Contro i nuovi attacchi alla Shoah l’antivirus dei viaggi della memoria

A pochi giorni dall’anniversario dell’11 settembre fanno riflettere le polemiche aperte in Francia e in Germania ancora una volta sullo sterminio degli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale. Lo scrittore tedesco Gunter Grass in un’intervista al quotidiano Haàaretz si è trasformato purtroppo nel «contabile» dei lutti e ha stilato una sorta di hit-parade dei morti, delle vittime della Guerra e delle repressioni.

A pochi giorni dall’anniversario dell’11 settembre fanno riflettere le polemiche aperte in Francia e in Germania ancora una volta sullo sterminio degli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale. Lo scrittore tedesco Gunter Grass in un’intervista al quotidiano Haàaretz si è trasformato purtroppo nel «contabile» dei lutti e ha stilato una sorta di hit-parade dei morti, delle vittime della Guerra e delle repressioni. Non voglio soffermarmi sulla riflessione ragionieristica del Nobel per la letteratura, ragazzo delle SS che accompagnò Brandt al Ghetto di Varsavia, che pone sullo stesso livello le vittime dell’Olocausto e i loro carnefici.?La mia riflessione e il mio allarme nascono dal tema di fondo che è dietro il pensiero del premio Nobel tedesco, ovvero il tentativo sempre più diffuso di relativizzare la Shoah. Il tentativo di sminuire l’annientamento di un popolo sterminato «in maniera industriale», che non aveva diritto ad esistere ed ancora oggi sembra vittima culturale di un mutamento profondo della sensibilità collettiva nei confronti del genocidio degli ebrei. La Shoah rischia di apparire un concetto usurato, una metafora del negativo che irrompe nella storia, senza considerazione per le dimensioni, i metodi, il progetto, che fanno dell’Olocausto un fenomeno a sé.
Nelle stesse ore in Francia si accende la polemica (Le Monde) su una circolare ufficiale del Ministero della Educazione nazionale che raccomanda agli editori (anno scolastico 2011-12) di sopprimere la parola Shoah dai manuali. «Meglio dire annientamento», recita la circolare.
È evidente il tentativo di non rendere unica la catastrofe degli ebrei. Un tentativo che va ben oltre come dimostra Grass la mera questione nominalistica. In questi ultimi anni, anche in Italia, seppur per mano di «cattivi maestri» della destra più becera e vigliacca si è cercato di offuscare il dramma di milioni di persone. Negazionismo, attacchi alle comunità ebraiche e black-list sulla Rete, con elenchi di proscrizione e di boicottaggi. Ho avuto l’onore e il privilegio per buona parte della mia vita di ricoprire ruoli di governo nella mia città, Roma, e promuovere tantissime iniziative per «Non dimenticare». Tra queste, nel mio ricordo sono impressi indelebili i viaggi della Memoria, a fianco dei sopravvissuti ai campi di concentramento e a migliaia di studenti. Esperienze uniche, in cui gli eroi dei campi della morte riuscivano a trasmettere a ragazzi attenti e coinvolti la forza del dramma, dei racconti di vite spezzate ma anche l’incredibile speranza per l’uomo e il futuro. Vedere gli studenti, tornando a Roma, cancellare dai loro zaini ogni possibile segno, traccia o scarabocchio ispirati per ignoranza o moda ai simboli di una «cultura della morte» è stata la migliore lezione di Storia, possibile.
Credo, anche io, come ha scritto Jonathan S. Foer che «ogni cosa sia illuminata dalla luce del passato» e che anche la politica, le istituzioni italiane prendendo ad esempio l’insegnamento dei «nostri» studenti debbano cancellare ogni minimo tentativo di non ricordare, di confondere vittime e persecutori, di riscrivere una storia con «meno memoria», di omettere qualche parola, perché «è successo e può succedere ancora!».

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