Desaparecidos, le tante mani del potere

Il giornalista argentino Horacio Verbitsky che sarà  a Ferrara al Festival di Internazionale racconta della sua militanza contro il regime di Videla e denuncia la rete di rapporti tra gerarchie ecclesiastiche, P2 e militari….

Il giornalista argentino Horacio Verbitsky che sarà  a Ferrara al Festival di Internazionale racconta della sua militanza contro il regime di Videla e denuncia la rete di rapporti tra gerarchie ecclesiastiche, P2 e militari….


Giornalista dal 1960, con forte vocazione a fare bene il suo lavoro studiando, approfondendo, polemizzando se necessario. 51 anni di mestiere, iniziato a 18 anni e portato, splendidamente, all’età di quasi 70. Cifre a parte, si tratta di Horacio Verbitsky, testimone volontario e militante della «vita interrotta» del suo Paese, l’Argentina. Questo è forse uno dei punti cardine della conversazione con Verbitsky, prendere cioè atto che l’Argentina ha una Storia anomala, frammentaria.
Fino all’epoca coloniale e alle sommosse sull’onda della rivoluzione francese è simile a tanti altri paesi del Sudamerica; avvengono alcune riforme, si concretizzano i partiti di ispirazione borghese. Poi secondo Verbitsky succede qualcosa di inedito: «Nonostante una grande ricchezza economica, nonostante la presenza di movimenti socialisti accanto alle istanze liberali, in Argentina non si riuscì a costruire una democrazia completa. Il processo di secolarizzazione, che sembrava dato per assodato, viene interrotto. Momenti di forte e a volte confusa conflittualità politica portano la borghesia ad abbandonarsi fra le braccia della Chiesa cattolica. La sovranità popolare comincia ad essere vista come negazione del potere di Dio. Nasce così un elemento che sarà inscindibile e devastante per tutto il Novecento argentino: l’esercito diventa il braccio armato della Chiesa, custode quasi mistico dei suoi princìpi». In pratica i nuovi gesuiti riconquistano la terra che fu degli Indios. Questa sintesi è in realtà il frutto di dieci anni di studi nei quali Verbitsky ha voluto capire a fondo il ruolo che ha giocato la Chiesa cattolica in Argentina, studiando libri dottrinali e verificando documenti storici, fino ad arrivare alla conclusione che per più di un secolo «la chiesa dell’Argentina fu l’Argentina». Questo lavoro intenso di ricerca ha fruttato più di 1500 pagine scritte, alcuni libri pubblicati in Italia per la Fandango (l’Isola del Silenzio e il nuovissimo Doppio Gioco) e tre seminari che si terranno al Festival di Internazionale a Ferrara sul giornalismo di inchiesta (sulle zone d’ombra degli archivi) oggi, l’1 e 2 ottobre.
Non è un appuntamento da poco, non solo per l’esperienza del giornalista Verbitsky («Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto, essere molesto»), ma anche per l’esperienza del giornalista militante Verbitsky. Data l’età, lui, durante la «guerra sporca» di Vileda e dei suoi successori, in Argentina c’era, ed era in clandestinità.
«Durante la presidenza di Isabelita Martinez (la seconda moglie di Peròn, ndr), ero in Perù per affari e fui informato che se fossi tornato in Argentina sarei stato assassinato. Tornai lo stesso dopo un po’ di tempo e, vivendo in clandestinità, riunii una rete di giornalisti. I mezzi erano quelli che erano: un ciclostile, qualche macchina da scrivere e poco altro. Creammo un’agenzia stampa clandestina e la chiamammo Ancra (ancora, in italiano) acronimo per Agenzia di Notizie Clandestine, parlando della vera situazione in atto nel Paese: i lager, i desaparecidos, le condanne a morte, notizie che a volte ricevevamo dai colleghi dei giornali ufficiali che solidarizzavano con noi ma non potevano pubblicarle a causa della censura. Noi le confezionavamo alla bene e meglio e le spedivamo in giro, anche all’estero». Si inventarono anche un sistema antico come il mondo ma di grande efficacia: la cadena informativa, che corrisponderebbe alla nostra «catena di Sant’ Antonio». «Scrivevamo: la catena informativa puoi essere tu stesso, falla circolare con ogni mezzo che hai a disposizione, a più persone che puoi». In questo clima di terrore, i militari circolavano per le strade come automi, i generali pranzavano con gli alti prelati o ci giocavano a tennis, come il vescovo Pio Laghi e l’ufficiale Massera, iscritto a una loggia massonica chiamata P2. «Il clero, soprattutto i cappellani militari, hanno avuto un ruolo di supporto psicologico fortissimo nei confronti dei militari torturatori, perché ricordavano loro che l’erba cattiva si doveva estirpare con la mano sinistra di Dio, quella della forza. Arrivarono ad approvare il lancio dagli aerei dei dissidenti perché era una modalità “cristiana” di uccidere, visto che le vittime erano narcotizzate».
E in questo ambito la P2 aveva un ruolo di rilievo? «Direi di no, era più che altro un luogo dove tramare e fare affari privati. Di certo Licio Gelli fu tramite per molti interessi fra Argentina e Italia». Massera, che concederà il passaporto argentino a Gelli, lo ringrazierà per aver contribuito attivamente alla lotta contro la sovversione. Un panorama così violento e assurdo da concepire l’esistenza di una residenza vescovile, sede di seminaristi, dove era presente nei seminterrati un lager di oppositori.
E il terribile doppio gioco che viene svelato nel libro di Verbitsky è che questa identificazione fra clero e classe militare arrivò a un livello talmente forte da pianificare l’eliminazione non solo dei dissidenti, dei sospettati di essere dissidenti, dei parenti dei dissidenti, ma anche di quella parte della chiesa, vescovi, parroci, frati, che dagli anni 60 praticavano una dottrina cristiana di base terzomondista. Eliminare le impurità per creare una società di perfetta armonia cattolica. E tutto questo con il beneplacito del Vaticano. Volete sapere come finisce la storia di Doppio Gioco? Con il permesso di Verbitsky la riveliamo: che tutti i vescovi e i prelati dell’epoca si «lavarono» le coscienze con un rito purificatorio di riconciliazione indetto da Papa Giovanni Paolo II, e che il cardinale Pio Laghi entrò addirittura in conclave, rischiando forse di diventare Papa. Conclude Verbitsky: «Credo che la Chiesa Argentina abbia avuto altri due possibili competitori: la Chiesa più retriva del Franchismo e quella Croata che appoggiava Ante Paveliç e le stragi degli ustascia».

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