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“Me l’hanno ammazzato loro devono togliergli il distintivo”

  La moglie di Ferrulli: mio marito tenuto ammanettato mentre chiedeva aiuto. Quando sono arrivata lì al più giovane ho detto: “Se Michele muore, tu farai la stessa fine. Piangerai anche tu!” 

  La moglie di Ferrulli: mio marito tenuto ammanettato mentre chiedeva aiuto. Quando sono arrivata lì al più giovane ho detto: “Se Michele muore, tu farai la stessa fine. Piangerai anche tu!” 

MILANO – Chiede che ai poliziotti intervenuti in via Varsavia, ora indagati, venga «immediatamente ritirato il distintivo, perché delle persone così non potranno mai difendere gli altri. Devono togliergli l´incarico, non sono degni di portare la divisa». Chiede agli agenti «di dire la verità e scusarsi. Siamo senza parole, la polizia ha sbagliato. Lo hanno tenuto a terra ammanettato mentre lui non respirava e chiedeva aiuto: era come un bambino che non si può difendere. Voglio giustizia, e che paghino». Caterina Mele, 45 anni, la vedova di Michele Ferrulli, che ne aveva 51, piange quando vede al telegiornale le immagini di suo marito a terra con i poliziotti che gli stanno intorno: «Lo colpiscono, vede? Gli hanno dato il colpo di grazia, una mazzata al collo. E lo hanno pestato sulla pancia… poi quando era troppo tardi gli hanno dato degli schiaffetti sul viso per rianimarlo. Questi sono poliziotti giovanissimi alle prime armi». Ieri pomeriggio Caterina e la figlia Domenica, 25 anni, mamma di due bambini, sono andate in questura in via Fatebenefratelli: «Ci hanno fatto le condoglianze e abbiamo rivisto il video insieme. Ci hanno rassicurate che verrà fatta chiarezza su quel che è successo». Via del Turchino, a casa di Michele Ferrulli.
Signora Caterina, che cosa è successo l´altra sera? Lei quando è stata avvisata?
«Mi ha citofonato un´amica che mi ha detto: “Vieni, vieni, che stanno picchiando tuo marito!”. Io sono scesa subito. Lui era disteso per terra e tutti che lo guardavano, e c´era una scatola di medicinali accanto. Un farmaco che lui non prende. Devono averle messe loro, quelle compresse».
Quando lei è arrivata, suo marito era vivo?
«No. Era a pancia in giù e con la faccia contro l´asfalto. I poliziotti hanno girato il corpo solo dopo che sono arrivata io, e l´ho guardato in viso: era tutto nero, con gli occhi chiusi. Io appena l´ho visto ho detto: “È morto”».
E cos´ha fatto?
«L´ho chiamato. “Michele! Michele!”. Era già morto, l´ho toccato, era freddo, le mani erano tutte viola. Gli ho gridato “Michele! Michele, svegliati!”. L´hanno ammazzato loro».
Non c´era l´ambulanza?
«No, è arrivata dopo e gli hanno fatto le punture. Per rianimarlo gli hanno dato l´ossigeno con la mascherina».
Cosa facevano i poliziotti?
«Erano lì, fermi, sembravano sotto choc. Il più giovane, bruno, era preoccupato, turbato. Guardava con gli occhi sbarrati il corpo di Michele. Io gli ho detto: “Se succede qualcosa, se mio marito muore, tu farai la stessa fine. Piangerai anche tu!”».
Suo marito soffriva di cuore?
«No. Prendeva solo mezza pastiglia di Plaunac 20 mg ogni mattina, per l´ipertensione. L´ultimo elettrocardiogramma sotto sforzo lo aveva fatto lo scorso febbraio all´Istituto Auxologico Italiano». (Il referto firmato dal medico specialista Dario Granata conferma: “Ottima capacità di lavoro, non aritmia, test negativo per ridotta riserva coronarica”, ndr).
Adesso che farà?
«Portiamo Michele in Puglia. Aveva detto che voleva essere sepolto al cimitero di Acquaviva delle Fonti, dove ci sono i suoi genitori, morti in un incidente stradale terribile il 25 novembre del 1983. Ma non abbiamo i soldi, vivo con soli 220 euro al mese per la mia invalidità. Facciamo una colletta, ci può aiutare il Comune?»

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