Il cantiere della Mostra

Venezia 68 L’edizione 2011 raccoglie i nomi e le tendenze più forti del cinema mondiale. Un cartellone che disegna un progetto di ricerca e un invenzione di immaginari
In mancanza del nuovo Palazzo, la Biennale ha cercato risposte ai problemi strutturali rinnovando gli spazi esistenti

Venezia 68 L’edizione 2011 raccoglie i nomi e le tendenze più forti del cinema mondiale. Un cartellone che disegna un progetto di ricerca e un invenzione di immaginari
In mancanza del nuovo Palazzo, la Biennale ha cercato risposte ai problemi strutturali rinnovando gli spazi esistenti

 Se non tutte le Mostre riescono col buco stavolta possiamo dire di avercela fatta. Ci scherza un po’ su, in chiusura di conferenza stampa Marco Müller senza nascondere la sua soddisfazione. Giustamente visto che la 68.Mostra del cinema, di cui ha appena svelato tutti i titoli, appare come una delle più forti degli ultimi anni. Non soltanto per la qualità alta dei registi che arriveranno sul Lido – tra il 31 agosto e il 10 settembre – ma per la progettualità che questo cartellone conferma nella sua fabbricazione, con le diverse sezioni in relazione tra loro, e un’idea di ricerca costante negli immaginari che lo attraversa.

Il «buco» a cui fa riferimento Müller però, rimanda forse soprattutto all’enorme cantiere dismesso dei lavori per il nuovo palazzo che, dice il presidente Paolo Baratta, con elegante ironia, «è più grande e più bello di prima», e destinato per ora a rimanere tale. Il progetto del palazzo come sappiamo è finito nel nulla, nel terreno è stato trovato l’amianto e i costi sono diventati troppo alti (oltre i milioni di euro già spesi) per essere sostenuti. Nell’attesa , il «buco» è stato abbellito con «fantasia allestitiva», e dal prossimo anno verranno selezionati progetti alternativi per quella zona.
Nel frattempo la Mostra ha preso l’iniziativa per risolvere le carenze di spazio più urgenti coi lavori di rinnovamento della Sala Grande, la gestione diretta di alcuni luoghi, a cominciare dallo storico Lion’s bar, che sarà aperto fino a tardi. Verranno poi utilizzate diversi altri spazi tra il Lido e Venezia, come l’areoporto Nicelli dove si stanno allestendo sale per gli accreditati dell’Industry office, il mercato, produttori e distributori ai quali sarà riservata anche la Sala delle Tese. E la caserma Pepe che i distributori potranno utilizzare per eventi, dove sono stati anche pianificati ristoranti e altri luoghi di vivibilità. Insomma la Mostra ha organizzato una prima risposta ai problemi strutturali che lo scorso anno erano stati particolarmente pesanti. Per il futuro proporrà ulteriori progetti «realisticamente realizzabili» di intervento sulle strutture già esistenti.
C’è poi un’altro interrogativo non meno importante, che riguarda il direttore Marco Müller, il cui mandato (il secondo) scade con questa edizione. Sarà rinnovato? Baratta non si sbilancia, le voci parlano, e con insistenza, di una riconferma. Lo scopriremo presto.
Il programma. Molto era già noto, la sezione Orizzonti è stata resa pubblica in anticipo, e così diversi titoli, l’apertura del concorso con George Clooney e The Ides of March, Carnage di Roman Polanski che non sarà al Lido per i suoi problemi giudiziari, ma quello stesso giorno arriverà Madonna, fuori concorso, con la sua opera seconda, W.E., la storia d’amore tra Edoardo VIII re d’Inghilterra e Wallis Simpson, per stare con lei il sovrano lasciò il trono, Wallis non era nobile, aveva divorziato due volte e soprattutto, siamo negli anni della seconda guerra mondiale, non faceva mistero delle sue frequentazioni e simpatie per la Germania nazista.
Tre i film italiani in gara (ma sono tantissimi quest’anno disseminati tra le diverse sezioni ufficiali, la Settimana della critica, le Giornate degli autori). Cristina Comencini (Quando è la notte), Emanuele Crialese (Terraferma), l’esordio di Gian Alfonso Pacinotti, più conosciuto come Gipi, premiatissimo disegnatore, autore di graphic novel e presente su quotidiani e settimanali ( su Internazionale con La settimana di Gipi). L’ultimo terrestre è una storia di fantascienza, che parte da una graphic novel ma di Giacomo Monti, Nessuno mi farà del male, e immagina l’ultima settimana sulla terra prima dell’arrivo di una civiltà aliena. Un incontro che gli umani vivono con diffidenza e paura, ma che permetterà al protagonista, il solitario Luca (Gabriele Spinelli), di cambiare la propria vita. Il quarto doveva essere Il villaggio di cartone di Ermanno Olmi ma il regista ha resistito agli inviti di Müller e Baratta (perfino a una speciale polenta portata a casa sua) e ha deciso per il fuori concorso.
In gara Un été brulant di Philippe Garrel, il cineasta «outsider» francese che predilige da sempre gli schermi del Lido, un film anche un po’ italiano (Garrel è a Roma da qualche mese) con nel cast Monica Bellucci e il figlio di Garrel Louis (The Dreamers). Anche questo era annunciato come Shame dell’artista Steve McQueen, e a proposito i rimandi e i legami con le arti visive nell’edizione di quest’anno sono particolarmente sottolineati e non solo perché è l’anno della Biennale arte – ci sarà tra l’altro l’opportunità di visitarla e di vedere The Clock, l’opera che ha vinto il Leone d’oro per le arti visive di Christian Marclay, tutta la notte ( si snoda su 24 ore). Anche questo infatti fa parte di quell’idea di ricerca allargata, la punta è Orizzonti, sezione su cui la Mostra concentra una particolare attenzione (avrà il suo tappeto rosso ed è previsto di nuovo il Club Orizzonti).
Dunque William Friedkin (Killer Joe), David Cronenberg (e Freud) con A Dangerous Method, fuori concorso Mary Harron The Month Diaries, Steven Soderbergh, Contagion. E anche, in gara, Yorgos Lanthimos, Alps, uno dei nomi di punta delle nuove generazioni del cinema greco che nelle loro immagini esprimono il sentimento di lotta, stridore sociale, radicalità che si vive nelle piazze di Atene in questi mesi. Ma anche una radicale rottura con l’eredità del passato cinematografico (Gavras, Anghelopoulos). O Eran Kolirin, The Exchange, nuove onde israeliane che cercano una diversa rappresentazione, interna e intima al conflitto della loro società. E fuori concorso il geniale Viktor Kossakovsky, documentarista russo di cinema diretto con Vivas las Antipodas!. «Vogliamo creare visibilità costruendo un rapporto tra potere estetico, attrazione e valore di mercato» spiega Müller. I film seguono questa necessità anche se il primo criterio di scelta rimane uno:«Prendiamo i film belli».

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