Hugo Boss, lo stilista di Hitler “Divise delle SS e lavori forzati”

Il fondatore era un nazista convinto. L’azienda chiede scusa. La verità  emerge da un’inchiesta commissionata proprio dalla storica firma 

Il fondatore era un nazista convinto. L’azienda chiede scusa. La verità  emerge da un’inchiesta commissionata proprio dalla storica firma 

Berlino – Hugo Boss, fin dal secolo scorso il grande nome della moda made in Germany, il decano del pret-à-porter di buon livello tedesco, fu un nazista convinto della prima ora, fornì uniformi alla Wehrmacht e alle SS, usò il lavoro di forzati dei paesi occupati che vivevano in condizioni disumane. L´accusa viene dal libro appena pubblicato da Roman Koester, giovane storico dell´università dell´esercito tedesco a Monaco. E l´azienda, che aveva commissionato lo studio a Koester per fare luce sulle pagine più buie del suo passato, imbarazzata dalla verità ha ufficialmente chiesto scusa per i maltrattamenti inflitti ai lavoratori-schiavi. Secondo voci ricorrenti, Hugo Boss e il suo team avrebbero potuto essere stati in incognito persino i sarti personali del Führer e dei gerarchi del Reich, ma il libro non lo conferma in mancanza di prove.
«È chiaro che Hugo Boss non solo si iscrisse alla Nsdap (ndr: il partito nazionalsocialista tedesco) per assicurarsi contatti vantaggiosi per la sua azienda, ma che lo fece anche perché era un convinto sostenitore del nazismo», scrive Koester, docente di economia all´ateneo della Bundeswehr. “Hugo Boss, 1924-1945”, così s´intitola il libro, è una biografia critica dell´imprenditore che cominciò le sue fortune fondando una piccola azienda produttrice di abiti a Metzingen, nel Baden-Wuerttemberg (sudovest) nel 1924. Quell´azienda, racconta Koester, si arricchì e crebbe cominciando ben presto a fornire uniformi ai nazisti. Cominciò con le camicie brune, simbolo del partito e delle SA, la sua milizia. Poi, dopo la presa del potere da parte della Nsdap a seguito della vittoria elettorale di Hitler nel 1933, la ditta di Hugo Boss divenne una delle principali produttrici di uniformi per la Wehrmacht (l´esercito), per le SS, e per la Hitlerjugend, la gioventù nazista.
È dimostrato, fatti i conti con i bilanci – afferma il giovane storico nel suo libro – che l´azienda ricavò profitto dal nazionalsocialismo. Da un punto di vista della creazione, o del design, fu una collaborazione passiva, perché non furono né Hugo Boss né i suoi collaboratori a scegliere stile e taglio delle divise naziste. Ma l´azienda impiegò almeno 140 lavoratori forzati polacchi, e 40 prigionieri di guerra francesi. Gli schiavi, come tutti i forzati del Reich, erano sfruttati in modo disumano, intimiditi e terrorizzati dai guardiani. Le condizioni igieniche in cui vivevano erano pessime, e pessimo era il cibo che ricevevano.
Dopo la disfatta del Reich nel 1945, Hugo Boss fu processato dagli alleati per il suo aiuto alla macchina da guerra nazista, e condannato a una salata multa di centomila marchi, ma evitò la prigione. Giurò di essersi fatto nazista per convenienza. Non è vero, scrive il giovane storico: era un nazista convinto, e si iscrisse alla Nsdap già nel 1931. Hugo Boss morì nel 1948, tre anni dopo la caduta di Berlino.

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