La Grande Frattura

GENOVA + 10
 Attesa. Magari curiosità , o ansia. Erano i sentimenti che presumibilmente molti provavano, lunedì mattina, quando ci si è ritrovati per la conferenza stampa sul decennale di Genova 2001. Si rivedevano le facce, invecchiate di dieci anni (inclusa la mia), di quelli che allora formavano il Genoa social forum.

GENOVA + 10
 Attesa. Magari curiosità , o ansia. Erano i sentimenti che presumibilmente molti provavano, lunedì mattina, quando ci si è ritrovati per la conferenza stampa sul decennale di Genova 2001. Si rivedevano le facce, invecchiate di dieci anni (inclusa la mia), di quelli che allora formavano il Genoa social forum. Non si sono riviste alcune facce che hanno preso strade parallele (come gli allora Disobbedienti, oggi in un più ampio Uniti contro la crisi) o si sono inabissate (la Rete di Lilliput). La domanda è: oltre a dire «avevamo ragione noi», questo decennale saprà proporre, in un modo originale, quel che anche Genova 2001 produsse (insieme a Seattle e ai Forum sociali mondiali, allo zapatismo messicano e al movimento globale per la pace) ma che poi è cresciuto altrimenti e spesso altrove? Già, perché all’indomani di Genova ognuno, più o meno, tornò nella sua casella, chi a cercare di “egemonizzare” i Forum sociali nati in tutte le città, a colpi di “mozioni”; chi rivendicando una sua diversità irriducibile; chi, come la Rifondazione comunista mutante di quegli anni, concludendo (Bertinotti) che “i movimenti” non potevano alla fine cambiare davvero le cose, e che si doveva tentare di farlo dal governo del paese, e Prodi fu: governo da cui la sinistra politica uscì avendo chinato la schiena sulla Tav in Val di Susa, sulla base di Vicenza, sulle “missioni” all’estero, e senza più un deputato.
Nel frattempo, accadevano fatti inediti, alla fine enormi. Ieri pomeriggio, nell’ambito decennale, Transform ha messo in scena una discussione sulla “società dei beni comuni”: orizzonte reso reale dai referendum sull’acqua pubblica e il nucleare. Ma se “bene comune” e “decrescita” sono diventate parole così popolari da scalare le classifiche dei sondaggi, questo lo si deve a coloro – migliaia di comitati e movimenti e liste locali, milioni di cittadini – che hanno rifiutato di combattersi a colpi di “mozioni”, hanno reso le loro diversità “riducibili” e hanno il sospetto molto forte che la politica, lo Stato, hanno cessato di lavorare per loro e si accaniscono sul territorio, come ha scritto Salvatore Settis sulla Repubblica, con grandi opere di cui nessuno vede l’utilità o la convenienza (tranne, aggiungono i valsusini, i politici stessi e le imprese), e depredano i nostri redditi e servizi perché i “mercati” pretendono che i nostri vitelli grassi vengano sacrificati sui loro altari. Che legittimità hanno Stati che obbediscono in fretta e senza discutere a potenze finanziare oscure, e che perciò impoveriscono i cittadini, macellano l’ambiente, mettono in vendita ciò che appartiene a tutti?
Si può dire che Genova 2001 è stato l’inizio della Grande Frattura oggi diventata incolmabile, come si vede bene dalle piazze di Barcellona e da quelle di Atene, o nelle urne dei nostri referendum, tra la società e lo Stato-economia-media, ormai fusi in un mostro con più teste e infiniti tentacoli. Genova 2011 saprà mostrare, nei prossimi giorni, quelli più fitti di incontri e manifestazioni, questa straordinaria evoluzione di Genova 2001?

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