Simonetta e i poliziotti

DEMOCRAZIA KM ZERO
  La quantità  di video che circola in rete sta facendo filtrare la verità  sulla Val Susa. I media, i tg, non si rendono conto che la loro superfluità  cresce a ritmo galoppante. Perché resoconti, immagini e video – ancor più di quel che accadde dopo Genova – i cittadini li producono, distribuscono e discutono tra di loro.

DEMOCRAZIA KM ZERO
  La quantità  di video che circola in rete sta facendo filtrare la verità  sulla Val Susa. I media, i tg, non si rendono conto che la loro superfluità  cresce a ritmo galoppante. Perché resoconti, immagini e video – ancor più di quel che accadde dopo Genova – i cittadini li producono, distribuscono e discutono tra di loro.
Prendiamo Simonetta Zandiri, valsusina. Si occupa – si capisce dalla sua pagina Facebook, non ho il piacere di conoscerla – di comunicazione digitale, e nel sito della sua azienda si legge: «Tutti sono un media». Infatti, uno dei video più emozionanti su quella giornata, per me, è il suo tentativo di dialogo con i poliziotti schierati dietro la rete, bardati e armati, tutti uguali, non-persone cui lei si rivolge, con voce chiara e tesa, per alcuni minuti (il video è su www.globalist.ch/).
Scena: la donna è ferma davanti alla rete, gesticola. Ha il baschetto e la mascherina. Molti valsusini avevano accettato il rischio di essere dipinti come «black bloc», dopo l’assalto al presidio della Maddalena. La camera si avvicina alla donna, ora si sente bene quel che dice alle facce di plexiglass: «Ci avete tirato il gas, di nuovo il CS, è vietato, in qualunque guerra è vietato, lo usate contro cittadini… ci sono donne di settant’anni, giù, non riescono a respirare, state usando delle armi pericolosissime, li state tirando in mezzo ai boschi, li tirate ad altezza d’uomo, avete ferito un ragazzo in faccia, un altro al ginocchio… Erano qua come noi a cercare di avvicinarsi a un luogo dove non avete diritto di stare perché questa non è l’area del cantiere. Che cosa avete recintato, voi, un fortino, l’avete espugnato, Asterix non c’è più, ma non avete preso il cantiere, il cantiere è là, dove ci state massacrando… Dalla parte della legalità, se ci volete stare, dovete oltrepassare questa rete, quello scudo non va girato verso di noi ma verso chi lucra su queste opere inutili, verso le aziende mafiose che vincono appalti truccati…». Arriva un sasso, un poliziotto dice qualcosa. «Fermi! – grida la donna a chi ha tirato il sasso, e ai poliziotti: «Ma visto cosa? Ci avete gasato per tre ore! Io non tiro pietre… Ma prima o poi anche voi dovrete girarvi dalla parte giusta perché l’Italia non ne può più di dover venire qua da avvelenarsi per difendere i nostri diritti, non solo la nostra terra. State stuprando la nostra democrazia, e lo fate consapevoli di farlo». La voce ora si alza: «Ma lo Stato da difendere siamo noi! Noi ci aspettiamo da quelle divise una difesa, non che ci lanciate in testa i lacrimogeni… ci sono delle vecchiette che piangono… avete massacrato mia nonna, di nuovo, e l’avete già fatto lunedì. Questo non è fare il vostro dovere, è fare una porcata coperti dalle divise». Colpi di tosse, il fumo è più denso. «… smettetela di tiragli addosso, questa gente sta cercando di andare vicino a un luogo che abbiamo presidiato per cinque settimane, ed era pacifico finché c’eravamo noi, la guerra l’avete portata voi, ma guardate, sembra di essere in Vietnam, ehi, tirami una pietra, cazzo, sparami», tossisce: «… Non lo fare, non lo fare!». L’ultimo fotogramma capta il bossolo di un lacrimogeno che rimbalza vicino a dei piedi.

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