In Italia i movimenti politici non si organizzano nel mondo digitale  Ma da noi giovani "pigri" la protesta non va online   ">

I pirati in parlamento

Campagne sul web e incontri “reali” con i cittadini: il partito dei “corsari” ha fatto il pieno di seggi a Berlino. E ora punta a conquistare la Germania
In Italia i movimenti politici non si organizzano nel mondo digitale  Ma da noi giovani “pigri” la protesta non va online  

Campagne sul web e incontri “reali” con i cittadini: il partito dei “corsari” ha fatto il pieno di seggi a Berlino. E ora punta a conquistare la Germania
In Italia i movimenti politici non si organizzano nel mondo digitale  Ma da noi giovani “pigri” la protesta non va online  

Partiamo da un dato certo. Se oggi uno volesse fondare un nuovo partito in Italia non avrebbe bisogno né di soldi né di una sede. Basta Facebook: infatti non c´è nessun altro luogo fisico dove passano quotidianamente, in alcuni casi più volte al giorno, ventuno milioni di italiani (ed è un numero che cresce ogni ora). Sì, c´è la televisione, ma davanti alla tv siamo passivi, sulla rete invece siamo protagonisti. Sulle bacheche dei propri profili o sui tantissimi gruppi tematici organizzati spontaneamente, milioni di persone leggono, comunicano, si informano, condividono. A volte si organizzano per protestare. Il popolo viola, il movimento delle donne “se non ora quando?” e persino il CleaNap che organizzava gruppi di volontari civici per pulire le strade di Napoli dalla spazzatura, sono tutti nati e cresciuti attraverso la piattaforma di social network di Mark Zuckerberg.
Non è una novità. In Egitto e in Tunisia all´inizio del 2011 in questo modo ci hanno mandato a casa dei tiranni secolari altro che storie, a dispetto di quelli come lo scrittore americano Malcom Gladwell che minimizzava il fenomeno rete dicendo che «la rivoluzione non sarà twittata», cioé non arriverà grazie ai messaggini inviati su Twitter. Si sbagliava. Quando Mubarak ha perso il potere, ha mandato un tweet ai suoi ex sudditi: «Ok, me ne vado».
Un conto però è protestare e comunicare, un altro è usare Internet per lanciare un partito e fare dei valori delle rete il cardine di un nuovo movimento politico. Quali valori? Libertà!, Condivisione!, Partecipazione!: a un primo sguardo concetti come questi sono musica per le orecchie dei nativi digitali. Ma forse si tratta di uno sguardo superficiale. O frettoloso. Marco De Rossi ha 21 anni e ha sulle spalle una startup incredibilmente ambiziosa: si chiama Oil Project ed è una piattaforma per la scuola online. Insomma, i suoi coetanei li conosce bene. E spiega: «Non c´è un partito Internet in Italia per lo stesso motivo per cui, è successo davvero a Cuneo, se fai una indagine su tre classi dell´ultimo anno delle superiori, su 70 studenti di 18 anni nessuno sa cos´è Google Reader, 2 si informano in rete sui siti dei grandi giornali, e 70, cioé tutti usano Facebook». Secondo De Rossi «sono numeri agghiaccianti, i ragazzi in Italia si perdono il meglio della rete», il suo flusso indistinto di spunti e notizie. Naturalmente Google Reader è solo un esempio, la spia di una certa pigrizia digitale che avrebbero le nuove generazioni.
Finora infatti il tema dei pirati ha affascinato soprattutto i più grandi: i pionieri del web italiano. È in questo contesto che è nato un partito pirata, il PPI, fortemente connotato a sinistra, ma non è elettoralmente mai decollato. Oggi lo guida un presidente pugnace e incanutito con il nome da moschettiere, Athos Gualazzi, e un segretario, Alessandro Bottoni, scorato ma onesto nella sua analisi: «Il PPI non riesce a decollare perché non abbiamo un programma appetibile, non abbiamo teste pensanti, non abbiamo ciurma e non abbiamo soldi». Insomma, non c´è un´aria di festa nonostante Berlino.
Un partito fondato attraverso la Rete c´è ed è il movimento 5 stelle di Beppe Grillo: nato da un blog, quello di Grillo appunto, ancora seguitissimo sebbene uscito dalla top 100 dei più influenti del mondo; il movimento è strutturato, anzi, destrutturato attraverso i Meet Up, un format americano di incontri locali organizzati attraverso la rete per discutere programmi e obiettivi. Le differenze con un pirate party restano però nette, secondo il professor Juan Carlos De Martin, fondatore del centro Nexa del Politecnico di Torino che studia gli impatti sociali della Rete. «Intanto c´è il leaderismo. Un partito pirata è senza leader. A fatica ricordi i loro nomi, ci sono degli eletti ma contano come gli altri. Nel movimento 5 stelle invece il peso di Grillo è enorme». E poi c´è una questione di filosofia, di piattaforma politica: «I partiti pirata partono dalla libertà di web e dalla condivisione della conoscenza per costruire una visione della società. Anche il Movimento a 5 stelle parla del web, ma da un punto di partenza molto diverso: la lotta alla casta». Punti di contatto però ce ne sono, secondo De Martin: le discussioni accese e trasparenti fra i militanti, «tutto avviene in rete, tutti sanno tutto, una cosa molto diversa dalla opacità dei partiti politici tradizionali».
Uno spazio per un partito pirata ci sarebbe ed è tanto più grande tanto maggiore è la difficoltà – immensa – della vecchia politica ad occuparsi di temi come la libertà e il diritto di accesso alla rete, l´innovazione, la creatività quale fattore di sviluppo, la condivisione come nuovo settore della economia. «Quello che mancano per ora sono i giovani», dice sempre De Martin, «in Europa i pirati sono tutti under 30, da noi chi se ne è occupato finora viaggia fra i 50 e i 60 anni…». Perché i nativi digitali non si sono mossi? «Perché era presto» spiega Marco De Rossi, «dobbiamo studiare e crescere prima. Ci arriveremo».

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