PROCESSO VITTORIO ARRIGONI Udienze aggiornate al 3 ottobre
GAZA. Ieri nell’aula del tribunale militare di Gaza city c’era, in qualità di osservatore, anche Gilberto Pagani, l’avvocato della famiglia Arrigoni giunto mercoledì sera nella Striscia.
PROCESSO VITTORIO ARRIGONI Udienze aggiornate al 3 ottobre
GAZA. Ieri nell’aula del tribunale militare di Gaza city c’era, in qualità di osservatore, anche Gilberto Pagani, l’avvocato della famiglia Arrigoni giunto mercoledì sera nella Striscia.
Il legale, seduto accanto ai colleghi del Centro palestinese per i diritti umani (che rappresenta i famigliari di Vittorio a Gaza), ha potuto assistere a una udienza importante che ha visto due dei quattro imputati nel sequestro ed assassinio dell’attivista italiano, denunciare di aver confessato il delitto sotto le forti pressioni degli investigatori e di aver subito maltrattamenti. Non hanno potuto essere presenti invece i due attivisti italiani della «Freedom Flotilla», Germano Monti e Giuseppe Marella, che sono rimasti fermi in attesa per diverse ore al valico di Rafah. I due hanno poi fatto sapere che le autorità di frontiera palestinesi, quindi di Hamas, non hanno ritenuto sufficiente la documentazione che avevano presentato al terminal di confine e, di conseguenza, non hanno autorizzato il loro ingresso nella Striscia di Gaza. Con ogni probabilità faranno ritorno immediato in Italia. Ieri è stata minima la presenza in aula dei giornalisti. D’altronde sia questa udienza che quella dello scorso 8 settembre (che ha aperto il processo) non hanno trovato spazio significativo nelle cronache dei mezzi d’informazione locali. Al processo comunque ha assistito una ventina di amici di Vittorio, palestinesi e italiani.
L’udienza è cominciata ieri con la testimonianza di Yusef Abdel Ali, un agente dei servizi di sicurezza responsabile della verbalizzazione degli interrogatori. Abdel Ali ha riferito che gli imputati hanno firmato senza alcuna costrizione. Ma mentre due degli accusati, Khader Jram e Amer Abu Ghoula, hanno confermato ciò che avevano confessato durante le indagini, gli altri due, Tamer Hasasnah e Mahmud Salfiti, hanno sostenuto di aver subito «forti pressioni» nei giorni successivi al loro arresto. I due non hanno detto di aver firmato confessioni «preconfezionate» dagli inquirenti ma di averle sottoscritte in un clima di forte intimidazione. Versione che hanno ripetuto anche dopo aver guardato il filmato delle loro confessioni, che la procura militare ha messo a disposizione dei giudici. Il presidente della corte, a questo punto, ha fatto ritornare in aula l’agente Yusef Abdel Ali il quale ha ribadito di non aver notato alcun atto di intimidazione nei confronti dei due sospetti e ha precisato soltanto che prima della firma erano stati tenuti in manette e bendati.
La difesa ha poi fatto notare alla corte una discrepanza tra il verbale dell’interrogatorio e quanto dichiarato dagli imputati nel filmato girato dagli inquirenti. Il presidente ha perciò chiesto alla procura militare di spiegare l’accaduto e ha chiamato a testimoniare il medico Alaa Khalil Astal che ha eseguito l’autopsia sul cadavere di Vittorio. L’uomo però non era in aula. Il processo a questo punto è stato aggiornato al prossimo 3 ottobre.
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