Il popolo della TAV

Dagli amministratori pacifisti ai violenti antagonisti: fenomenologia del movimento che lotta contro il treno ad alta velocità  in Valle di Susa

Elisa lavora a Torino ma vive in Valsusa perché è “la sua terra”: “Temo l’amianto e l’uranio” Andrea, benzinaio, è sferzante: “Non sono riusciti a fare la ciclabile, pensa il supertreno…” Dopo la guerriglia di Chiomonte qualcuno inizia a rassegnarsi: “Domenica abbiamo perso tutti” dice l’ex presidente della Comunità  montana. “È meglio fermarsi e riflettere” Francesco: “Qui se non sei un No Tav sei visto come un diverso e questo non è giusto” Allo slogan ufficiale “a sarà  düra” ora si affianca un’altra parola d’ordine: “limitiamo i danni”

Dagli amministratori pacifisti ai violenti antagonisti: fenomenologia del movimento che lotta contro il treno ad alta velocità  in Valle di Susa

Elisa lavora a Torino ma vive in Valsusa perché è “la sua terra”: “Temo l’amianto e l’uranio” Andrea, benzinaio, è sferzante: “Non sono riusciti a fare la ciclabile, pensa il supertreno…” Dopo la guerriglia di Chiomonte qualcuno inizia a rassegnarsi: “Domenica abbiamo perso tutti” dice l’ex presidente della Comunità  montana. “È meglio fermarsi e riflettere” Francesco: “Qui se non sei un No Tav sei visto come un diverso e questo non è giusto” Allo slogan ufficiale “a sarà  düra” ora si affianca un’altra parola d’ordine: “limitiamo i danni”
CHIOMONTE. Quando si esce dall´autostrada ad Avigliana Est, infilando l´immancabile rotonda, la Val Susa è un camion fermo e dentro il camion c´è Domenico che dorme. Arriva da Agrigento, però è della valle anche lui. Vende meloni lungo la strada, meloni che viaggiano non su rotaia ma su gomma, a velocità non proprio altissima. «C´è crisi, la gente non compra, il super treno lo faranno lo stesso e noi andremo a prendere la frutta ai mercati generali: i miei meloni alla fine costeranno meno». Per parlare, con l´occhio ancora mezzo chiuso, Domenico Sali solleva appena la testa dal sedile. Sbadiglia. Quattro meloni “no Tav” cinque euro, si può fare: passa un po´ ´sta cassetta, Domenico.
Ormai la valle stretta e scura è una galassia, e c´è posto quasi per tutti: assolutamente no Tav, no Tav, forse Tav, si può fare Tav, magari Tav, sì Tav. I no erano la stragrande maggioranza, ma adesso i “forse” avanzano: scoraggiati o possibilisti, rassegnati o realisti, i confini sembrano disegnati sulla sabbia. La battaglia di Chiomonte, domenica, ha scombinato le carte. I violenti cancellano i pacifisti, si sovrappongono alle loro buone ragioni. Più che scegliere, si tratta di ascoltare, passeggiando in equilibrio sulla frontiera così difficile da decifrare.
Prima di Caprie c´è un´officina che manda scintille, e Francesco Macri dirige la fiamma ossidrica con la maestria di un cardiochirurgo. Ha 33 anni, vive a San Didero, poco sopra queste strade che sono ancora pianura, anche se tra i boschi può capitare di scorgere all´improvviso una lepre. A Francesco, il treno non mette paura. «Quest´opera servirebbe a smuovere la valle di lacrime, un posto dove la gente piange per la crisi ma anche perché abituata a lamentarsi sempre. Il primo progetto è stato cambiato, ora non è più devastante. E chi protesta usando la violenza ha comunque torto. Il risultato degli scontri, è che ora noi siamo quelli che fanno casino, l´Italia ci percepisce così. Qui, se non sei un “no Tav” ti guardano come un diverso, e non è giusto. Il treno darà lavoro, muoverà denaro, ci renderà più europei». Il suo collega, Vittorio Dellorto, posa la maschera che ripara dai lapilli industriali e annuisce: «La mia mamma è francese, viviamo a Giaveno, e in Francia hanno l´alta velocità da decenni: ne sono felicissimi. Mia mamma impiega più tempo da Giaveno a Ulzio, dove c´è la stazione ferroviaria, che da Ulzio a Grenoble. Conosco un sacco di gente che non era d´accordo con la Tav, poi ha cambiato idea».
Eppure, anche il dubbio procede ad alta velocità e scava tunnel nella testa delle persone. Non si può giudicare da lontano. Elisa Dello, 37 anni, fa la parrucchiera a Torino, in pieno centro, ma ogni giorno parte e torna a Sant´Antonino di Susa perché questa è la sua terra. «Non rinuncerei mai alla valle, il mio è anche amore per l´ambiente e la quiete. Ero a Chiomonte, domenica, ed è chiaro che i violenti non mi rappresentano neanche un po´. Io ho paura che l´uranio e l´amianto ci facciano ammalare tutti, ho paura per come gestiremmo il problema all´italiana, con faciloneria, guardando solo all´interesse economico. I No Tav pacifici restano la maggioranza: vorremmo che i politici di Roma ci ascoltassero davvero, invece qui non si è mai visto nessuno. Alla fine, il treno lo metteranno: noi abbiamo gambe e parole, le gambe per le marce e le parole per protestare. Chiediamo garanzie e non promesse, forse siamo solo idealisti».
