Brodskij ,Genio ragazzino immune al potere

   Che lo si voglia o meno, Brodskij resta senz’altro il più grande poeta russo della seconda metà  del Ventesimo secolo. Se Stalin aveva acclamato Majakovskij come il più grande poeta sovietico, fu proprio grazie alla sua avversione per il potere sovietico, che gli procurò l’esilio in un villaggio dell’estremo nord della Russia, che Brodskij ebbe l’opportunità  di diventare un genio.

   Che lo si voglia o meno, Brodskij resta senz’altro il più grande poeta russo della seconda metà  del Ventesimo secolo. Se Stalin aveva acclamato Majakovskij come il più grande poeta sovietico, fu proprio grazie alla sua avversione per il potere sovietico, che gli procurò l’esilio in un villaggio dell’estremo nord della Russia, che Brodskij ebbe l’opportunità  di diventare un genio. L´intellighenzia liberale degli anni Sessanta lo vide dapprima come un martire, ma approfondendo la conoscenza della sua poesia, ne scoprì poi la forza del talento. «Anche se a malincuore, non si può non riconoscere il suo genio», confessò una volta in una conversazione privata Bella Akhmadulina, uno degli astri poetici dell´epoca del disgelo kruscioviano. A differenza di un´intera pleiade di poeti suoi contemporanei, Iosif Brodskij mostrò un´autentica incondizionata libertà nei confronti del potere, ma anche della cultura internazionale, cantando, come fece Cechov, il dramma esistenziale della vita umana, senza temerne le intrinseche contraddizioni.
Genio prematuramente scomparso – oggi avrebbe avuto settant´anni – ci sollecita a indagare tutti gli aspetti della sua vita e della sua opera. Così scopriamo che affollava i manoscritti dei suoi versi e i suoi taccuini con una moltitudine di brillanti e deliziosi disegni. Una mostra di disegni a penna, allestita a San Pietroburgo nella sede della Biblioteca nazionale, avvicina inevitabilmente Brodskij al più grande maestro della poesia russa, Aleksandr Pushkin. Esaminando i lavori, si ha l´impressione che in entrambi i poeti le rime scaturiscano insieme coi disegni e che disegni e immagini poetiche si combinino e si completino a vicenda. Tuttavia, mentre Pushkin ritrae di preferenza testoline e spalle di incantevoli dame, Brodskij sembra prediligere i gatti, suoi animali diletti, e nei suoi disegni le dame sono assenti. Entrambi si dedicano a tratteggiare il proprio autoritratto: Pushkin di profilo, Brodskij en face. E il volto di Brodskij, simile a quello di un patrizio romano, si distingue per la sua nobiltà. Quanto ai temi politici, nelle pagine dei manoscritti di Pushkin scorgiamo i ritratti di alcuni amici impiccati, eroi del moto decabrista del 1825, mentre in quelle di Brodskij ritroviamo un´autentica caricatura del busto di Lenin. Tali busti ai tempi dell´Unione Sovietica erano disseminati ovunque nei palazzi pubblici.
Brodskij, i cui versi sono indubitabilmente filosofici, ritrae nei suoi disegni minuti dettagli di vita quotidiana: tavoli, stoviglie, suppellettili. Quest´amore per i semplici oggetti della sfera più intima lo distingue radicalmente da un altro poeta, Vladimir Majakovskij, valente caricaturista e appassionato propagandista politico, che ritraeva immagini di capitalisti in cilindro, vittime di trionfanti combattenti rossi pronti a conficcare la punta delle loro baionette nel grasso ventre dei nemici di classe. Persino durante la deportazione, confinato dal potere per un anno e mezzo nella provincia di Archangelsk, Brodskij si appassionò alla scoperta della vita rustica: era giovane, tutto lo incuriosiva e aveva tutta la vita dinanzi a sé.
Lo rammento a Mosca, appena tornato dal confino, giovane, bello, la chioma fulva, l´aria un po´ altera, mentre attraversavamo in taxi la città notturna, che borbottava sottovoce. Mi voltai a guardarlo. «Non è nulla… – disse – Sto componendo», quasi a giustificarsi, stranamente timido. Ecco che nella fisiologia compositiva, quel suo borbottio notturno, quei disegni sui fogli e nelle raccolte samizdat da lui stesso prodotte, decorati dall´estro della sua fantasia, appaiono come un trampolino nel mondo della sua poesia, che di anno in anno diveniva sempre più matura e raffinata.
Della poesia di Brodskij quello che amo di più è il periodo leningradese, al quale si riferiscono anche i disegni dei manoscritti. Sarà Brodskij stesso a rievocare una volta in America, con una nostalgia insolita per un poeta caduto in disgrazia, quel periodo della sua vita, quando viveva in una stanzetta di dieci metri quadri in una kommunalka e frequentava la grande Anna Achmatova, immergendosi nella scoperta della poesia di lingua inglese e prediligendo fra tutti Auden. Non saprei dire che cosa disegnasse quando viveva a New York e viaggiava per la sua amata Italia. Forse, ormai non disegnava quasi più. Era diventato importante; il volto da quello di un patrizio si era trasformato in quello di un imperatore della poesia russa. Era stato insignito del Nobel. Per i disegni gli restava sempre meno tempo. Si dedicava alla stesura di ampi saggi e all´insegnamento e quelle occupazioni fagocitavano il suo tempo. Ma ricordando Brodskij, mentre osservo i suoi disegni, non faccio che ripensare al temerario ragazzo dalla testa fulva, che scoprendo dentro di sé il giovane vino della poesia, ne adornava le etichette con le sue ridenti immagini.
Traduzione di Nadia Cigognini

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