Sono 335 scatoloni. È l’archivio del professore di Harvard che diventò il profeta psichedelico, influenzò la Beat Generation e fu definito da Nixon “l’essere vivente più pericoloso d’America”. La Biblioteca di New York lo ha acquistato. Lo abbiamo consultato
Sono 335 scatoloni. È l’archivio del professore di Harvard che diventò il profeta psichedelico, influenzò la Beat Generation e fu definito da Nixon “l’essere vivente più pericoloso d’America”. La Biblioteca di New York lo ha acquistato. Lo abbiamo consultato
NEW YORK. La richiesta è su carta intestata, Harvard University, Department of Social Relation, Centro per gli studi sulla personalità. La data è il 6 dicembre 1960, destinataria Olympia Press, Paris, France: «Carissimi, vogliate gentilmente inviarmi una copia di Pasto nudo di William Burroughs. Mi occorre per le ricerche che sto facendo sulle droghe e il loro effetto sulla creatività. Sto provvedendo personalmente ad accordarmi con le autorità doganali americane perché possa essere ammesso negli States». Firmato: «Timothy Leary». Chiudete gli occhi. E poi riapriteli. Anzi: «Turn on, tune in, drop out», cioè accendetevi, sintonizzatevi e lasciatevi andare, secondo lo slogan più famoso degli anni Sessanta che quel professore matto, il profeta dell´Lsd, coniò dopo un pranzo con Marshall McLuhan, l´inventore del Villaggio Globale.
Se provate allora a lasciarvi andare davvero nel tempo scorrendo le dieci righe che hanno sconvolto il mondo – e adesso riposano nelle 335 scatole dell´archivio più psichedelico della storia. Lettere, foto, cartoline, filmati e oggetti ricordo, perfino vestiti. La straordinaria testimonianza di un sogno che sembra un incubo: o viceversa. La New York Public Library ha acquistato tutto questo ben dell´uomo: poco meno di un milione di dollari. William Stingone, il curatore dei manoscritti della biblioteca, spiega al New York Times che qui spera di trovare, finalmente, «la verità al di là del mito». Ma guardate questa: è una delle tantissime foto che la Library ha messo a disposizione di Repubblica. Ci sono Paul Bowles, quello de Il tè nel deserto, e lo stesso Burroughs, naturalmente tutto di nero vestito perfino lì, sul tetto di quella casa sotto il sole di Tangeri, 1961. E guardate ancora quest´altra: c´è Allen Ginsberg, il poeta da Urlo, Peggy Hitchcock, l´ereditiera che metterà a disposizione dei professori pazzi la sua casa di Millbrook, nei boschi di New York, e poi ancora Lawrence Ferlinghetti, il libraio dei Beat, e sempre lui, Leary, 1963. E come fai a non rincorrere il mito?
In fondo è nato tutto dalle dieci righe di quella lettera. Nel dicembre del 1960, a Parigi, gli impiegati della piccola casa editrice specializzata in operette erotiche, che due anni prima ha conosciuto improvvisa fama dando alle stampe un romanzo chiamato Lolita, non possono neppure a immaginare le conseguenze di quella curiosa livrasion à l´étranger che s´apprestano a fare. Sfogliando quel Burroughs tutto droga e sesso, il romanzo che nei suoi States, dove è stato appena eletto un certo John Kennedy, è ancora proibito, il professor Leary, chiamato in cattedra nella più antica e prestigiosa università d´America «per le sue interessanti idee», si convince che la strada che sta seguendo è giusta. Nell´estate di quello stesso anno, durante una gita in Messico, ha provato per la prima volta i funghi sacri, cioè allucinogeni, e ha deciso di studiare gli effetti sul comportamento umano della psilocibina, la sostanza costitutiva che la Sandoz, il colosso della farmaceutica, ha prodotto in laboratorio.
