello stadio comunale a Cala Salina. Altri 400 di loro, invece, fino a ieri sera non erano stati rintracciati. «Quello che è accaduto è tragico e vergognoso», attacca il sindaco. «Si è determinato quello che avevamo previsto, inascoltati dal governo nazionale, con 1.500 immigrati che si sentono braccati e che si sono dimostrati gente di malaffare. Lampedusa li ha accolti e loro hanno commesso un danno gravissimo al territorio. Adesso tocca al governo: porti qui le navi militari affinché sgomberino in 24 ore l’isola».
Ieri sera un aereo militare ha rimpatriato i primi cento tunisini, ma quanto accaduto a Lampedusa ha ripercussioni anche a Roma: «Una conferma dell’incapacità del governo», dice il Pd che chiede al ministro degli Interni Roberto Maroni di riferire al parlamento.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password