La tappa decisiva verso lo sciopero del precariato

15 OTTOBRE
 Da Genova, il 23 luglio, avevamo scritto che avremmo partecipato all’hub meeting proposto da Democracia Real Ya dal 16 al 18 prossimi a Barcellona, contribuendo così alla preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre e annunciavamo che ci saremmo rivisti per discutere insieme come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà , su obiettivi chiari: un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro.

15 OTTOBRE
 Da Genova, il 23 luglio, avevamo scritto che avremmo partecipato all’hub meeting proposto da Democracia Real Ya dal 16 al 18 prossimi a Barcellona, contribuendo così alla preparazione della giornata di mobilitazione globale del 15 ottobre e annunciavamo che ci saremmo rivisti per discutere insieme come riprendere in mano e rinnovare la pratica dello sciopero nell’era della precarietà , su obiettivi chiari: un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull’accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all’insolvenza; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. È quello che faremo, con la coerente chiarezza e capacità innovativa delle pratiche di democrazia reale e riappropriazione che vanno affermandosi in Europa e nel mondo.
Andremo in fondo alla verità riassunta nello slogan “non ci rappresenta nessuno”, risuonato anche in Italia nelle fiumane della rabbia studentesca, giovanile e precaria degli ultimi anni. E dunque concepire la presa di parola condivisa delle resistenze ai governi della crisi come spazio costituente, produttivo di nuove istituzioni comuni contrapposte alla violenza distruttiva della divisione e del saccheggio delle nostre vite. Appunto la democrazia reale, contro la corruzione d’una democrazia rappresentativa svuotata di senso dalla trasversale sottomissione dei poteri e dei ceti politici al biopotere finanziario. E andremo fino in fondo alla pratica costituente offrendo a tutte e tutti la possibilità di riconoscersi e attivarsi in una metodologia di condivisione, orizzontalità, reciproco riconoscimento delle differenze, decisionalità assembleare e non delegata, superamento di ogni separazione temporale tra sociale e politico e tra mezzi e fini. Un po’ come avviene nella Val di Susa, da dove ancora una volta dobbiamo saper ripartire rendendo chiaro che nella difesa dei beni comuni l’incipit del referendum va riaffermato e difeso. E, al tempo stesso, andare fino in fondo alla presa di coscienza che le resistenze collettive e singolari agli attacchi di un potere tanto più aggressivo quanto più in crisi non possono opporre alternativa se non portandosi al livello sul quale esso si struttura: dunque, messa in rete delle resistenze su dimensioni continentali e intorno alla pretesa comune di ribaltare l’ordine della decisione politica e con esso l’uso delle risorse finanziarie e della moneta.
Adesso noi vediamo che la rivendicazione del diritto all’insolvenza viene in Italia praticata anche da altri e anche durante una giornata di sciopero generale, come quella del 6 settembre che continua a non rispondere alla domanda fondamentale: come si sciopera la precarietà? Vediamo che la bandiera del reddito d’esistenza incondizionato si diffonde, anche quando nella piattaforma Cgil la sola risposta al precariato è il rafforzamento dell’apprendistato. E vediamo che sul 15 ottobre globale crescono gli appelli alla costruzione di una giornata di opposizione all’austerity e di mobilitazione per il cambiamento anche in Italia, pur se inseriti dentro una battaglia su elezioni primarie o nella traduzione del rifiuto di pagare il debito in uscita dalla dimensione europea che non condividiamo. In verità, di questa differente proliferazione di contenuti e della nostra stessa agenda non possiamo che compiacerci, noi che abbiamo sempre avversato la riduzione ad uno e i recinti di movimento buoni solo per il ceto politico, inabitabili per la moltitudine precaria. Continueremo a lavorare perché il punto di vista precario si riconosca nella mobilitazione contro l’austerity e se ne renda protagonista nelle forme più estese possibili. E lavoreremo anche affinché il processo dello sciopero precario si estenda e venga condiviso da quanti in questi mesi, non soltanto in Europa, hanno lottato contro un sistema che sta usando la crisi per accelerare i processi di precarizzazione. Mai come ora è chiaro che la precarietà è la condizione generale di tutto il lavoro, che si tratta di reinventare forme di lotta dentro al lavoro e oltre il lavoro, capaci di sabotare i profitti, e che saranno tanto più efficaci quanto più si allargheranno oltre i confini nazionali. Perciò ci proponiamo che la giornata del 15 ottobre diventi un momento fondamentale all’interno del processo di costruzione dello sciopero precario contro le politiche di austerità e per un reddito di esistenza incondizionato, per un nuovo welfare metropolitano e del comune, per il diritto sociale all’insolvenza, per la libertà di movimento e per il diritto di residenza sganciato dal contratto di lavoro.
*** Stati Generali della Precarietà
(testo integrale su scioperoprecario.org)

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