Gaza non può avere «Dignité»

FREEDOM FLOTILLA II Arrembaggio israeliano contro la nave pacifista, sedici attivisti fermati
La marina israeliana arresta l’equipaggio della nave solidale, l’unica a salpare dai porti di Grecia

FREEDOM FLOTILLA II Arrembaggio israeliano contro la nave pacifista, sedici attivisti fermati
La marina israeliana arresta l’equipaggio della nave solidale, l’unica a salpare dai porti di Grecia

 La Dignité-al Karama, la nave francese della Freedom Flotilla diretta verso Gaza, è stata abbordata ieri dalla marina israeliana e costretta a dirigersi al porto di Ashdod. A bordo dell’imbarcazione, 16 passeggeri di diverse nazionalità: francesi, canadesi, svedesi, greci, due giornalisti di al-Jazeera e anche Amira Hass, firma del quotidiano israeliano Haaretz. Uno dei dieci equipaggi della Freedom Flotilla II, che comprendeva 300 attivisti, provenienti da 22 paesi, decisi a rompere l’assedio di Gaza, e bloccati invece dalle autorità greche col pretesto della «sicurezza». Una seconda impresa per mare della solidarietà pro-palestinese. La prima era stata attaccata dai commando israeliani i quali, il 31 maggio 2010, avevano ucciso nove pacifisti turchi.

La Dignité al-Karama è l’unica della flottiglia ad aver potuto lasciare la Grecia. Domenica, ha levato l’ancora dichiarando un’altra destinazione – Alessandria d’Egitto – ma poi ha modificato la rotta per tentare di raggiungere il territorio palestinese: non prima, però, di aver rivolto «un saluto di rispetto e fraternità alla terra d’Egitto, al suo popolo e alle sue istituzioni rivoluzionarie». La solidarietà con la Palestina – ha scritto l’equipaggio della Dignité ai movimenti egiziani – rappresenta «la continuità indispensabile per la vostra e nostra rivoluzione, che annuncia il ritorno dei popoli della regione in seno alla storia».
Per la seconda volta, la piccola nave francese ha acceso le speranze dei solidali, riuscendo a far vela verso Gaza: una prima volta era sgusciata via dalla Grecia partendo prima dell’alba e aveva tenuto il mare per due giorni, prima di essere bloccata il 7 luglio e costretta a rientrare. E la seconda partenza corsara avrebbe dovuto concludersi ieri pomeriggio. I 16 militanti a bordo avevano fatto sapere di aver interrotto la navigazione durante le ore notturne, per motivi di sicurezza «Se l’imbarcazione tenta un’azione provocatrice, noi l’intercetteremo», aveva infatti dichiarato lunedì il viceministro israeliano degli Affari esteri, Danny Ayalon.
E già dalla mattina di ieri, la marina israeliana si era messa in contatto con Yannick Voisin, il capitano, avvertendolo che la nave si trovava su una rotta che conduceva «a una zona soggetta a blocco marittimo di sicurezza al largo della costa di Gaza» e intimandogli di recedere dai suoi propositi. Tre navi israeliane avevano accerchiato la Dignité. Poi, l’abbordaggio: «nella calma e senza vittime», ha confermato Israele, e reso necessario «dall’ostinazione dell’equipaggio». La marina – hanno precisato i militari israeliani in un comunicato – «ha fatto presente che tutte le merci eventualmente trasportate dalla nave avrebbero dovuto essere trasferite legalmente attraverso i punti di passaggio via terra e dal porto di Ashdod». Quindi, ha obbligato la Dignité a invertire la rotta e «ha preso in consegna l’equipaggio» per interrogarlo ed eventualmente espellerlo.
«Si è trattato di un atto di pirateria», ha dichiarato al manifesto Nahla Shahal, portavoce dell’associazione Un bateau pour Gaza, raggiunta al telefono all’uscita dal consolato francese. Agli attivisti che chiedevano garanzie per la Dignité, il governo francese aveva risposto invitando Israele ad agire con «misura e responsabilità». Invece – spiega Nahla – «noi chiediamo alle rappresentanze dei vari paesi da cui provengono i nostri compagni, di essere presenti e di protestare contro gli abusi di Israele. Il nostro equipaggio è stato trasferito al centro di identificazione per immigrati sans papier di Holon, vicino all’aeroporto Ben Gurion. Poiché nessuno intende firmare la dichiarazione che pretende Israele, e cioè di essere entrati illegalmente, verranno espulsi». In ogni caso, «anche se la Flotilla II non è riuscita a salpare, il bilancio dell’operazione per noi è positivo – dice ancora Nahla – . Siamo riusciti a far parlare dell’occupazione israeliana, a riportare l’attenzione sul blocco illegale di Gaza, che strangola un milione e mezzo di abitanti. E siamo determinati a proseguire».
Dignité, ovvero «una barchetta che dà lezione ai governi del mondo», ha scritto la Freedom Flotilla Italia in un comunicato. Il suo «carburante è la straordinaria fiducia nella vittoria dei principi di giustizia che costituiscono il diritto universale». Invece, «il portavoce del ministro francese degli Affari esteri, Francois Valero, come il suo omologo canadese John Baird ha scelto di condannare come “provocatoria” l’azione di cui ogni francese andrebbe fiero, e ha chinato la testa al dictat illegale e umiliante di Israele. Che la Grecia in bancarotta e l’Italia con suo screditato governo abbiano detto “sissignore” al governo israeliano non stupisce – scrive la Flotilla -, ma che anche la Francia e il Canada cancellino la loro sovranità per accontentare un paese che non rispetta le risoluzioni Onu né i diritti umani è veramente un segno di pericolo per tutto il mondo democratico». Dov’è finito l’equipaggio sequestrato?, chiede la Flotilla italiana e invita a manifestare oggi a Roma, alle 18.00, davanti all’Ambasciata israeliana, in Via Michele Mercati, 14.
Ieri, in molti sono scesi in piazza a Parigi. E verso le 21, gli avvocati e il console francese a Tel Aviv hanno potuto incontrare i sedici dell’equipaggio: «Stanno bene – hanno fatto sapere gli attivisti di Un bateau pour Gaza – e tutti sono solidali fra loro».

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