L’autarchia cosmopolita

DEMOCRAZIAKMZERO  Nel sito di Democrazia chilometro zero (www.democraziakmzero.org) abbiamo pubblicato una «libera sintesi» (nel senso che è quel che lui ne ha ricavato) di Paolo Cacciari del dibattito di uno di quegli incontri che si vedono poco ma che, moltiplicandosi, gettano le basi di un altro modo di fare politica. Il convegno era stato organizzato a Ferrara, il 24 e 25 settembre, da Gente di sinistra, gruppo locale, e da Rete@sinistra, il collegamento nazionale erede in particolare (ma non solo) dell’esperienza fiorentina di Sinistra unita e plurale, con la quale ho – nel mio piccolo – amichevolmente polemizzato, negli anni, perché l’obiettivo di «riformare la politica» mi pareva un vicolo cieco. In questa riunione, cui hanno partecipato centocinquanta persone, con contributi, tra gli altri, di Alberto Magnaghi, Tonino Perna, Francesca Forno, Guido Viale, Alberto Lucarelli, Giorgio Ferraresi, parrebbe che il dibattito, in questa “zona” di sinistra, abbia proceduto di pari passo con l’aggravarsi del «collasso», come dice Tonino, del sistema complessivo, tanto che si può parlare, è stato detto, di «crisi di civiltà ». E allora? Come scrive Paolo riferendo della discussione, «il dramma politico è che nessuno sa prospettare alternative all’altezza della crisi».
Dramma «politico», però. Perché – cito testualmente il testo di Cacciari – «una alternativa alla decadenza ci sarebbe: imparare a fare quel che ci serve con ciò che abbiamo. Ri-territorializzare i sistemi economici locali auto-sostenibili. Ricomporre l’antica separazione tra cultura e natura. Assumere il concetto di limite. Ri-naturalizzare l’ambiente. Riscoprire la sapienza incorporata nelle popolazioni. Recuperare i saperi contestuali, diffusi, esperienziali. Mirare all’autoproduzione, all’autosufficienza e all’autogoverno. Ciò che è stato definito ‘l’economia della sufficienza’ (Wuppertal Institute). Riconquistare il controllo sui fattori produttivi».
In parole semplici, reinventare l’economia a partire dalle esperienze concrete che fioriscono in tutto il paese, le «mille pratiche di economia sociale solidale», come dice Guido Viale. Alberto Magnaghi, sprezzante del pericolo, adopera una parola da decenni bandita dal linguaggio di sinistra: «Autarchia», ossia, etimologicamente, «dominio su se stesso», aggiungendovi l’aggettivo «cosmopolita», che, più che un ornamento, è una constatazione: non vi è chi, oggi, non sia «connesso» con la comunicazione globale di internet, per quanto locale sia la sua azione. E quindi, per uscir fuori da quel «dramma politico», e se l’economia nuova è quella a dimensione territoriale, quel che si prospetta è, scrive sempre Paolo, una politica fatta di «comunità  radicate, ma aperte ai rapporti con il resto del mondo attraverso ‘reti federaliste globali’ e inclusive, capaci di funzionare in modo democratico al loro interno». Insomma, una «democrazia di prossimità » come quella che sta tentando la nuova giunta di Napoli con l’assessore ai beni comuni, Lucarelli. Però restano, secondo Rete@sinistra, le domande: come i movimenti sociali possono darsi una continuità ? Come spezzare il monopolio dei partiti?

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