Salendo verso l´alta Valle, c´è un paese che a mezzogiorno è deserto sotto il sole. Si chiama Condove. Nel ristorante birreria C´era una volta, il neo-chef Antonio Brun stappa una bottiglia di grignolino. Menù fisso, otto euro e cinquanta. «Neo-chef perché mi sono inventato il mestiere a 49 anni, quando mi hanno licenziato da direttore di produzione d´azienda. Abbiamo aperto il primo giugno, nel cuore della bolgia infernale. La Tav si deve fare? E allora si faccia, con le garanzie del caso ma si faccia. Creerà lavoro, indotto e servizi. La stiamo aspettando. L´altro lunedì, il blocco dell´autostrada dopo i primi scontri ha impedito la consegna delle merci, anche delle nostre. La Val Susa, a parte lo sci, non ha quasi niente: rischia di perdere un´occasione storica. Io ho scommesso sul futuro, su quello delle mie figlie Elisa ed Erika che vanno all´università. Il futuro è essere aperti e ottimisti, non paurosi».
Il dibattito è aperto, civile, non procede a colpi di mazza. Le idee non si fanno strada come il fumo dei lacrimogeni. Un interessante osservatorio può nascere dove non t´aspetti, ad esempio il distributore Agip di Borgone. Il titolare, Andrea Pognant, era anche lui a Chiomonte con i tranquilli. «Il treno non si può fermare, bisogna solo limitare i danni. Penso ai miei bambini di 2 e 7 anni. Abitiamo a Vaie, dove il tunnel della Tav dovrebbe sbucare proprio dietro casa nostra. Un´opera costosa e inutile, quei soldi dovrebbero darli ai terremotati d´Abruzzo. Pensate che a Borgone non sono riusciti neppure a realizzare 500 metri di pista ciclabile, perché la ditta è fallita: questa è l´Italia». Emanuele Spinelli, 27 anni, lavora qui come benzinaio: «Bastava raddoppiare la linea ferroviaria. Ormai il traffico delle merci dalla Francia sta calando, lo sanno tutti: e allora perché costruire un passaggio dove non passerà nulla?». La signora Anna Maria Marchiando sta pagando il pieno, e vuole intervenire: «La Tav è inutile e dannosa, sabato abbiamo pregato davanti alla cattedrale di Susa chiedendo pace e giustizia, e che la speranza resti sempre in noi, come scrive San Pietro. I soldi per il super treno non ci sono, l´Unione Europea darebbe solo briciole: loro sovvenzionano i vigneti di Chiomonte, e nello stesso tempo il cantiere che li distruggerà. È tutto un paradosso».
Limitare i danni è quasi una parola d´ordine: la rassegnazione scende a valle insieme al vento della sera. «Domenica abbiamo perso tutti», ammette Antonio Ferrentino, sindaco di Sant´Antonino di Susa ed ex presidente della Comunità montana. «Avevo invitato i cittadini a partecipare, l´avevo scritto sui manifesti: non lo rifarei, assolutamente. Bisogna fermarsi e riflettere, considerando il vecchio progetto F.a.r.e. con il nodo di Torino come priorità. E se il governo insiste con il tunnel di base, allora parliamone».
Il viaggio finisce dove la battaglia era cominciata, a Chiomonte, anzi Chaumont, come sta scritto in provenzale sui cartelli alle porte del borgo. Il paese sembra scolpito nella pietra, offre tutte le variazioni del grigio. Le fontane zampillano un´acqua che sa di ghiaccio, e scende dal monte che ora vogliono scavare: un sorso picchia nei denti come un martello.
«I ragazzi della manifestazione mi sono piaciuti, quelli tranquilli voglio dire, che poi erano la maggioranza». Lina Remolif ha la drogheria da quarant´anni, è un bazar dove trovare tutto, dal fiore alla vanga. «La sera, prima di tornare a valle hanno pulito ogni strada per bene, ho contato otto sacchi dell´immondizia e neanche un pezzo di carta in terra. I ragazzi hanno raccolto tutto con le mani. Mio suocero è morto di silicosi scavando nella roccia, aveva i polmoni pieni di quarzo, qui nessuno diventa vecchio. Come possiamo essere dalla parte del treno?».
Ora le finestre di Chiomonte sono chiuse, nei vicoli s´infila presto il buio, e alle sei del pomeriggio non si resiste senza il maglione. La piazzetta principale è intitolata a Colombano Romean, colui che nel Cinquecento scavò da solo una galleria a colpi di piccone, il lavoro di una vita, per portare l´acqua da un versante all´altro. Sempre da una galleria si parte, sempre in una galleria si torna. Non se ne vede la luce, però.

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