Saranno i corpi, le persone, la fisicità  del sudore e del profumo del sole sulla pelle a chiudere il decennale di Genova. Il tempo sarà  clemente, il sole non dovrebbe mancare, nelle ultime ore si vedono più persone per le strade e i carruggi sotto la Lanterna. Forse molti saranno in viaggio sabato mattina. E tanti, per i casi della vita o per precisa scelta, seguiranno da casa (qui se volete ascoltare la diretta).  C'è serenità , come la giusta tensione e preoccupazione pre-manifestazione, specie per un corteo che torna a calcare le strade della memoria. Piazza Caricamento, fin dalla vigilia, è un insieme di ponteggi, di operai e tecnici che costruiscono il palco del concerto, allestiscono i punti ristoro. Quello che accadrà  lo scriveremo in cronaca. ">

Uscire in mare, Genova 2011


Saranno i corpi, le persone, la fisicità  del sudore e del profumo del sole sulla pelle a chiudere il decennale di Genova. Il tempo sarà  clemente, il sole non dovrebbe mancare, nelle ultime ore si vedono più persone per le strade e i carruggi sotto la Lanterna. Forse molti saranno in viaggio sabato mattina. E tanti, per i casi della vita o per precisa scelta, seguiranno da casa (qui se volete ascoltare la diretta).  C’è serenità , come la giusta tensione e preoccupazione pre-manifestazione, specie per un corteo che torna a calcare le strade della memoria. Piazza Caricamento, fin dalla vigilia, è un insieme di ponteggi, di operai e tecnici che costruiscono il palco del concerto, allestiscono i punti ristoro. Quello che accadrà  lo scriveremo in cronaca.


Saranno i corpi, le persone, la fisicità  del sudore e del profumo del sole sulla pelle a chiudere il decennale di Genova. Il tempo sarà  clemente, il sole non dovrebbe mancare, nelle ultime ore si vedono più persone per le strade e i carruggi sotto la Lanterna. Forse molti saranno in viaggio sabato mattina. E tanti, per i casi della vita o per precisa scelta, seguiranno da casa (qui se volete ascoltare la diretta).  C’è serenità , come la giusta tensione e preoccupazione pre-manifestazione, specie per un corteo che torna a calcare le strade della memoria. Piazza Caricamento, fin dalla vigilia, è un insieme di ponteggi, di operai e tecnici che costruiscono il palco del concerto, allestiscono i punti ristoro. Quello che accadrà  lo scriveremo in cronaca.

Il decennale genovese si chiude con tutto il carico di significato che può avere un anniversario così ‘tondo’. Dieci anni sono tanti, anche se per le vie della repressione, o guardando Punta Vagno luogo della proposta e del dibattito del Social Forum, paiono un battito di ciglia. I processi, i rischi prescrizione, i processi mai nati, le responsabilità, i dubbi e qualche mistero. Non spariranno, alla fine di questo decennale. E rimarranno un’urgenza per chi fa informazione.

Ma dieci anni sono anche un buon tempo per dire che c’è bisogno di un nuovo principio, e per domandarsi se davvero è tempo di respirare il vento per nuove rotte che partano proprio da questo porto. Genova come seme, abbiamo sostenuto sul nostro mensile, che da Genova è trasportato a germogliare in ogni luogo. Non è una novità, a livello internazionale. L’America latina racconta, in dieci anni di elezioni e presidenti vicini o sensibili, se non addirittura coinvolti nella nuova società in movimento, che non c’è un ostacolo insuperabile nelle forme della politica, fra movimenti e partiti, quando gli obiettivi sono condivisi, quando la ricerca è quella di una alternativa possibile e realizzabile. La stessa penetrazione del Forum Globale in Asia, in Africa, in India e l’intenzione di andare nel Maghreb ci parlano di un’energia ancora accesa, non stanca, che si sta sperimentando su nuove latitudini.

Spesso l’Italia, l’Europa, a guardare da fuori, sembrano territori anestetizzati, indolenti, incapaci di una reazione a un sistema, quello neo-liberista che trova nella figura del vampiro una adeguata metafora, in un continuo gioco al rialzo del profitto e della virtualità di una finanza speculativa che non si fa scrupolo di aumentare povertà, fame, crisi delle classi medie, mancata redistribuzione, abbruttimento culturale. Quel progetto, lo hanno spiegato bene gli avvocati internazionali nel convegno organizzato da Gilberto Pagani qui a Genova, è scritto in maniera programmatica. la crisi non è un accadimento eccezionale, ma un effetto fortemente voluto. E la repressione, la continua sottrazione di diritti e di agibilità nel protestare, il livello troppo spesso spettacolare e scandalistico dell’informazione, sono degli strumenti che vengono affinati. Nulla accade per caso.

Gli appuntamenti che hanno punteggiato Genova nel decennale di quel G8 hanno ben rappresentato una tensione equilibrata fra la memoria e il tentativo di riprendere i fili spezzati. Nel mezzo ci sono dieci anni dove la parola ‘carsicità’ per i singoli spezzoni di movimenti sociali ha tenuto banco. Ma l’appuntamento referendario, la nuova partecipazione sul tema dei beni comuni e della partecipazione sono un segnale che si coniuga con una consapevolezza meno potente di allora, ma comunque forte di esperienze che si stratificano. E quella crisi sociale provocata dalla finanza sta spingendo sull’acceleratore sociale. Da Atene a Madrid, le recenti lotte che hanno ripreso a bruciare in Valsusa, una coscienza ambientalista che si radica, mentre l’evidenza dei risultati delle guerre asimmetriche deve essere ammessa come una sconfitta da quegli stessi Stati e classi dominanti che le hanno supportate con grande propaganda.

La Rete, che già aveva avuto un ruolo importante, oggi è strumento ancora più veloce e potente, nel suo essere ‘social’, specie se tornano i corpi e non il ‘mi piace’. I fatti recenti hanno visto una complementarietà di presenza e viralità del messaggio. C’è, volenti o nolenti – è un fatto – uno scavallo generazionale, anche nell’affrontare il come, oltre al cosa. E una tremenda tentazione che sta insegnando il movimento degli indignados spagnoli, quando ti rispondono che non hanno leader, ma portavoce. Che decidono per consenso, che cercano di unire lotte trasversali. È una questione di consapevolezza che si forma solo quando l’informazione – di chi la fa e di chi si mette in relazione – è davvero tale.

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