Signornò, soldati contro le missioni farsa in città 

MILANO Trenta ribelli vanno dall’avvocato

MILANO Trenta ribelli vanno dall’avvocato

Signornò, Signore! I militari impiegati nelle strade Milano per l’operazione Strade Sicure adesso si sono stufati di vestire i panni dell’armata Brancaleone per compiacere il ministro della difesa Ignazio La Russa. Non ne possono più di giocare agli spaventapasseri per coprire l’inutile operazione di facciata con cui il ministero della difesa ha deciso di pattugliare le strade di mezza Italia. Ed è significativo il fatto che la «rivolta» stia per scoppiare proprio a Milano, la città di Giuliano Pisapia, il sindaco che per primo ha espresso più di una perplessità sull’utilizzo dei militari in città, tanto più che per ritorsione La Russa l’altro giorno ha annunciato che 350 soldati saranno spostati in 14 località di vacanze.
Si sono presentati in trenta nello studio legale Zaccaglino di via Fontana 18, di fianco al Tribunale di Milano, per denunciare la miseria operativa in cui sono costretti a prestare servizio. Sapevano che quello studio ha una specifica preparazione nel campo del diritto penale militare. Sono soldati di grande esperienza. Provengono dall’ottavo reggimento guastatori di Legnago (Vr), sono i commilitoni del primo caporal maggiore Roberto Marchini, l’ultima vittima della guerra in Afghanistan. La quarantesima. Hanno respirato la polvere a Kabul, rischiato la vita in Iraq, mangiato foglie in Somalia. Ma non sono più disposti a tacere, perché adesso si sentono abbandonati a se stessi, a far la guardia al nulla a due passi dal Duomo, da maggio fino alla fine di agosto. Per questo hanno deciso di parlare anche a nome di quei 150 soldati che non se la sono sentita di rivolgersi direttamente a uno studio legale.
I loro racconti sono desolanti. Alloggi degni dell’italietta con i buchi nelle scarpe appena uscita dalla seconda guerra mondiale: otto docce (di cui sei rotte) per 170 unità di militari di truppa, soffitti ammuffiti e bagni inguardabili. Ma questo è niente. Per spostarsi dall’ospedale militare alle postazioni assegnate, i militari sono costretti a percorrere a piedi circa 2 chilometri senza mezzi e chi vuole servirsi dell’autobus deve pagarsi il biglietto di tasca propria. Ma c’è di peggio. Perché la cosa che fa imbestialire un militare che ci crede è l’assoluta insensatezza delle missioni che sulla carta dovrebbero essere più delicate. «Non ci sono mai pervenute informazioni – si legge su una nota riservata agli avvocati dello studio Zaccaglino – da parte dei nostri superiori gerarchici riguardanti le particolarità del servizio vero e proprio che si andava a svolgere sui siti, come ad esempio sensa dirci che a breve ci sarebbe stato un cambio di console americano senza renderci noto neanche il volto di quest’autorità in modo quantomeno da poterla riconoscere nel momento in cui ci si mostrava davanti». Devono proteggere il console e non l’hanno mai visto nemmeno in fotografia. Non hanno nemmeno una cartina e non conoscono la città, non esiste briefing pre o post turno. Vengono sbattuti in mezzo alla strada come degli scappati di casa, senza sapere cosa fare.
Anche l’equipaggiamento dei soldati di La Russa è a dir poco inadeguato (e fortunatamente inservibile): un fucile mitragliatore che ha una gittata da 1,5 km e un giubbotto antiproiettile da 12 chili, in una città come Milano. Decisamente più pericolose le jeep scassate: «Ragazzi mi raccomando fate attenzione perché questo mezzo non frena», queste le rassicuranti parole con cui un maresciallo si è rivolto a un militare durante il primo giorno della missione Strade Sicure.
Acqua ce n’è col contagocce e in caso di richiesta supplementare i militari aspettano il rifornimento per più di un’ora, magari facendo la guardia di fronte a un bar. Ma l’aspetto più tragicomico riguarda l’impossibilità di utilizzare il bagno durante alcuni turni di guardia. «Fatto presente più di una volta, così veniva risposto da un comandante di plotone: Scusa ma perché tu quando sei in missione in Afghanistan come fai se devi pisciare? Piscia nella bottiglia dell’acqua che hai in dotazione e se devi cacare sali sul mezzo e falla all’interno! E giocare all’emergenza fino a farsela sotto per le strade di Milano, non tra le mine in Afghanistan, deve essere troppo, anche per persone abituate ad eseguire sempre gli ordini e a rispettare le gerarchie militari.
«Questa è la dimostrazione che la missione è solo un’operazione di immagine – spiega l’avvocato dei militati ribelli – ma questi sono ragazzi seri e non ci stanno ad essere utilizzati in questo modo».

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