GENOVA. Sul treno del cambiamento

In 50mila per il corteo del decennale e tanti No: Tav, Ponte, Gronda…

Ragazzi che stavano all’asilo nel 2001 e tute blu della Fiom, centri sociali e comitati contro le infrastrutture utili solo a far guadagnare chi le costruisce. «Beni comuni» pratiche comuni

In 50mila per il corteo del decennale e tanti No: Tav, Ponte, Gronda…

Ragazzi che stavano all’asilo nel 2001 e tute blu della Fiom, centri sociali e comitati contro le infrastrutture utili solo a far guadagnare chi le costruisce. «Beni comuni» pratiche comuni Migliaia di persone, 50 mila secondo gli organizzatori: è un serpentone fitto fitto che scorre per mezz’ora e copre sei corsie di strada cittadina, in un percorso liscio come l’olio, da Sampierdarena a Caricamento. «C’è una domanda di democrazia», commenta a caldo don Andrea Gallo all’arrivo davanti all’Acquario. «Dal corteo viene una richiesta di democrazia e cambiamento. Oggi questa gente va ascoltata», aggiunge il segretario nazionale Fiom Maurizio Landini, in mezzo alle vecchie tute bianche, oggi in Uniti contro la crisi. «Il vecchio establishment ha fallito – chiosa un manifestante che sventola una bandiera ‘No ponte, sta minchia’ – oggi su infrastrutture che diventano appalti per la mafia non siamo più disposti a trattare. Sindacati e partiti forse non l’hanno ancora capito, ragionano con vecchi schemi». Il suo commento traduce il senso della nuova politica che scende in piazza. No Tav, No Gronda, No dal Molin contro la militarizzazione del territorio e No Ponte traducono lotte locali sul territorio che stanno mobilitando centinaia di persone e fanno riscoprire una partecipazione diversa che parte dal basso e dribbla rappresentanze antiche.
I piemontesi della Val di Susa arrivano puntuali alla piazza tematica dei beni comuni davanti al teatro Modena, a Sampierdarena, tra il porto commerciale e la ferrovia. E Nina con la maglietta «Libera repubblica della Maddalena» balla come una matta. C’è poco da essere contenti. «Invece no, siamo felici – dice – perché lottiamo, lo diciamo con passione e c’è una nuova socializzazione». I No Tav faranno la testa del corteo, sono loro il simbolo di questa giornata e con loro sono gli stranieri pestati alla Diaz e una componente giovanissima di questo corteo che al G8 era all’asilo.
In qualche modo il corteo del decennale segna un passaggio di testimone alle lotte contro l’alta velocità piemontese e infatti un pezzo di coordinamento avrebbe voluto oggi essere in massa nella valle e molti ci andranno comunque. «’Sto corteo sembra una fiaccolata – è il commento di un giovane portuale genovese – l’emergenza oggi è la Val di Susa, quelli sono soli».
Tutela del territorio si coniuga con i migranti a piazza Vittorio Veneto, il lavoro e guerra/pace, altra piazza tematica all’ombra degli alberi di piazza Settembrini. Tra ricordi di Vittorio Arrigoni, la Palestina, il movimento degli uomini casalinghi, un genovese veste una maglietta «Free Ocalan», «il Kurdistan è una guerra dimenticata, i curdi non possono usare la loro lingua e vivono una semimilitarizzazione – dice Paolo Palazzo – il conflitto è costato 30 mila morti negli ultimi vent’anni e continuano a trovare fosse di desaparecidos». Tra la folla, si muove Giorgio Cremaschi, presidente del Cc Fiom che ha aderito al cartello per Genova 2011: «Non stiamo celebrando niente, c’è rabbia per Carlo che non può essere presente. Ieri lottavamo contro il pensiero unico oggi contro il governo unico». L’erosione dei diritti non tocca solo il contratto nazionale: un marocchino, che a Brescia fa il saldatore, non ha ancora il permesso di soggiorno «voglio essere regolare e vorrei che gli italiani scendessero in piazza tutti i giorni per noi come oggi», commenta.
Il corteo è partito e in mezzo ci sono i No Gronda, un comitato locale contro un’infrastruttura che «costerà due nuovi ospedali», porta scritto Gian Piero Pastorino della Valpolcevera; «siamo alle valutazioni di impatto ambientale. La Gronda di fatto non si sa quanto costa e quando inizia. E’ la nostra No Tav». Nel corteo non mancano i tuffi nel passato. C’è anche Lotta Continua, «non è una visione, siamo un’associazione culturale – spiega Gigi accanto allo striscione – preserviamo la memoria e parliamo di antifascismo». «Genova è rimasta nei cuori – dice Luca Casarini dei centri sociali del Nord-Est – oggi combattiamo per un nuovo welfare, chiedendo il reddito garantito, una lotta che unisce precari e Fiom e l’altro ieri ha avuto un’assemblea nazionale qui a Genova».
A rispolverare altri tipi di memorie, ci hanno pensato alcuni ragazzi che hanno steso ai lati del corteo, lungo via Cantore e poi a Caricamento, un enorme striscione bianco con caratteri cubitali neri «Genova 2001. In dieci pagano il contro per l’unità e la solidarietà contro la criminalizzazione delle lotte», per ricordare le dieci condanne ai manifestanti accusati di aver devastato Genova dieci anni fa. Al momento è pendente il ricorso in Cassazione.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password