EGITTO/ DOPO LA DURISSIMA REPRESSIONE NELLA PIAZZA TAHRIR IL MOVIMENTO 25 GENNAIO FISSA I NUOVI OBIETTIVI
Hillary Clinton apre ai Fratelli musulmani: considera che non sono incompatibili con gli interessi Usa
EGITTO/ DOPO LA DURISSIMA REPRESSIONE NELLA PIAZZA TAHRIR IL MOVIMENTO 25 GENNAIO FISSA I NUOVI OBIETTIVI
Hillary Clinton apre ai Fratelli musulmani: considera che non sono incompatibili con gli interessi Usa
Massiccia manifestazione per l’8 luglio, «Venerdì di martiri», e sit-in ad oltranza nella piazza Tahrir del Cairo. Ma anche processi rapidi agli ex esponenti del regime di Hosni Mubarak e risarcimenti alle famiglie dei martiri delle rivolte iniziate lo scorso 25 gennaio. Sono richieste secche, senza compromessi, quelle formulate ieri dalla «Coalizione dei giovani rivoluzionari» in risposta alla brutale repressione delle manifestazioni di martedì sera e di mercoledì da parte delle forze di sicurezza. Richieste che esortano gli egiziani a dimostrare in strada il rifiuto della normalizzazione portata avanti dal Consiglio supremo delle forze armate che controlla il paese.
Torna a muoversi anche Alessandria dove ieri centinaia di manifestanti hanno scandito slogan contro i militari oltre al nome di Khaled Said, il giovane torturato e assassinato dalla polizia un anno fa e divenuto il simbolo della rivoluzione del 25 gennaio. Proprio ieri è stata rinviata l’attesa sentenza nei confronti degli agenti di polizia accusati dell’omicidio di Said, ufficialmente per esaminare nuova documentazione. Tanti temono l’insabbiamento. «Non siamo stanchi, rivoluzione sempre» hanno urlato i manifestanti ad Alessandria per affermare lo scetticismo profondo che tanti egiziani provano nei confronti dei generali, «non più eroi» della rivoluzione. Oggi è prevista una nuova manifestazione nella città costiera.
Cauti nel caso di Khaled Said, i giudici egiziani invece sono stati rapidi nel disporre il rinvio a giudizio di 45 persone coinvolte negli ultimi scontri in piazza Tahrir. Prende tempo invece la corte d’appello del Cairo che ieri ha deciso di rinviare al 21 luglio la decisione sul ricorso presentato alla sentenza che stabilisce l’eliminazione del nome dell’ex presidente Mubarak e della moglie Suzanne da tutti i luoghi pubblici e istituzionali. Mentre i giudici comunicavano la loro decisione, centinaia di fedelissimi dell’ex raìs, in ospedale a Sharm el Sheikh, inscenavano una manifestazione davanti al tribunale, nei pressi del palazzo presidenziale di Abdin. Alcune settimane fa un avvocato aveva chiesto di sostituire i nomi di Mubarak e dei suoi famigliari con quelli degli oltre 800 dimostranti uccisi dalla polizia durante la rivolta (numerose piazze, strade e circa 500 scuole pubbliche sono intitolate a Mubarak, alla moglie e al figlio Gamal).
In una giornata densa di cronaca giudiziaria, con forti tensioni nelle strade, è passata senza far rumore la conferma da parte del segretario di stato Usa, Hillary Clinton, che gli Stati uniti riprenderanno i contatti con i Fratelli musulmani egiziani. La notizia è di eccezionale importanza perchè indica che l’attuale amministrazione (come con i taleban in Afghanistan) intende sdoganare il movimento islamista egiziano e riconoscere il ruolo di primo piano che questa forza svolgerà nel futuro del paese. Washington dopo la caduta di Mubarak ha capito che i Fratelli musulmani, alleati dietro le quinte del Consiglio supremo delle forze armate, non metteranno in discussione gli interessi strategici Usa in Egitto e nella regione mediorientale e rispetteranno gli accordi di pace con Israele. Offrono agli americani più garanzie delle formazioni laiche e progressiste che in questi mesi hanno criticato molto le strette relazioni Cairo-Washington-Tel Aviv. E’ interesse Usa avere contatti con questa forza politica, ha spiegato Clinton pur ridimensionando la portata dei contatti. Da parte loro i Fratelli musulmani fanno sapere di non aver avuto per ora alcun nuovo segnale dagli Usa ma di non avere nulla in contrario.
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