Pescando un´altra carta da questo archivio delle meraviglie: «La prima volta che presi la psilocibina – 10 pillole – ero davanti al caminetto di Cambridge», scrive proprio Allen Ginsberg in uno di quei report che il professore chiede alle sue illustrissime cavie. L´esperimento è così devastante che in questo documento rimasto nascosto per mezzo secolo il poeta confessa di trovarsi «nudo e in preda alla nausea». Comincia ad avere paura. «Ma in quel momento il professor Leary entrò nella mia stanza, mi guardò negli occhi e mi disse: sei un grande». Per gli esperimenti dell´Harvard Psilocybin Project sfilano all´università Aldous Huxley, lo scrittore visionario de Il mondo nuovo che allora insegna anche al Mit, Arthur Koestler, lo scrittore che in Buio a mezzanotte denunciò lo stalinismo, oltre naturalmente a tutta la compagnia dei Beat: da Ginsberg a Jack Kerouac, da Peter Orlovsky a Neal Cassady. E quando, finalmente, arriva anche il suo eroe più grande, Burroughs, il professor Leary è già oltre: in tutti i sensi.
Accade giusto cinquant´anni fa, settembre 1961. Un medico, Michael Hollingshead, arriva da New York per incontrare il professore sui divani dell´elitario Harvard Faculty Club: porta con sé un piccolo vasetto in cui, mischiato in una pasta di zucchero, ha portato un grammo di una nuova sostanza prodotta dalla solita Sandoz, e che si chiama Lsd. Da allora davvero nulla sarà più come prima. Il professore ha cominciato a sperimentare con gli allucinogeni per liberare la psicologia dalla gabbia del comportamentismo che sembra disegnato su misura per il perbenismo americano: solo il comportamento esplicito è scientificamente osservabile, ogni introspezione è interpretazione personale e, quindi, non oggettiva. Ma negli anni Cinquanta gli Stati Uniti sono già un´immensa farmacia: c´è una pillola per ogni tipo di malattia, insegnano il mercato e la pubblicità. E il ricorso ai farmaci, che in inglese si chiamano drugs, perché non può funzionare per i disturbi dell´anima?
Com´è finita lo raccontano le immagini di questo archivio. Lo scienziato che a cinquant´anni sarà costretto a fuggire in Afghanistan sorride dalla foto che lo ritrae ancora con la divisa da cadetto di West Point, da dove era stato cacciato per insubordinazione. Lo psicologo che propose di liberare i carcerati imbottendoli di Lsd scrive giochi di parole sul retro delle cartoline. E poi schizza, tutto fiero e tutto in maiuscolo: «James Joyce sarebbe orgoglioso di me!». L´uomo che Richard Nixon definì «l´essere vivente più pericoloso d´America» lancia su carta legale proclami in rima baciata che non avrebbero fatto paura a nessuno: «Cominciò tutto a primavera / John e Yoko a Montreal / Una settimana a letto per la pace / mandando in onda una frase sola: la guerra deve finire!».
Ci si avventura tra le sue carte come in un trip attraverso questo cinquantennio che sembra lungo intere ere geologiche. E ideologiche. Il professore che a trent´anni vestiva in cravatta e tra i suoi amici aveva Cary Grant, vero fan degli allucinogeni, a settanta veste quasi solo in jeans, e quando muore l´elegia funebre gli sarà letta da un´altra diva di Hollywood, Wynona Ryder: sua nipote. L´uomo che verrà cacciato da Harvard, che finirà in galera e fuggirà con l´aiuto delle Pantere nere, il 17 luglio 1961 ha tra le mani una lettera firmata da Bill Wilson, il fondatore degli Alcolisti anonimi che gli chiede di poter utilizzare «la sua» Lsd per combattere la bottiglia.
Ci vorranno almeno due anni prima che le carte possano essere mostrate al pubblico. Perché nelle lettere dell´inesauribile archivio la storia di questo mistero del Novecento – tragicamente segnata, all´inizio e alla fine, dal suicidio della prima moglie e, quarant´anni dopo, della figlia – si comprime davvero come in un acido. C´è un manifesto per un meeting in una discoteca tedesca, Normal, con due tizi che posano come i Kraftwerk: è il 1982 e quei due tipi sono Leary e G. Gordon Liddy, l´ex capo dell´Fbi che l´aveva spedito in galera e poi finito in galera lui stesso per il Watergate. Insieme, ora girano il mondo in tour, come due stanchi Buffalo Bill: non è uno spettacolo? E che cosa sarebbe successo se nella corsa a governatore della California, 1970, il professore fosse riuscito a insidiare un ambiziosissimo ex attore, Ronald Reagan? «Questa», appunta Leary, «è la canzone che Lennon mi ha regalato per la campagna elettorale…». No, la storia non si fa con i se: ma di Lsd qui si è strafatta davvero.
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