«Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile». Così Giorgio Napolitano ha definito la questione carceraria poco più di due settimane fa. Parole sinora del tutto inascoltate da chi detiene il potere pubblico per far tornare il sistema penale e penitenziario nell’arco della legalità . Per dare ulteriore forza a quelle parole, per non farle morire, molti di noi hanno condiviso l’iniziativa pubblica di Marco Pannella. Oggi centinaia di persone manifesteranno la propria indignazione con uno sciopero della fame e della sete che ha lo scopo di chiedere al Parlamento di convocarsi e affrontare una volta per tutte il tema del sovraffollamento carcerario. Tradotto in numeri esso significa che in media in Italia 145 persone vivono in 100 posti letto regolamentari originando un record ineguagliato tra i paesi dell’Unione Europea.
«Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile». Così Giorgio Napolitano ha definito la questione carceraria poco più di due settimane fa. Parole sinora del tutto inascoltate da chi detiene il potere pubblico per far tornare il sistema penale e penitenziario nell’arco della legalità . Per dare ulteriore forza a quelle parole, per non farle morire, molti di noi hanno condiviso l’iniziativa pubblica di Marco Pannella. Oggi centinaia di persone manifesteranno la propria indignazione con uno sciopero della fame e della sete che ha lo scopo di chiedere al Parlamento di convocarsi e affrontare una volta per tutte il tema del sovraffollamento carcerario. Tradotto in numeri esso significa che in media in Italia 145 persone vivono in 100 posti letto regolamentari originando un record ineguagliato tra i paesi dell’Unione Europea.
Provo a sintetizzare il contenuto di una giornata tipo trascorsa in un carcere sovraffollato italiano: 20-22 ore passate in celle di dieci metri quadri da condividere con altre due persone o in celle di 25 metri quadri da dividersi con altre sette-otto persone, condannati in via definitiva messi insieme a persone presunte innocenti, bagni a vista e riservatezza violata, docce mal funzionanti non sempre consentite tutti i giorni anche in piena estate, acqua centellinata, psicofarmaci usati come tranquillanti sociali, salute a rischio, troppo rumore o troppo inquietante silenzio, urla di persone che si tagliano le braccia con le lamette o che le inghiottiscono per un pacchetto di sigarette non concesso, tentati o riusciti suicidi. L’anno scorso insieme al manifesto lanciammo una campagna affinché i giornalisti potessero entrare nelle carceri e documentare quello che avrebbero visto coi propri occhi. Oggi, rinfrancati dalle parole del capo dello Stato chiediamo che carta stampata e televisioni possano rendere pubblico lo scandalo delle galere italiane, molte delle quali in condizioni igienico-sanitarie intollerabili per uno Stato di diritto. Vorremmo che in una giornata qualsiasi la televisione pubblica e le grandi testate giornalistiche italiane andassero a vedere per raccontare come si vive a Poggioreale a Napoli, alla Dozza a Bologna, a Piazza Lanza a Catania, a Bari, nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa o a Regina Coeli a Roma, senza fermarsi nei reparti vicini all’uscita ma andando nelle sezioni più lontane dagli occhi dei visitatori, andando nelle celle di isolamento dove capita di incontrare giovani denudati lasciati soli in celle lisce, ossia disadorne e pericolosamente insonorizzate. Noi siamo disponibili ad accompagnarli. Vorremmo che il Parlamento italiano dedicasse tempo alla questione carceraria, che trovasse la via legislativa per far sì che in galera non ci sia una persona in più rispetto ai posti letto a disposizione. Noi abbiamo una ricetta pronta e condivisa da tante organizzazioni: ridurre gli ingressi inutili, vessatori e costosi di consumatori di droghe e immigrati irregolari, non penalizzare i plurirecidvi, rendere effettivamente eccezionale l’uso (oggi abusato) della custodia cautelare, adottare liste di attesa in modo che una persona (salvo casi di accertata pericolosità) non entri in galera se non c’è posto, rivitalizzare le misure alternative alla detenzione. Dentro le carceri chiediamo che siano adottate regole standardizzate di vita finalizzate alla reintegrazione sociale e non alla mera punizione corporale, che siano introdotti meccanismi ispettivi di controllo dei luoghi di detenzione, che siano previste sanzioni penali per chi maltratta o addirittura tortura. In tempi di crisi economica nel nostro mondo neo-liberale la ricetta è la solita: tagliare i diritti. Attenzione! Nelle prigioni italiane la soglia della inumanità è stata già ampiamente superata. Detenuti e operatori penitenziari sono allo stremo. Ora la palla passa al Parlamento e al ministero della Giustizia. La nostra ricetta potrebbe essere il contenuto di una iniziativa legislativa del Governo. Se ciò non fosse chiediamo almeno che divenga il contenuto di una iniziativa legislativa congiunta di tutta l’opposizione.
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