Cile, I movimenti: vada via il ministro degli interni

Arrestato un ufficiale di polizia, accusato di aver sparato e ucciso un adolescente durante le manifestazioni popolari

Arrestato un ufficiale di polizia, accusato di aver sparato e ucciso un adolescente durante le manifestazioni popolari

 In Cile, il sergente dei carabineros Miguel Millacura è stato arrestato con l’accusa di aver ucciso l’adolescente Manuel Gutierrez, la settimana scorsa, durante le manifestazioni di protesta che durano da maggio. Altri quattro poliziotti che erano di pattuglia con Millacura sono stati sospesi dal servizio. Il presidente-imprenditore Sebastiàn Piñera, che inizialmente aveva negato le responsabilità della polizia, prova così a gettare acqua sul fuoco di un conflitto sociale a cui ha sempre risposto con la forza. «Non basta allontanare dal loro incarico alcuni poliziotti, bisogna assumersi una responsabilità politica, perché non si tratta di casi isolati ma di una politica istituzionale», ha però ribattuto ieri la leader del movimento studentesco Camila Vallejo.

La federazione degli studenti universitari chiede le dimissioni del ministro dell’interno, Rodrigo Hinzpeter, uno dei più vicini al presidente, che inizialmente aveva escluso la possibilità di un’indagine interna per l’omicidio del giovane. Per i movimenti popolari, Hinzpeter è responsabile di una repressione che, «ricorda quella del dittatore Agusto Pinochet». Lunedì, durante una delle manifestazioni spontanee che ormai si susseguono quasi tutti i giorni, sono stati arrestati altri venti giovani, che si aggiungono a quelli fermati (1.400) durante l’ultimo sciopero generale di 48 ore indetto dalla Centrale unitaria dei lavoratori (Cut). «Un ministro dell’Interno deve vegliare sull’ordine pubblico, ma risalire a una responsabilità politica, non ha molto fondamento», ha dichiarato invece il portavoce del governo, Andrès Chadwick.
Dopo la grande dimostrazione di piazza che la settimana scorsa ha interessato oltre 600.000 persone, Piñera ha dapprima definito lo sciopero «illegale e ingiustificato», poi ha cercato la trattativa: «È arrivato il momento di sederci intorno a un tavolo, in un clima di pace e non di conflitto – ha detto – Convoco tutti, studenti, genitori, docenti e rettori per avviare un dialogo alla Moneda e al Congresso, è questo che la maggioranza dei cileni si aspetta ed esige da noi».
Secondo i sondaggi, che danno in caduta libera la popolarità del presidente-miliardario, oltre l’80% dei cileni appoggia le proteste degli studenti. I movimenti reclamano riforme di struttura: in primo luogo un’Assemblea costituente che vari una costituzione a tutela dei diritti economici, ambientali e politici. Attualmente è sempre in vigore quella imposta con la frode dalla dittatura di Augusto Pinochet, che oppresse il paese dal 1973 al ’90. Il Cile – principale produttore mondiale di rame – è in crescita economica, ma solo il 20% dei cileni possiede il 54,5% della ricchezza. Per tre volte, i movimenti hanno rifiutato l’offerta del governo, ritenendola «insufficiente». Ieri, hanno accettato di andare a vedere le carte di Piñera, presentando una piattaforma in 12 punti. Per loro, essere chiamati al tavolo della trattativa significa incassare una prima vittoria, «ma è solo un primo contatto», dicono. E la mobilitazione continua. Prossimo appuntamto, l’11 settembre, anniversario del golpe pinochettista del 1973.

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