MILANO «Tra pochi giorni compio 60 anni. Il bilancio si fa in fretta: non ho combinato un cazzo. A parte i danni» . Tra questi la partecipazione agli omicidi del militante missino Enrico Pedenovi nel 76 e del brigadiere Giuseppe Ciotta nel 77, per i quali sarebbe poi stato condannato a soli 27 anni anziché all’ergastolo in quanto «non irriducibile» .
MILANO «Tra pochi giorni compio 60 anni. Il bilancio si fa in fretta: non ho combinato un cazzo. A parte i danni» . Tra questi la partecipazione agli omicidi del militante missino Enrico Pedenovi nel 76 e del brigadiere Giuseppe Ciotta nel 77, per i quali sarebbe poi stato condannato a soli 27 anni anziché all’ergastolo in quanto «non irriducibile» .
È Enrico Galmozzi, oggi grossista di scatole per gioielli a Milano nonché scrittore di libri sull’impresa fiumana di D’Annunzio, ma negli anni di Piombo fondatore di Prima Linea con quel Sergio Segio attuale braccio destro di don Ciotti, e quel Sergio D’Elia divenuto poi parlamentare, o quel Roberto Sandalo che invece fu riarrestato tre anni fa, o tanti altri ancora.
Ieri il suo bilancio («esistenziale — ha precisato poi al telefono — non politico» ) lo ha messo su Facebook preceduto da un clip col monologo finale di Blade Runner e il risultato è una rasoiata più profonda di un trattato sociologico. «Ho vissuto — scrive il quasi sessantenne Galmozzi — come nel primo tempo di un cattivo film d’azione: spari, bombe, inseguimenti senza uno stralcio di sceneggiatura. Speravo che il secondo tempo e magari un bel finale riscattassero il tutto e invece è seguito un film minimalista di quelli in cui non succede nulla. E il tutto non è neppure originale: incarno perfettamente il tipo medio di quella parte della mia generazione che ha assommato la rovina pubblica a quella privata. Studi interrotti, carriere professionali troncate o mai iniziate, progetti mai portati a termine, edificazione di profili incerti di soggetti senza arte né parte ai quali i più sagaci di noi hanno pure trovato un nome accattivante: cognitariato. Praticamente chiunque non sappia fare un cazzo rientra nella categoria del cognitaro. In questo siamo sempre stati imbattibili: trovare nomi irresistibili per le minchiate che spariamo» .
Il primo commento in assoluto dalla rete gli arriva meno di un’ora dopo: «Non mi piace» . Firmato Bruno La Ronga, un vecchio amico processato a sua volta per l’omicidio Pedenovi, ergastolo in primo grado, 29 anni in Cassazione. Maria Meriggi, docente di storia, interviene per distinguere: «D’Accordo il sarcasmo sul cognitariato, ma i bilanci sono difficili…» . Non è d’accordo invece Alessandra Colla: «A me il cognitariato sembra la cifra della nostra generazione impegnata e idealista…» . La Ronga riprende rivolgendosi a Galmozzi col soprannome di un tempo: «Kid, ti ho visto pensare, fare, dire cose eccellentissime. Non siamo al secondo tempo, questo è il timebreak e tu a 60 anni sembri un adolescente impaziente, mettiamoci al lavoro, un Vate — gli dice puntando sulla passione dannunziana dell’amico— non si svaluta!» .
Galmozzi però è già oltre, non parla più di sé ma esplicitamente al plurale: «Abbiamo fatto figli — scrive — solitamente col partner sbagliato. E i più di noi si aggrappano a loro per dare un senso a questo deserto, caricandoli di aspettative. Ma poi i figli crescono, si trasferiscono e manco ci telefonano più. Come è giusto. E del resto mette conto di dire che razza di figli siamo stati noi, io ricordo che mio padre mi guardava e non capiva… O forse aveva capito tutto…» .
Prosegue: «Siamo passati attraverso immani disastri convinti di avere sempre ragione, avendo avuto invece sempre torto. Ma, tanto, da quegli inarrivabili affabulatori che siamo sempre stati riusciremo a trovare qualcosa di eroico anche in questo. Abbiamo passato la vita a parlare di cose di cui non sapevamo un cazzo. Da domani non chiedetemi più pareri su cose per le quali nutro ormai solo indifferenza. Sarà il mio piccolo contributo recato nella direzione di ciò che tutti noi dovremmo veramente fare: dileguarci» .
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