Le guerre del soldato Mortola

GENOVA + 10
 Gli indizi, impossibile non notarli. A guardare uno qualunque dei film che spezzano il fiato – anche a chi c’era – con l’urto delle immagini di poliziotti-picchiatori (Valerio Onida dixit), inevitabilmente si nota un gruppo di bandiere bianche e rosse, che sbanda, si sposta, ma si tiene compatto, morso ai fianchi da manganelli e calci e pugni e nubi di gas CS. Sono i No Tav della Val Susa, a Genova nel 2001 non ancora così famosi.
 Anzi, dicono loro stessi oggi, fu la prima volta che andammo a una manifestazione internazionale e la prima in cui usammo la bandiera ormai celebre (quella che molti propongono di “adottare”, di esporre ovunque). Nella bella mostra del decennale, c’è sempre una piccola folla davanti ai video che documentano gli ultimi eventi alla Maddalena di Chiomonte. In piazza Alimonda, due giorni fa, un piccolissimo bambino biondo tenuto in braccio dalla giovane mamma aveva una maglietta azzurra con la scritta «No Tav», e tutti quelli che la notavano sorridevano. Una ragazza veniva via dalla piazza, sullo zaino un fazzoletto No Tav. All’incontro di Democrazia km zero sulla «democrazia insorgente» parla Claudio Giorno, tra i fondatori del movimento valsusino, e la sera, nella stessa sala, in una affollata assemblea promossa da Rifondazione, parla Simonetta, altra No Tav, e il lungo applauso che la accoglie è intenzionale.
Al corteo di sabato i No Tav saranno pregati di accomodarsi in testa, come a dire «siete tutti noi». E dalla valle arriva un messaggio del movimento valsusino: «Abbiamo capito – scrivono vincendo il naturale fastidio per l’enfasi – che la Valle di Susa è ovunque». Infatti il presunto cantiere della Maddalena è diventato un avamposto afghano, sui cui spalti vigilano gli alpini del battaglione Taurinense, proprio come nel 2001 i carabinieri del battaglione Tuscania trasformarono corso Torino e dintorni, a Genova, in un sobborgo di Mogadiscio, città  in guerra dalla quale provenivano. E il gas CS, inaugurato con successo nel 2001 espugnando i polmoni dei sovversivi, è stato riesumato dai magazzini – scaduto come uno yogurt vecchio di un anno – per dare l’assalto al respiro di anziani, bambini, giovani e meno giovani montanari riottosi e nemici del progresso. Claudio scherza: se dichiarano la Maddalena zona militare dovranno smettere di usare il CS, gas proibito in guerra dalle convenzioni internazionali. E ancora: a capo della polizia ferroviaria di Torino e provincia una mano sapiente (sempre De Gennaro?) ha collocato Spartaco Mortola, capo della Digos genovese nel 2001 e incursore alla Diaz, condannato in secondo grado per la macelleria messicana e per aver indotto a mentire il suo questore insieme al citato De Gennaro: si dice che diventerà  presto, il Mortola, il questore-ombra della città  sotto la cui giurisdizione cade la Val di Susa.
Si potrebbe tracciare una linea retta dalle piazze della Genova di dieci anni fa ai sentieri nei boschi sopra La Maddalena di Chiomonte di oggi. E non si tratta solo del fatto che le “lotte” si assomigliano tutte. Più precisamente, il movimento del 2001 consegnò una novità  assoluta al secolo appena nato: la resistenza contro ciò che la narrazione dominante chiama “sviluppo”, contro la religione della crescita e il commercio senza regole delle merci e dei capitali. In nome di una vita degna per tutti, cioè di una economia a misura della società , e non viceversa.
I valsusini proprio questo stanno cercando di mettere in pratica.

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