«È una lotta per il bene comune»

I COMITATI
 «La responsabilità  di quanto accaduto domenica è di chi continua a voler imporre con la violenza e la prepotenza le sue decisioni. Di chi rifiuta il dialogo, di chi non riconosce nemmeno le istituzioni, figuriamoci il movimento». Lele Rizzo, una delle anime del popolo No Tav non ha dubbi.

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 «La responsabilità  di quanto accaduto domenica è di chi continua a voler imporre con la violenza e la prepotenza le sue decisioni. Di chi rifiuta il dialogo, di chi non riconosce nemmeno le istituzioni, figuriamoci il movimento». Lele Rizzo, una delle anime del popolo No Tav non ha dubbi.
Lo dice forte e chiaro: «Lo stato, i ministri, perfino il presidente della repubblica hanno affrontato la questione della Torino-Lione con un’ottica bellica. Non hanno mai accettato il confronto, il dialogo anche molto acceso. Hanno sempre preferito lo scontro fisico. Hanno militarizzato questa valle – aggiunge – sono anni che gli abitanti della val Susa sono costretti a convivere con militari, polizia, blindati». Ma la gente della valle, l’ha dimostrato più volte in questi anni, e ancora domenica. Non ci sta. La val Susa non ci sta e non solo perché «la Torino-Lione devasterebbe il nostro territorio – dice Ermelinda dei comitati popolari No Tav di Bussoleno – Questa è una lotta per la difesa di un bene comune». È con questa consapevolezza che i valligiani ribadiscono che loro non cesseranno di lottare. «I tavoli che sono stati istituiti dal governo – dice Ermelinda – continuano a non riconoscere nemmeno l’autorità della Comunità Montana. E allora chi è il violento? chi è che rifiuta il dialogo?».
La gente della valle non sopporta la militarizzazione del suo territorio. I valsusini domenica hanno partecipato in massa all’assedio al cantiere imposto con la forza e difeso dalle forze dell’ordine. «Assedio – dice ancora Ermelinda – era la parola d’ordine di questa giornata. E assedio è stato. Io con un gruppo di donne della valle – racconta – ero a Giaione. Quando i ragazzi della valle, i nostri figli, hanno cominciato a cercare di aprire dei varchi nelle reti che circondano il cantiere, abbiamo applaudito e sostenuto questi tentativi». I giovani feriti sono stati portati ai punti di pronto soccorso allestiti dai valsusini e curati dalla gente del posto. Che non ha mai abbandonato le zone delle manifestazioni.
«Ci aspettavamo – dice Ermelinda – le strumentalizzazioni della stampa di stato. Ma certo che al peggio non c’è mai fine». Le fa eco Lele Rizzo sottolineando che «abbiamo anche scoperto dalle cronache dei giornali che sono ricomparsi i black block».
Che succede adesso? La valle non mollerà. Ma non mollerà soprattutto perché sa di essere nel giusto. Che questa battaglia è una battaglia che va al di là dei confini della val Susa. È una battaglia contro il sopruso, la prepotenza e la violenza.
«Noi – dice Ermelinda – non ce ne andremo. Siamo preoccupati per la repressione che potrà esserci anche in futuro, viste le dichiarazioni dei politici di destra e sinistra. Ma non siamo disposti a prenderci le accuse di eversione. Eversivo – insiste – è questo stato che sta imponendo con la forza un’opera che tutti sanno non servirà a far crescere il paese. Tutti sanno che i soldi non ci sono».

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