Inès, l’attrice borghese a cui Lenin dava del tu

Lasciò il marito e i figli, divennero amanti per tutta la vita

Lasciò il marito e i figli, divennero amanti per tutta la vita

Era nata a Parigi nel 1874 da un cantante d’opera e da un’attrice. Si chiamava Elisabeth Inès Stéphane, la storia la conosce come Inessa Armand, cognome che prende dopo il matrimonio con il figlio di un ricco industriale tessile russo. È ancora bella nelle vecchie foto al collodio umido e all’albumina o in quelle realizzate con il procedimento alla gomma bicromatata, ma coloro che la videro di persona la giudicarono bellissima. Univa nel suo fascino le origini scozzesi e francesi, in lei si abbracciavano energia e douceur. Gli occhi— testimonia chi li affrontò anche per un secondo — erano grandi, profondi. O meglio: un incanto.
Non ci si deve meravigliare che una donna di tale carineria facesse l’attrice, né che a venticinque anni abbandonasse marito e figli, comodità e quel che l’epoca passava, per darsi alla politica. Suonava benissimo il pianoforte e parlava fluently francese, tedesco, inglese e russo. Nel 1903 e nell’anno successivo è in Svizzera, scopre gli scritti di Vladimir Il’ic Lenin, si converte al marxismo.
La sua attività si fa frenetica e l’ex dama di mondo, un tempo lontana mille miglia dalle pratiche rivoluzionarie e dalle repressioni di polizia, diventa attivista, partecipa alla propaganda illegale. Nel 1907 subisce l’arresto e viene condannata a due anni di confino in Siberia, scontati i quali corre a Parigi ed entra in contatto con gli esiliati. Tra essi c’è Lenin, la mente della rivoluzione che verrà. Inessa e Vladimir Il’ic avevano diversa formazione, opposti atteggiamenti. La prima diventa rivoluzionaria per liberarsi dai lacci soffocanti della borghesia, il secondo sembra inventato per la bisogna. Inessa respira sin dai primi passi l’aria dei teatri e anche quando giunge a cinque anni a Mosca da una zia, il suo ambiente è ben lontano dai populisti che approvano nel 1881 l’uccisione dello zar Alessandro II. Lenin studia da rivoluzionario, prima sui libri di giurisprudenza alla facoltà di Kazan (tanto che viene ben presto espulso dall’università) e poi quando proseguirà all’ateneo di San Pietroburgo, dove, nel 1883, fonda il primo nucleo operaio russo.
 Lei nasce in un ambiente brillante, tra luci e ribalte; lui si veste come un monaco, mai sbracato, mai in disordine, tanto che se avesse potuto trovare sulla sua strada Robespierre e Mazzini sarebbe nato il primo convento laico. Lenin e Inessa si conoscono nel 1909 e sino alla morte della donna, avvenuta nel 1920 a causa del tifo, non riuscirono a trovare una ragione né un ostacolo per separarsi, alla faccia dell’etica rivoluzionaria. Del resto lui — ammesso che si possa usare nel suo caso questa comune espressione — aveva perso la testa. Una piccola prova? Inessa fu la sola persona, al di fuori dei familiari, a cui diede del «tu» nelle sue lettere. Un’altra va cercata nella stessa famiglia del rivoluzionario: sua moglie Nadezhda Krupskaya, che era a conoscenza del rapporto, giacché lo stesso Vladimir Il’ic glielo aveva confessato, era addirittura pronta a farsi da parte. Lenin però non volle mai rinunciare alla sua compagna, colta e intelligente; né riuscì a spegnere quell’amore che gli alimentava la vita, anche se sovente ne temeva la forza e le conseguenze. Basta rileggere qualche epistola che corse tra i due per misurare la passione. «Farei a meno di baci — scrive Inessa a Vladimir Il’ic nel dicembre 1913 — pur di vederti e di parlarti qualche volta. Lo desidero e non recherebbe dolore a nessuno. Io amo tanto sentirti parlare, ma amo anche guardarti mentre tu parli. Perché privarmi di tutto questo? Mi chiedi se ce l’ho con te per il fatto che hai insistito sulla nostra separazione. No, penso che tu non lo abbia fatto per te» . E il rivoluzionario, che ha paura di ben poche cose, sa però che certe frasi dedicate alla sua amata devono restare nell’ombra.
 Ecco quanto le scrive nel luglio 1914: «Mi auguro che ci vedremo qui dopo il congresso e parleremo… Per favore, porta tutte le nostre lettere quando vieni. Non sta bene spedirle raccomandate, visto che una lettera raccomandata può essere facilmente aperta dagli amici. Ti prego, portale tutte, vieni qui presto e parleremo» . Liti, silenzi, slanci e altro sono il sale di questa passione consumatasi tra due persone nate con le coordinate opposte, costrette dal destino ad attrarsi senza requie. Le loro missive non sono giunte tutte a noi e le più compromettenti vennero certamente bruciate; altre furono censurate, qualcuno a Mosca giura che quelle con termini come «schiava» et similia siano state segretate.
Nell’archivio di Stato dell’ex Urss un documento (sarà vero?) parla della bambina nata dalla loro relazione, ma di essa— se ci fu— si persero le tracce durante i giorni di Stalin. Il corpo di Inessa riposa sulla Piazza Rossa, sotto le mura del Cremlino, vicino a John Reed. Non distante dalla mummia di Lenin.

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