Con gli emendamenti “civetta” torna la tentazione del condono

Proposte le sanatorie su edilizia e contenzioso.   La promessa del 2008: non ne faremo più. L’anno dopo è arrivato lo scudo fiscale. Dal 1973 il Parlamento ha licenziato in media un colpo di spugna ogni due anni. Gli emendamenti potrebbero essere il primo passo verso una norma di governo 

Proposte le sanatorie su edilizia e contenzioso.   La promessa del 2008: non ne faremo più. L’anno dopo è arrivato lo scudo fiscale. Dal 1973 il Parlamento ha licenziato in media un colpo di spugna ogni due anni. Gli emendamenti potrebbero essere il primo passo verso una norma di governo 

MILANO – La tentazione, ormai, è fortissima. Sparito il contributo di solidarietà, cancellati i tagli alle pensioni e con l´aumento Iva sotto il fuoco incrociato di Confcommercio e Cisl, il Governo Berlusconi sembra pronto a sfoderare la sua arma preferita nell´eterna battaglia per sanare i conti pubblici: il condono. I sintomi sono nell´aria da giorni. Prima le uscite, in apparenza estemporanee, di qualche parlamentare: «Ho ricevuto 12mila mail di apprezzamento per la mia proposta di sanatoria fiscale», gongolava ieri il deputato Pdl Amedeo Laboccetta. Poi un paio di emendamenti “civetta” per regolarizzare gli abusi edilizi, presentati puntualmente nelle ultime ore. Un copione che nell´era di Arcore si è chiuso di solito con il più scontato degli esiti: il via libera a un maxi-condono per tappare i buchi delle casse tricolori. E dal Pd è arrivata la levata di scudi dei senatori Della Seta e Ferrante.
Niente di nuovo sotto il sole. L´Italia – prima o seconda Repubblica – è un paese fondato sul perdono. Delle infedeltà fiscale, dei bolli auto non pagati, delle multe dimenticate nel cassetto e delle palazzine costruite sui greti dei fiumi. L´etica non fa premio sull´emergenza finanziaria. Ogni condono – assicura chi lo approva – è l´ultimo. Peccato che la promessa valga solo fino a quello successivo.
Carta canta: dal 1973, calcola la rivista dell´agenzia delle entrate, il Parlamento ha licenziato in media un provvedimento di questo tipo due anni. Garantendo alle casse dello stato un incasso totale (non attualizzato) di 31 miliardi di euro circa. A rompere il ghiaccio è stato il Governo Rumor 38 anni fa, varando la sanatoria destinata a chiudere l´epoca delle imposte dirette e incassando 3mila miliardi di lire, un´enormità allora.
Sembrava un´iniziativa una tantum. Ma quando il debito pubblico (e l´evasione fiscale) hanno iniziato a gonfiarsi, l´arma l´etale contro le crisi finanziarie è tornata di moda. Bettino Craxi se n´è ricordato a inizio anni ´80 quando gli interessi sui Bot iniziavano a mangiarsi la ricchezza accumulata negli anni del boom. Che fare? Niente di meglio che una maxi sanatoria sul cemento fuorilegge colato in un ventennio in ogni angolo del paese, parchi e spiagge comprese. Sorvolando sul fatto che nei due anni prima del varo del provvedimento (il 1985) l´effetto annuncio ha fatto raddoppiare il numero di costruzione abusive (230mila secondo il Cresme) e che l´incasso è stato un quarto del previsto.
Gli italiani hanno capito l´antifona. Malgrado la promessa del leader socialista – «non ci saranno nuovi condoni» – hanno continuato imperterriti a coprire la penisola di ecomostri senza permesso (500mila in nove anni), certi di un bis. E hanno avuto ragione. A dargli la possibilità di rimediare alle loro marachelle è stato nel ´94 Silvio Berlusconi, appena sceso nell´arena della politica, con un nuovo condono edilizio.
Il Cavaliere, come è nel suo carattere, ha fatto le cose in grande. Chiusa la parentesi Prodi-Ciampi e riconquistato Palazzo Chigi, non ha perso tempo. E in tandem con Giulio Tremonti (che all´epoca dei condoni democristiani li aveva definiti «prelievi fuorilegge») ha varato tra il 2003 e il 2004 – calcola la Corte dei Conti – ben 13 sanatorie. Un ventaglio di provvedimenti più ricco di un catalogo Ikea: condono tombale, per gli anni pregressi, integrativa semplice, ritardati e omessi versamenti, scritture potenziali, liti pendenti e persino potenziali. Compreso un intervento sull´Iva che sarà poi bocciato dalla Ue. Incasso totale: 26 miliardi da pagare a rate. Peccato che molti italiani, sperando nel tris, abbiano poi pagato solo la prima rata. Tanto che a giugno 2011 mancavano all´appello ancora 4,2 miliardi.
Da allora i condoni continuano a sparire e spuntare dal nulla come fiumi carsici. «Non ne faremo più» ha promesso Berlusconi urbi et orbi nel 2008. Un anno dopo il suo governo ha varato lo scudo fiscale per i soldi nascosti all´estero, rimpatriati a tariffe da saldo (il 5%) con 5,6 miliardi di entrate per lo Stato. Perdonare chi sbaglia in fondo è più semplice che punirlo. E in un paese dove si evadono 270 miliardi di tasse l´anno, in fondo, è lì che si devono cercare i soldi per far quadrare i conti. «La nostra stima prudenziale parla di entrate per 35 miliardi da un´amnistia fiscale», ha buttato lì ieri con nonchalance Laboccetta. La tentazione è fortissima. Alla lotta contro l´evasione, caso mai, si penserà subito dopo. Tanto, sicuro, sarà l´ultimo condono.

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