Pdl: via il 25 aprile Festeggiamo il 18 è il giorno della Dc

Protesta dell’Anpi

Protesta dell’Anpi

ROMA — Era stato salvato all’ultimo momento dalla manovra di mezza estate, tirato fuori da quell’elenco delle feste da abolire per guadagnare qualche briciola di Pil in più. Ma adesso il 25 aprile torna di nuovo in bilico. La crisi non c’entra, stavolta: è solo un’altra pagina di quell’eterno duello che attraversa l’intera storia d’Italia, ferma al bianco e nero di Don Camillo e Peppone.

Il governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno presentato dal parlamentare bolognese del Pdl Fabio Garagnani. Quel documento propone di sostituire la festa del 25 aprile, anniversario della Liberazione del 1945 dall’occupazione nazista, con quella del 18 aprile, giorno del 1948 in cui le elezioni furono vinte dalla Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi, «salvando l’Italia dal bolscevismo» come urlavano i manifesti dell’epoca. La notizia non è di ieri ma del 14 settembre, quando alla Camera si discuteva proprio l’ultima versione della manovra economica. Nessuno se ne era accorto e già questo la dice lunga sul significato pratico di una decisione del genere. C’ha pensato lo stesso Garagnani — già noto per le sue continue battaglie contro i libri di scuola «comunisti» — a darne notizia ieri con un comunicato sostenendo che «è proprio il 18 aprile la vera data fondante ed unificante delle democrazia italiana».

Cosa succederà adesso? Nell’immediato nulla. In teoria un ordine del giorno accolto come raccomandazione obbligherebbe il governo a dare attuazione a quello che è scritto nel documento e quindi a scambiare il 25 aprile con il 18 aprile. In ogni caso sarebbe necessario un nuovo disegno di legge, con un passaggio in consiglio dei ministri, il voto alla Camera e al Senato, più tutte le polemiche del caso. Ma la realtà è ben diversa: nel 90% dei casi gli ordini del giorno rimangono lettera morta, e se il governo decide di accoglierli è solo per evitare un voto che farebbe perdere tempo. Sarebbe stato proprio questo il motivo che due settimane fa ha portato ad accogliere la proposta di Garagnani, nella fretta di chiudere il dibattito su quella manovra che l’Europa aspettava con l’orologio in mano. Poche conseguenze pratiche, dunque, ma un altro scontro politico, con tanti saluti alla storia nazionale condivisa e ai problemi più urgenti che il Paese dovrebbe risolvere.

Il presidente dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, è tra i primi a ribattere: «Se a qualcuno venisse in mente di prendere sul serio questa provocazione — dice Carlo Smuraglia — sappia fin da ora che risponderemo in maniera ferma». Parla di «follia pura» Oliviero Diliberto, della Federazione della sinistra: «Il governo dovrebbe chiedere scusa a tutti gli italiani». Secondo Paolo Giaretta del Pd si tratta «solo di piccoli uomini e di piccoli pensieri che non avranno effetto» mentre per l’Idv Silvana Mura «il Pdl dice di ispirarsi alla Democrazia cristiana ma nella Dc nessuno avrebbe fatto una cosa del genere». Un po’ a sorpresa sono le stesse parole del leghista Fabio Rizzi: «De Gasperi si sarebbe fatto una grande risata. A questo punto Garagnani chieda di festeggiare anche la legge truffa del ’53».

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