Vedo i bambini, tutti i bambini, come la risorsa più preziosa dell’umanità , perché è a loro che toccherà la cura del pianeta. Un bambino non dovrà mai essere ritenuto superiore a un altro anche nella normale conversazione figuriamoci poi nei discorsi che circolano per il globo.
Vedo i bambini, tutti i bambini, come la risorsa più preziosa dell’umanità , perché è a loro che toccherà la cura del pianeta. Un bambino non dovrà mai essere ritenuto superiore a un altro anche nella normale conversazione figuriamoci poi nei discorsi che circolano per il globo.
Come adulti non ci dobbiamo mai stancare di ripetere che il bambino arabo, il bambino musulmano, il bambino palestinese, il bambino africano, il bambino ebreo, il bambino cristiano, il bambino americano, il bambino cinese, il bambino israeliano, il bambino nativo americano, e così via, è uguale a tutti gli altri bambini del pianeta. Dobbiamo fare tutto quanto è in nostro potere per mettere fine al comportamento che induce nei bambini, ovunque, la paura.
Una volta, durante i tempi della segregazione, chiesi al mio migliore amico, nonché marito, che era il più strenuo difensore dei diritti umani dei neri che avessi mai incontrato: come hai trovato la strada che portava a noi, ai neri che avevano tanto bisogno di te? Quale forza ha plasmato la tua risposta alla grande ingiustizia che la gente di colore doveva subire allora?
Pensavo che avrebbe detto i discorsi, le marce, l’esempio di Martin Luther King Jr. o di altri del movimento che mostravano un coraggio e una grazia impressionanti. E invece no. Ripensando al passato, raccontò un episodio della sua infanzia che lo aveva avvicinato inevitabilmente alla nostra lotta.
Era un bambino quando tornava a casa dalla Yeshiva, la scuola ebraica che frequentava dopo quella regolare. Sua madre, che faceva la contabile, era ancora al lavoro; lui era solo. Spesso era tormentato dagli allievi più grandi della scuola regolare e un giorno, due di quei ragazzi, gli strapparono lo yarmulke (zucchetto) e, schernendolo, scapparono via lanciandolo oltre una recinzione. A quel punto comparvero due ragazzini neri che lo videro piangere, capirono la situazione e si misero a rincorrere i ragazzi che avevano lanciato lo yarmulke. Li inseguirono e li presero, dopo di che li costrinsero a scavalcare la recinzione, recuperare e ripulire dalla polvere lo zucchetto e poi rimetterlo rispettosamente sulla sua testa.
Sono la giustizia e il rispetto che voglio che il mondo ripulisca dalla polvere per rimetterli – senza indugio e con dolcezza – sulla testa del bambino palestinese. Saranno una giustizia e un rispetto imperfetti perché l’ingiustizia e la mancanza di rispetto sono stati così gravi. Ma io credo che facciamo bene a provarci.
È per questo che salpo.
* Dall’articolo della poetessa americana sul sito Cnn
Traduzione di Maria Baiocchi
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