Oltre il sogno irrompe la vita

GIORNATE DEGLI AUTORI «Di là  dal vetro» di Erri De Luca apre la sezione indipendente

GIORNATE DEGLI AUTORI «Di là  dal vetro» di Erri De Luca apre la sezione indipendente

 VENEZIA.L’uomo sta leggendo, sul tavolo la cena silenziosa, le ceneri si spengono piano nel camino, l’uomo si alza, si spoglia, si mette a letto. Ma un sogno oscuro lo sveglia, sobbalza all’immaginario suono di una sirena come una carica di poliziotti, o l’allarme che precede i bombardamenti, quelle che l’uomo sentiva a Belgrado nel ’99… In cucina c’è un’anziana signora, la madre. L’uomo è felice di trovarla, avevo sognato che eri morta le dice. Lei sorride appena, e propone un solitario. Di là dal vetro di Andrea Di Bari, è l’Evento speciale che apre oggi insieme a Crazy Horse di Wiseman (vedi intervista accanto) e a Love and Bruises di Lou Ye, le Giornate degli autori, ottava edizione della sezione «indipendente» della Mostra, curata da Giorgio Gosetti, nata su modello della Quinzaine des Realisateurs di Cannes. La scommessa dell’anno, che vede il cuore delle Giornate per la prima volta fuori dalla «storica» Villa degli autori, nella nuova sede della Pagoda, è quella come spiegano i curatori di mettere insieme maestri e esordienti alla ricerca di una nuova vitalità.

Di là dal vetro, dunque, nella linea di produzione cinematografica del Progetto Cinema di Pasta Garofalo, sempre più attivi – l’ultima produzione, prima di questa, è stato il cortometraggio diretto da Terry Gilliam girato a Napoli The Wholly Family. E Napoli, visto appunto che la caratteristica comune di questo intervento produttivo è il product placement, è presente con forza nei discorsi dei due personaggi, la madre soprattutto che l’ha tenuta nel cuore dopo che l’amore per il figlio l’ha «costretta» a abbandonarla per seguirlo in campagna, «un posto che non mi è mai piaciuto», dice. Anche nei suoi ricordi di ragazza c’è il suono delle bombe, quando la sirena annunciava i bombardamenti della seconda guerra mondiale su Napoli. La città che i greci chiamarono «città» e che i suoi abitanti hanno rieinventato tra magnificenza e atrocità, come dice in uno degli extra – nell’edizione dvd- Erri De Luca. Perché è lui il figlio protagonista insieme a una bella Isa Danieli, la madre del film, De Luca attore (e anche autore della sceneggiatura insieme al regista, montaggio morbido di Marco Spoletini) in quella che è un po’ la storia della sua vita. La conversazione tra madre e figlio, punteggiata di amore, rivendicazioni, rimproveri, gesti trattenuti ci parla del suo impegno politico in Lotta continua, della separazione presto, ancora diciottenne dalla famiglia lasciata alle spalle. «Dicevano che saresti tornato presto e invece…» dice con un’antica tristezza la donna. E poi l’Africa, la guerra in Bosnia e le bombe su Belgrado, la guerra nella ex Jugoslavia di cui De Luca, e il suo «personaggio» è testimone critico svelando nella prima persona l’ipocrita complicità dell’Europa e dell’occidente. «Dicevano che la nostra era una generazione di terroristi ma i terroristi sono quello che bombardano la città» grida alla madre. Compreso il nostro paese, aggiungo io. E la passione per la montagna, scalare vette difficili, l’ultimo libro di De Luca E disse (Feltrinelli) racconta Mosé come il primo alpinista …
Realtà, finzione: le parole corrono su un filo teso iniettando la vita nel romanzo, e viceversa, come si fa con la scrittura, come accade nel cinema. Mentre le carte si avvicendano la madre e il figlio si dicono qualcosa che non sapevano, parlano di uova al tegamino, della nonna, di un quaderno di viaggio del padre … Lei «immunizzata» dall’inquietudine di questo figlio amatissimo che non aveva quasi più paura per lui… E a un tratto il tempo sospeso si rompe, la Realtà fa irruzione, il sogno si spalanca sulla vertigine della consapevolezza … «Di là dal vetro» c’è il giorno, c’è qualcosa di infinito che possiamo ancora una volta soltanto immaginare. Ma è la potenza della narrazione, sono le storie.
Senza digressioni, nella sua semplicità Di là dal vetro è teso e commuovente, anche grazie all’incontro tra de fisicità, e due modi di stare davanti alla macchina da presa, molto diversi che sembrano una danza, un duetto sentimentale di invenzioni. In cui la prima persona del racconto balena con pudore, e con una gentile tenerezza.

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