Le vittime di Pinochet possono essere 60 mila Più del doppio della cifra ufficiale

Cile /ATTESA PER IL NUOVO RAPPORTO DELLA COMMISSIONE PER LA VERITà€

Cile /ATTESA PER IL NUOVO RAPPORTO DELLA COMMISSIONE PER LA VERITà€

 Dicono che così si potrà «chiudere definitivamente» un capitolo «doloroso» della recente storia del Cile. Questo è quello che sperano in molti, a cominciare dalla destra tornata al potere dal 2010 con il presidente Sebastián Piñera. Per gli altri, le vittime di quel «doloroso» capitolo che furono i 17 anni della dittatura pinochettista, al contrario potrebbe non essere altro che un passo in più verso il riconoscimento del carattere selvaggio e assassino di quel regime e dovrebbe essere solo un capitolo in più di una storia che non dovrebbe mai scrivere la parola fine. Per evitare che si ripeta e per rispetto dei diritti umani e della giustizia, parole con cui in tanti si riempono la bocca.

Fra ieri o oggi Piñera doveva rendere pubblico l’ultimo rapporto della Commissione Valech, la Commissione per la verità sulla detenzione politica e sulla tortura a cui è stato dato il nome dell’ex-vescovo di Santiago, Sergio Valech, fermo avversario delle atrocità commesse fra il ’73 e il ’90 dal regime, che la presiedette dalla sua formazione nel 2003 fino alla morte nel 2010.
L’attesa in Cile è grande perché il rapporto potrebbe più che raddoppiare il numero ufficiale fin qui riconosciuto delle vittime di abusi di diritti umani, detenzioni illegali, torture, esecuzioni e desapariciones per mano di Pinochet e dei suoi sgherri (fra i quali c’era anche, in colletto bianco da ideologo, il professor Jaime Guzmán contro la cui tomba nel cimitero monumentale della capitale, domenica e martedì sono state fatte esplodere due piccole bombe). Finora, sulla base delle precedenti commissioni – la Commissione Rettig del 1991 voluta obtorto collo del presidente democristiano Patricio Aylwin e la Commissione Valech del 2004 insediata dal presidente socialista Ricardo Lagos – gli assassinati e desaparecidos furono «solo» 2279 e 28459 se si conteggiano anche coloro che furono illegalmente detenuti e torturati. Nel 2009, con la socialista Michelle Bachelet alla Moneda, il parlamento votò una legge che reinsediava la Commissione Valech. Le nuove denunce e testimonianze da allora sono state 32 mila, che nel caso siano state ritenute valide porterebbero il totale a più del doppio della cifra ufficiale e a oltre 60 mila in tutto. Casi e testimonianze che la paura, non ancora passata nel Cile democratico 20 anni dopo l’uscita di Pinochet dalla Mondeda (e 5 anni dopo la morte del dittatore impune), aveva finora impedito di portare alla luce.
L’annuncio di Piñera ha un duplice impatto. Uno economico e uno simbolico-politico. Quello economico prevede un indennizzo sotto forma di pensione (185 milioni di dollari annualmente per le casse dello stato, 256 miserabili dollari Usa per le vittime). Quello simbolico-politico molto più importante e «costoso» sul piano. Secondo molti questo dovrebbe mettere la parola fine sul passato. Ma non per i gruppi dei famigliari delle vittime e di difesa dei diritti umani, che ritengono ancora molto insufficiente il lavoro della Commissione Valech. Che fra l’altro non ha preso in considerazione il caso di stranieri arrestati, torturati e assassinati in Cile durante il governo del presidente Allende (fra gli altri i preti che stavano con la Unidad popular, come l’anglo-cileno Woodward, i francesi Jarlan e Dubois, gli spagnoli Alsina e Llidó, l’italiano Venturelli) e neanche i casi dei cileni desaparecidos all’estero nell’ambito del Plan Cóndor. ANCORA DI PIÙ La cifra non comprende i casi degli stranieri arrestati, torturati e uccisi dal regime Pinochet e neanche quelli dei cileni presi e desaparecidos all’estero nell’ambito del Plan Cóndor. Per Piñera questo dovrebbe chiudere definitivamente un «doloroso» capitolo della recente storia cilena ma per i gruppi di difesa dei diritti umani la ricerca di verità e giustizia deve continuare

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