LONDRA. Facce stanche. Il giudice sullo scranno più alto, i cancellieri addetti ai verbali appena sotto, la pubblica accusa e la difesa di fronte, allo stesso tavolo. Aula 3 del tribunale distrettuale della City of Westminster, il centro di Londra: qui si fanno gli straordinari per processare le persone arrestate durante i quattro giorni di disordini nelle strade di Londra. Avanti un altro: da una porticina viene fatto entrare un uomo sulla trentina, maglietta azzurra, aria un po’ stralunata, isolato in una sorta di gabbia di pannelli trasparenti. «L’avvertiamo: se si dichiara colpevole potrà sperare in una riduzione della pena. Capito bene?»
LONDRA. Facce stanche. Il giudice sullo scranno più alto, i cancellieri addetti ai verbali appena sotto, la pubblica accusa e la difesa di fronte, allo stesso tavolo. Aula 3 del tribunale distrettuale della City of Westminster, il centro di Londra: qui si fanno gli straordinari per processare le persone arrestate durante i quattro giorni di disordini nelle strade di Londra. Avanti un altro: da una porticina viene fatto entrare un uomo sulla trentina, maglietta azzurra, aria un po’ stralunata, isolato in una sorta di gabbia di pannelli trasparenti. «L’avvertiamo: se si dichiara colpevole potrà sperare in una riduzione della pena. Capito bene?»
Ha capito. L’accusatrice legge la testimonianza della polizia: l’uomo è accusato di aver rubato una borsetta, valore sul centinaio di sterline, con l’aggravante di irruzione e scasso. Si dichiara colpevole? Sì. Comincia allora un dialogo tra giudice, accusa e difesa. Era sotto l’effetto di droghe? Le due avvocate consultano le carte, se le scambiano, concordano: no, ma era sbronzo. È irlandese. Disoccupato. Già noto per questioni di alcool. Viene consultato solo quando si tratta di optare per un trattamento di disintossicazione alcoolica, che accetta. Allora il giudice sentenzia: in stato di fermo fino al 31 agosto, poi il tribunale deciderà dove metterlo. Il processo è concluso, ed è durato meno di un quarto d’ora: pochi minuti per aggiornare i verbali e avanti il prossimo.
La calma è tornata nelle strade di Londra, già da alcuni giorni, e ormai anche delle altre città travolte dall’ondata di rabbia che va sotto il nome di riot – disordine, rivolta, violenza. Ora bisogna «fare giustizia»: da tre giorni scene simili a quella descritta si susseguono nei tribunali distrettuali di tutta Londra, di Manchester, Birmingham, nelle città coinvolte. A volte fuori dalle aule ci sono parenti, genitori. Ci sono cronisti e fotografi che inseguono e torturano i parenti con foto e domande. I giornali sono pieni di storie: la madre che ha consegnato di persona il figlio adolescente alla polizia, quando l’ha visto in un telegiornale che usciva da un negozio in fiamme con le braccia piene. La testimonial olimpica, una ragazzina che scoppia in lacrime e dice «è stato un momento di follia» – i tabloid ci sguazzano.
Disoccupati e benestanti
A ben guardare, esce uno spaccato sconcertante dei protagonisti dei disordini: ragazzini, giovani adulti; drop-out scolastici ma anche ragazzi di famiglie benestanti, disoccupati ma anche persone con un lavoro. Bianchi e non. Soprattutto maschi, certo, e di età prevalente tra 18 e 24 anni; ma le oltre 1.300 persone arrestate a Londra, e circa 2.500 in tutto il Regno unito, non offrono un profilo sociale semplificato: ci sarà di che ragionare.
In tribunale però non c’è molto tempo: circa 800 processi sono stati celebrati tra giovedì e venerdì, giorno e notte; alcuni tribunali (a Londra, Manchester e Birmingham) hanno continuato ieri e lavoreranno oggi. E questa «giustizia lampo» preoccupa alcune associazioni di legali: troppo veloce l’esame delle prove e delle circostanze, alto il rischio di sentenze ingiuste. Sono voci minoritarie però. Un comunicato del Crown Prosecution Service, il servizio della pubblica accusa, dice che bisogna fare in fretta perché «il pubblico» (i cittadini) vogliono vedere che la giustizia affonta «un livello di illegalità davvero straordinario». Insomma: i cittadini vogliono vedere i criminali alla sbarra. E condanne esemplari. Del resto, il premier David Cameron l’aveva dichiarato già giorni fa, quando ancora gli incendi divampavano a Tottenham, Croydon, Hackney: «Siete abbastanza grandi per fare ciò che avete fatto, siete abbastanza grandi per pagarne le conseguenze».
Le foto sul megaschermo
Ora arriva la vendetta. A Birmingham i megaschermi del centro mostrano le foto prese dalle telecamere di sicurezza, la polizia chiede ai cittadini di farsi avanti se riconoscono qualcuno. Lo stesso appello è ripetuto in spot e avvisi sparsi per Londra: aiutate a identificare i criminali. La petizione popolare che chiede di togliere i benefici del welfare ai colpevoli dei riots è stata anticipata dal governo stesso – il premier David Cameron si è detto del tutto favorevole a togliere le case di edilizia popolare ai responsabili di atti di teppismo e saccheggio, e le loro famiglie. La cosa spetta ai consigli municipali: e diversi Council, a Londra e altrove, hanno già annunciato l’intenzione di ordinare gli sfratti. Il municipio di Wandsworth, nella Londra sud, è stato il primo ad avviare un procedimento per cacciare la madre di un «riottoso» (ma ci vorrà la convalida di un giudice). «Troppo a lungo siampo stati tolleranti verso gente che saccheggia e devasta le nostre comunità: chi lo fa deve perdere il diritto all’affitto sovvenzionato», ha dichiarato Cameron.
«È ignobile. Fa tutto questo per compiacere una middle class spaventata e risalire nei sondaggi», commenta Pamela, studentessa di Londra sud, origine afro-caraibica. «La “giustizia lampo” finisce per essere grossolana e ingiusta, e in ogni caso riempire le galere di ragazzi non è la risposta», aggiunge Mark Wadsworth, direttore del sito The-Latest.com e attivista nero: «La prigione è l’università del crimine. Nelle zone emarginate la galera è un segno di onore, chi c’è stato diventa una sorta di eroe. Tutto questo è solo una vigliacca concessione alle paure della classe media, per lo più bianca, che vuole punizioni esemplari, legge e ordine, più polizia nelle strade». E insiste: i saccheggi hanno permesso di scatenare una campagna di legge e ordine e perdere di vista le cause di tanta rabbia.
Gli arresti non basteranno
Sembra paradossale, ma dal lato delle autorità una sola voce si è levata a dire che gli arresti non basteranno a pacificare la società britannica: è quella di Bill Bratton, il super-poliziotto statunitense chiamato dal governo Cameron come consigliere speciale sulle questioni dellla criminalità. Ex capo della polizia di New York, Bratton è anche l’uomo a cui viene accreditato di aver riportato l’ordine a Los Angeles dopo i riots del 1992. «Non puoi risolvere il problema a colpi di arresti», ha detto in una intervista alla tv americana Abc: «Puoi arrestare i più violenti, recidivi, ma poi bisogna trovare altri modo di affrontare la cosa e non è un problema di polizia, è una questione sociale».
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