La testimonianza
Continua la mistificazione mediatico-politica del movimento No Tav. Chi è stato domenica a Chiomonte ha potuto udire fin dalle ore centrali del mattino, quando non c’era ombra di aggressione al fortino della polizia, gli scoppi dei lacrimogeni che venivano lanciati a livello della strada contro gruppi di pacifiche famiglie con bambini che sostavano – certo «manifestavano» – pacificamente sul ponte accanto alla centrale elettrica della Maddalena.
La testimonianza
Continua la mistificazione mediatico-politica del movimento No Tav. Chi è stato domenica a Chiomonte ha potuto udire fin dalle ore centrali del mattino, quando non c’era ombra di aggressione al fortino della polizia, gli scoppi dei lacrimogeni che venivano lanciati a livello della strada contro gruppi di pacifiche famiglie con bambini che sostavano – certo «manifestavano» – pacificamente sul ponte accanto alla centrale elettrica della Maddalena. Io stesso, qualificandomi con la Polizia come deputato europeo, ho cercato di avvicinarmi alle forze dell’ordine per tentare di avviare una mediazione. Ho dovuto fuggire con tutti gli altri respinto dai lacrimogeni. Non ho visto nulla che sembrasse un attacco alle forze dell’ordine; parlerei piuttosto di una deliberata volontà di interrompere una pacifica manifestazione, che pacifica era rimasta fino al momento in cui si è deciso di scatenare un bombardamento di lacrimogeni. Del resto, la giornata di domenica ricalca perfettamente lo schema dei giorni precedenti.
Un gran numero di cittadini della Valle, con altri oppositori democratici della Tav, hanno cercato di far sentire le proprie ragioni; i famosi tavoli di concertazione e il famigeratissimo Osservatorio non hanno mai voluto discutere di queste ragioni; hanno escluso – violando leggi e accordi – tutti i rappresentanti della Valle che volevano discutere la sostanza delle cose, e che non si adattavano solo a chiacchierare sul come realizzare l’opera decisa sulle loro teste. Opera decisa si dice (lo dice da ultimo anche Bersani, Dio lo perdoni) con tutte le procedure democratiche (salvo il consenso informato delle comunità locali, e il rispetto di svariate altre clausole di accordi sottoscritti, con termini di scadenza sempre arbitrariamente spostati). A un certo punto, la settimana scorsa, unicamente per non perdere il contributo europeo (che avrebbe già dovuto essere cancellato per tutte le violazioni precedenti), il pacifico presidio dei cittadini alla Maddalena viene fatto sloggiare (2000 agenti) e la zona occupata militarmente (si dice 600 agenti). La resistenza pacifica dei cittadini presidianti fatti sloggiare viene dipinta come un attacco alle forze dell’ordine che, ovviamente, si devono difendere. Sui costi di tutta l’operazione i media stendono un velo pietoso, mentre il governo taglia le pensioni, la sanità, la scuola, i trasporti locali.
Domenica stesso copione. I cittadini della Val di Susa hanno inteso manifestare per farsi ascoltare, ma la risposta è stata quella militare già collaudata lunedì passato: lacrimogeni in abbondanza, denuncia del vile attacco dei black bloc, ecc… Forze politiche – si fa per dire – scatenate a difesa della legalità repubblicana, minacciata dalla resistenza di piccoli gruppi di facinorosi (cioè l’intera Val di Susa, ). Non è una faccenda che riguardi la sola Val di Susa, ormai; è l’emblema di come, con la connivenza più o meno esplicita di quella che dovrebbe essere l’opposizione, una classe di governo piena di collusioni mafiose, con l’approvazione di un Parlamento dove i voti decisivi vengono palesemente comprati, vuol realizzare un’opera della cui utilità non ha mai voluto discutere, trincerandosi dietro chiacchiere retoriche sul progresso e il minacciato isolamento del Piemonte. Chi ha visto domenica il traffico delle Valli di Susa e Chisone, bloccato per ore dalla chiusura dell’autostrada del Frejus e dalle code di auto che cercavano di avvicinarsi a Torino, ha ragione di domandarsi quante settimane potrà durare il cantiere aperto per finta in questi giorni, che si è limitato ad alzare barriere militari a difesa di un lavoro fatalmente destinato a risolversi in uno spreco di denaro europeo (anche nostro però), in uno scempio ambientale e di salute (l’amianto chi lo inghiottirà?) e nel sempre più pericoloso discredito della nostra democrazia.
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GAS CS
Armi chimiche vietate dalle Nazioni unite
Messi al bando dalla Convenzione di Parigi del ’93, sotto accusa nei processi del G8 di Genova
Vietati in guerra, sono permessi in tempo di pace: la contraddizione sui gas Cs (orto-clorobenziliden-malononitrile), è evidente. Se si aggiunge che secondo genetisti e chimici di mezzo mondo sono anche cancerogeni e producono mutazioni genetiche, non si capisce davvero come queste armi chimiche possano essere ancora sparate sulla gente. Sono in dotazione alle forze di polizia italiane dal 1991, a Genova nel 2001 contro i manifestanti anti-summit ne furono usati 6.200, gli effetti erano evidenti e qualcuno cominciò a farsi refertare. Così nell’ottobre del 2001 gli avvocati del Genoa Legal Forum depositarono in procura un esposto-dossier, intitolato Sindrome Genova, che in 150 pagine dettagliava la storia di questi gas, gli studi scientifici che ne provano la pesante tossicità e dieci denunce che ipotizzavano il reato di getto di cose pericolose, lesioni gravi e gravissime e abuso d’ufficio. Dieci persone infatti erano convinte di aver riportato danni concreti dopo l’esposizione reiterata ai Cs come la riduzione del 30 per cento della capacità respiratoria e problemi cutanei.
L’esposto elencava una serie di studi fra cui anche gli esperimenti di alcuni scienziati genovesi, come il genetista genovese Angelo Abbondandolo che considera i Cs una sostanza mutagena: «Porta dei danni permanenti al Dna, quindi oltre alla possibilità di uno sviluppo rapido dei tumori, queste sostanze possono provocare delle mutazioni ereditarie e manifestarsi nella generazione successiva», ha spiegato in un’intervista. Abbondandolo è anche comparso al processo contro i 25 manifestanti come consulente dell’avvocato Emanuele Tambuscio. Così un chimico genovese, Edoardo Magnone, diceva che «in fase di decomposizione nei tessuti la molecola di Cs si converte in sostanze nocive come il cianuro e in passato si sono registrate anche morti a causa di questo gas». Gli avvocati del Legal Forum allora chiesero alla procura il sequestro dei gas Cs anche alla luce della convenzione di Parigi del ’93 che proibisce l’uso, produzione e stoccaggio di armi chimiche ed è stata ratificata dall’Italia nel ’95, rincuorati anche dal fatto che nel frattempo il senatore dei Verdi Francesco Martone aveva presentato un’interrogazione urgente in Parlamento definendo l’uso dei Cs a Genova «il più grave atto di guerra chimica in tempo di pace nel nostro Paese». La procura fece alcune indagini e anche delle analisi. Il fascicolo è in via d’archiviazione.
(al. fa.)
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