L’Avana on the road, cronache caraibiche

Postcards Saluti da Cuba, dove i writer occupano la scena, spariscono le fibre ottiche promesse e sbarca il «Narciso alla fonte» in un vernissage affollatissimo

La polizia disdegna i graffitisti «autorizzati» e s’impegna a scomunicare un gruppo di fedeli che si barricano in chiesa Il musicista Pablo Milanés non più devoto a Castro apre agli oppositori: siti e riviste web lo accusano di troppa «infidelidad»

Postcards Saluti da Cuba, dove i writer occupano la scena, spariscono le fibre ottiche promesse e sbarca il «Narciso alla fonte» in un vernissage affollatissimo

La polizia disdegna i graffitisti «autorizzati» e s’impegna a scomunicare un gruppo di fedeli che si barricano in chiesa Il musicista Pablo Milanés non più devoto a Castro apre agli oppositori: siti e riviste web lo accusano di troppa «infidelidad»
L’AVANA. Sotto l’impietoso sole cubano tre giovani graffitari disegnano su un muro che si affaccia su un viale centrale. I passanti li osservano con curiosità, perplessi, alcuni forse infastiditi da quelle che considerano sbavature di pittura senza senso. I giovani rispondono a chi chiede il significato di quelle strane lettere che formano una parola illeggibile che alla fine risulta essere il cognome, scritto al contrario, del fondatore del movimento di graffitari a cui questi ragazzi appartengono.
Significativo è però che quel muro è di un’autofficina, ed è stato il proprietario a dare ai giovani il permesso di dipingerlo, visto che lui non può concedersi di farlo. Cosa strana è che nell’arco delle sei ore necessarie a portare a termine «l’opera» sono passati diversi poliziotti, a piedi o in auto di servizio, ma nessuno di loro si è avvicinato, neanche per chiedere agli artisti cosa stessero facendo o il significato di quel disegno.
Mentre i giovani artisti stavano realizzando un lavoro che nel resto del mondo devono fare di notte e di nascosto, una sessantina di fedeli seguaci di un ex pastore messo al bando dalla sua confessione religiosa, si sono rinchiusi in una chiesta protestante dell’Avana dove stanno aspettando la prossima fine del mondo annunciata dal pastore. La polizia, in questo caso sì chiamata ad intervenire, ha circondato il luogo con l’esplicita argomentazione di evitare incidenti. Cosa possa avvenire all’interno della chiesa è lasciato alla decisione del pastore scomunicato e dei suoi fedeli; comunque, anche se i cubani sono gregari per natura, è improbabile che in quella chiesa possa avere luogo un sacrificio collettivo. E se accadesse, è perché a Cuba le cose stanno cambiando troppo.
Nello stesso momento, la capitale cubana è attraversata da una domanda che trova risposta solo nei pettegolezzi. Che fine ha fatto il cavo in fibra ottica che estendendosi dal Venezuela avrebbe dovuto connettere Cuba alla rete di trasmissione di dati e immagini, e la cui messa in opera era stata allegramente annunciata proprio per quest’estate che ormai se ne sta andando (insieme al sole e a tutto il calore ben noto ai graffitari)? Ufficiosamente, si dice che non è stato possibile realizzare la connessione perché si sarebbero verificati tentativi di corruzione tra i funzionari cubani responsabili di questa importante missione. La stampa, la radio, la tv e i siti digitali governativi non hanno detto nulla, né sul perché non c’è nessun cavo, né se ci sono stati o meno casi di corruzione. E, di fronte al silenzio, le chiacchiere hanno preso il sopravvento.
Quello di cui invece hanno molto parlato i siti web ufficiali, riguarda le dichiarazioni rese a Miami dal musicista cubano Pablo Milanés il quale, oltre a dichiararsi non più fidelista (devoto di Fidel Castro), ha pure accettato di incontrarsi e di parlare con un oppositore di primo piano del governo cubano. Anche se i giornali e la televisione non hanno nominato l’incidente né i numerosi concerti tenuti negli Stati Uniti da questo importante musicista, siti e riviste digitali lo hanno severamente punito per ciò che considerano una infidelidad (termine migliore non poteva essere utilizzato), arrivando a scomodare persino il tradimento dei principi.
Comunque, secondo agenzie stampa non cubane, Pablo Milanés è tornato sull’isola caraibica e si trova, speriamo tranquillamente, nella sua casa all’Avana.
Qualcosa che bisogna invece riconoscere con orgoglio è che oltre 300 mila cubani hanno chiesto la licenza per «lavorare in proprio» e stanno creando piccole imprese in tutta l’isola. La conclusione a cui sono arrivati questi «indipendenti» sembra essere la stessa per tutti: anche se si deve lavorare di più e pagare le tasse, è maggiormente conveniente essere lavoratore autonomo piuttosto che lavorare per lo Stato, visto i salari che paga.
È stato anche annunciato un evento straordinario, l’arrivo all’Avana del Narciso di Caravaggio e di altre due opere del maestro italiano ed altre ancora dei suoi seguaci (la mostra, inauguratasi il 26 settembre, è in corso al Museo Nacional de las Bellas Artes della capitale cubana. Sembra sia la prima volta che Caravaggio arrivi in America Latina e, indubbiamente, è un’occasione unica che permetterà ai cubani di affacciarsi, come Narciso, su una delle più fiorenti creazione del genio umano.
Come i graffiti, alcune cose a Cuba arrivano in ritardo. Altre scelgono di arrivare a Cuba. Altre più semplicemente non arrivano, o hanno difficoltà ad arrivare. Di alcune si parla ufficialmente mentre altre cadono nel pozzo senza fondo della cosiddetta segretezza, per certi versi aiutata e sostenuta da quelle cose che non riescono ad arrivare, come il libero accesso a internet che, forse, il controverso cavo a fibre ottiche avrebbe potuto garantire.
(*) Scrittore e giornalista cubano. I suoi racconti sono stati tradotti in oltre quindici lingue e la sua opera più recente, L’uomo che amava i cani, ha come protagonista Trotsky e il suo assassino, Ramon Mercader.
Copyright IPS (traduzione Marina Zenobio)

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