Dalla deregulation reaganiana al crack finanziario

DVD Esce in un box speciale, «Inside job» il documentario di Charles Ferguson passato a Cannes 2010
 «Siamo tutti d’accordo che rapinare una banca è un reato. Ma poi ci sono 50mila persone che controllano le banche e le rapinano allo stesso tempo. Non credo di essere diventato più radicale con gli anni. È la situazione a essere radicalmente cambiata. E spero che si possa tornare indietro».

DVD Esce in un box speciale, «Inside job» il documentario di Charles Ferguson passato a Cannes 2010
 «Siamo tutti d’accordo che rapinare una banca è un reato. Ma poi ci sono 50mila persone che controllano le banche e le rapinano allo stesso tempo. Non credo di essere diventato più radicale con gli anni. È la situazione a essere radicalmente cambiata. E spero che si possa tornare indietro».
Parla (al Los Angeles Times) Charles Ferguson, precoce prodigio del boom via internet (con cui si è arricchito una volta per tutte), politologo multilaureato e, occasionalmente regista. Il meccanismo da disinnescare, nel suo Inside Job, densissimo documentario – passato lo scorso anno per numerosi festival, fra cui Cannes, Toronto, e New York e ora disponibile in un box speciale edito da Feltrinelli, dvd con un libro di 128 pagine in aggiunta (16,90 euro) – fa da spalla al ritratto della crisi finanziaria, meno al vetriolo, firmato da Oliver Stone, è iniziato con Ronald Reagan, culminato con la débâcle generale dell’autunno 2008 e continua a funzionare quasi indisturbato ancora oggi. Intervistando ministri del tesoro come la francese Christien Lagarde, capi di governo come il primo ministro di Singapore Lee Hsieng Loong, finanzieri illuminati come George Soros, autori come Charles Morris (The Three Million Dollar Meltdown) attivisti come Robert Gnaizda del Greenlining Institute di Berkeley, accademici, economisti, persino uno psicologo (specializzato in top manager di Wall Street) e una ex madam (con la stessa specializzazione di sopra), Ferguson traccia una linea dettagliata e coerente che, partendo dalle prime mosse di deregulation finanziaria firmate da Reagan, vede scalzate, una per una, presidente dopo presidente, tutte le misure di sicurezza e i freni delle maggiori istituzioni finanziarie nate a Washington dopo il ’29 per evitare un altro crack.
Il più recente collasso delle banche Usa raccontato sulle note di David Byrne, con riprese di Manhattan dall’elicottero e con un flair per l’alta società da Oliver Stone, nel film di Ferguson diventano cifre, date, ma soprattutto un sistema di pensiero dominante nei vertici delle maggiori istutizioni accademiche americane, in quelli della finanza e in quelli del governo federale. Chiamati spesso all’appello (ma hanno tutti rifiutato di farsi intervistare per il film) alcuni ex membri del gabinetto Clinton che sono oggi tra i maggiori consiglieri finanziari di Obama – Lawrence Summers, Timothy Geitner, Laura Tyson, Richard Rubin… Il film chiude con la surreale testimonianza di Lloyd Blankfein, il Ceo di Goldman Sachs davanti al congresso, poche settimane fa. Per tornare indietro, come vorrebbe Ferguson, c’è ancora molta strada da fare.

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