La Resistenza è come un film

È l’estate del 1941. Jean-Paul Sartre e la prof. Simone de Beauvoir, distogliendosi dai loro deliziosi quanto cerebrali amori a tre consumati con le allieve di lei, saltano in sella a due biciclette dalle gomme lisce. Partono a caccia di proseliti, decisi come sono a scrivere un capitolo tutto loro nel libro d’oro della Resistenza antinazista.

È l’estate del 1941. Jean-Paul Sartre e la prof. Simone de Beauvoir, distogliendosi dai loro deliziosi quanto cerebrali amori a tre consumati con le allieve di lei, saltano in sella a due biciclette dalle gomme lisce. Partono a caccia di proseliti, decisi come sono a scrivere un capitolo tutto loro nel libro d’oro della Resistenza antinazista. I due hanno appena dato vita a un gruppo clandestino, «Socialisme et Liberté», credendo di poter contare sull’appoggio d’un buon numero di intellettuali. A Parigi, viceversa, hanno trovato scarsissimo seguito. La ragione? Sartre viene considerato troppo ciarliero. «Nessuno può assicurare che non cederebbe al primo interrogatorio» dei nazi.
Così, facendo forza sui pedali, Jean-Paul e Simone vanno a cercare proseliti fra i grandi sfollati. Raggiungono Gide a Grasse. Lo convinceranno? Il grand’uomo, che più tardi vedremo indossare un abito rosso mattone regalatogli da Stalin, liquida in venti minuti il teorico della nausea. Le cose non andranno meglio con Malraux. Durante un pranzo con pollo all’americana nella villa di Cap-d’Ail, dove va ossigenandosi in compagnia della sua nuova fidanzata, il coraggioso combattente antifranchista si smarca. Alle patriottiche sollecitazioni di Sartre risponde con un enigmatico «Oh, la guerra!». Poi, al momento del congedo, aggiunge «Tornate quando avrete delle armi».
Mezzanotte a Parigi di Dan Franck, adesso proposto da Garzanti, è un vero e proprio kolossal cartaceo. Si affacciano, nel godibile montaggio narrativo, tutti i protagonisti della cultura non solo parigina alle prese con l’occupazione tedesca. Ci sono Koestler e Walter Benjamin, più tardi suicida, che ingannano l’angoscia giocando insieme a poker. Compaiono Werfel e Alma Mahler, che non si separa mai da una borsa dove custodisce, insieme con preziosi documenti dell’attività compositiva del grande marito, il manoscritto della Terza sinfonia di Bruckner. Alle pagine di tragedia Franck alterna quelle dal piglio ironico. C’è il divertente, quantunque un po’ stonato, capitolo dedicato all’incontro di Cocteau con Jean Marais, definito uno «splendido marmo di carne». Dopo un primo incontro, Cocteau gli telefona con la voce dell’emergenza «Mi raggiunga subito!». Quando Marais arriva, ancora sulla porta, lo abbraccia e confessa «Io l’amo». Risposta immediata dell’attore «Anch’io».
Il racconto delle gelosie professionali di Picasso? Una maliziosa conferma che genio e narcisismo non cedono il passo neppure alla croce uncinata! C’è del vetriolo, diluito con un rispetto un po’ forzato, nel ritratto di Céline visto alla luce del suo pazzo antisemitismo. Quanto a Margherite Duras, che scopre la Resistenza alla fine del 1943, si ha l’impressione di vederla andare in altalena fra opportunismo e buona coscienza.
Pregi del libro di Franck? La ricchezza dell’informazione e la leggibilità. Un neo? Par di sentire il cinema, si ha spesso l’impressione di trovarsi in un teatro di posa prima d’un ciak.

Il libro Dan Franck, «Mezzanotte a Parigi», Garzanti, traduzione di Doriana Comerlati, pp. 512, 25

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