Chris Blackhurst /DIRETTORE DELL’«INDEPENDENT»
«I riots e il Murdoch-gate sono la conseguenza di una decadenza morale del paese e evidenziano un individualismo sfrenato»
Chris Blackhurst /DIRETTORE DELL’«INDEPENDENT»
«I riots e il Murdoch-gate sono la conseguenza di una decadenza morale del paese e evidenziano un individualismo sfrenato»
LONDRA.Chris Blackhurst è il direttore del quotidiano The Independent. Il suo ritorno al giornale, dopo essere stato vicedirettore dal ’96 al ’98, è avvenuto circa un mese fa, quando il magnate russo Alexander Lebedev, proprietario del quotidiano l’ha chiamato al posto di Simon Kelner. Un rientro che ha coinciso con l’esplosione del Murdoch-gate. Blackhurst ha iniziato la sua carriera al The Sunday Times e prima di arrivare all’Independent è stato redattore al Daily Express e al free-press The Evening Standard.
Prima lo scandalo intercettazioni poi le rivolte: il governo è in calo di consenso e Scotland Yard sta attraversando uno dei suoi periodi più neri. Lei cosa ne pensa?
Non c’è dubbio che entrambi gli eventi abbiato dato un severo colpo al governo e alla classe dirigente. Il Murdoch-gate ha denunciato uno stretto legame tra governo, media e polizia ed è stato gestito malissimo sia da Cameron che da Scotland Yard. Il primo ministro ha sbagliato ad assumere Andy Coulson, ex News of the World, come responsabile delle comunicazioni quando c’erano ragionevoli sospetti e discrete prove di un suo coinvolgimento nella vicenda. È un errore che un primo ministro non dovrebbe commettere. D’altro canto, la polizia ha deciso di non proseguire le indagini nel 2009 su un caso su cui era necessario fare approfondimenti. Gli stessi errori di valutazione sono stati commessi con le rivolte. Si tratta di un problema che serpeggia in Inghilterra da anni e che la classe dirigente ha ignorato. C’è una distanza sempre maggiore fra ricchi e poveri; il sistema educativo è pensato solo per valorizzare i migliori e lascia indietro chi è meno brillante, spesso nelle zone povere non c’è assistenza per i giovani. Questi disagi li conosciamo da tempo. In ogni caso, le rivolte non hanno niente a che vedere con le proteste razziali dell’81, si è trattato di pura criminalità.
Il Murdoch-gate è passato in secondo piano, scavalcato dai riots. Tuttavia è avvenuto e di sicuro avrà delle conseguenze nell’industria dei media inglesi. Quali crede che saranno?
Come giornalisti inglesi, possiamo soltanto incolpare noi stessi. Il sistema dei media inglesi è auto-regolato e non siamo stati capaci di salvaguardarlo. Sulle indagini della polizia, il problema è uno: l’Inghilterra si presenta al mondo come un paese liberale, ma la verità è che è molto difficile indagare e fare luce sui fatti. Temo un insabbiamento della questione e temo che la polizia, che comunque ha dimostrato di non essere pulita a sua volta, incontrerà molti problemi nelle indagini.
Tornando alle rivolte, quale crede sia la causa profonda? Vede più somiglianze con gli scontri di Brixton nell’81 o con i vandalismi di Los Angeles nel ’92?
Credo che la causa di queste rivolte sia una decadenza morale generale del paese e la diffusione di un individualismo sfrenato. Il punto è che, a differenza di quanto denunciato dalla classe politica in Parlamento giovedì scorso, il problema morale è presente tanto negli strati sociali più bassi che nella classe dirigente. Il Murdoch-gate ha provato proprio questo. Come fa un governo a pretendere un comportamento moralmente corretto e consapevole dai propri cittadini quando ha dimostrato che i ranghi più alti della società sono affetti da corruzione e ambiguità? Inoltre, come ci si può sorprendere del fatto che una popolazione che ha perso ogni punto di riferimento valoriale, all’infuori del consumismo smodato, approfitti di una situazione di caos per prendersi quello da cui è di solito escluso?
Lei è d’accordo con la decisione di Cameron di censurare i social network e dare maggiori poteri alla polizia?
Molto di ciò che Cameron ha detto in Parlamento è esagerato e di fatto non verrà mai messo in pratica. Tuttavia, credo che se le rivolte si sono interrotte negli ultimi giorni, non è perché si tiene sotto controllo Twitter o perché il governo ha minacciato di sospendere i benefit a chi commette reati. È perché 16mila agenti sono stati schierati per strada.
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